Ma che freddo fa? L’Italia e gli Sport Invernali tra presente e Pyeongchang 2018
Con la stagione internazionale ormai conclusa analizziamo la salute di parte del movimento azzurro al giro di boa di un nuovo quadriennio olimpico: sci alpino e slittino tra le discipline più futuribili, preoccupano sci di fondo e pattinaggio. E il curling…
di Paolo Pappagallo
su Twitter@paul_parrot
Tra il dire e il fare – quando si parla dei cinque cerchi olimpici – non c’è solo di mezzo il mare. Tra Sochi e Pyeongchang, tra le sponde russe del Mar Nero ai piedi della catena del Caucaso e la provincia coreana del Gangwon incastonata nella regione dei monti Taebaek, ci sono più di 7.000 km di suolo terrestre idealmente distribuiti lungo quattro anni lastricati di speranze, sogni e sacrifici, ma anche di crescita e programmazione uniti all’ovvio e naturale ricambio generazionale.
Sono pressappoco 1.461 i giorni a disposizione dei tecnici per allattare e allestire la pattuglia azzurra del circo bianco che verrà, nel lento passaggio di testimone dalle sonorità folk della balalaika all’elettro-pop “virale” del tormentone Gangnam Style. Un lasso di tempo cruciale nel quale intrecciare costruzione e ricostruzione, trama e ordito, di un movimento uscito dai Giochi 2014 con un saldo decisamente negativo, dimostrabile con un paradosso matematico di facile decodificazione: 8 medaglie totali – 3 in più rispetto a Vancouver 2010 – di cui 5 conquistate però da soli due atleti. Nella fattispecie, Christof Innerhofer nello sci alpino e Arianna Fontana nello short track, pur quest’ultima – in verità – in un’occasione anche insieme alla compagne della staffetta femminile.
FUTURO SEMPLICE – Chiediamocelo francamente: non possiamo davvero fare meglio di così? Dobbiamo accontentarci anche noi, come molte nazioni prive di collaudata tradizione olimpica, degli exploit di alcuni fantastici ma sparuti elementi di altissimo livello all’interno della nostra massima rappresentativa invernale? La risposta – ci auguriamo confortante – è contenuta nel duro lavoro, nella selezione e nella maturazione di quelle che costituiranno le forze fresche, anagraficamente e qualitativamente parlando, della possibile “Generazione Corea 2018”.
Discipline in cui talenti in rampa di lancio sono pronti a scendere in pista accanto a veterani della prima ora, ma anche specialità dove il ricambio sembra segnato da una “lentezza” tecnica inesorabile. Magari unita anche alla necessità di supplire affannosamente all’addio all’agonismo di qualche protagonista difficilmente emulabile della recente storia sportiva del freddoloso Belpaese italico.
ULTIMO TANGO A SOCHI –Tra coloro che, per ragioni personali o temporali, hanno concluso sul Mar Nero la propria carriera a cinque cerchi ci sono infatti quasi tutti i Top Player olimpici degli ultimi anni. Ma se l’auf Wiedersehen del “cannibale” dello slittino Armin Zoeggeler – coronato dall’ottava, incredibile medaglia olimpica della carriera – era lapalissianamente atteso sin dalla sfilata della cerimonia inaugurale, il probabile “arrivederci” preannunciato da Arianna Fontana – che a Pyeongchang ci arriverebbe alle soglie dei 28 anni – rischia di lasciare un vuoto molto ampio nello short track, delizia di casa sin dal bronzo casalingo – a 15 anni – di Torino 2006.
E anche lì, dove il ghiaccio incontra l’armonia della musica e la leggiadria della danza, il testimone di Carolina Kostner – fresco bronzo olimpico nel pattinaggio di figura – rischia di rimanere schiacciato molto a lungo sotto l’incidere delle numerose baby promesse della specialità da Giappone e Russia – basti considerare la campionessa olimpica a Sochi, la 17enne Sotnikova, e la vice-campionessa mondiale, la 15enne Lipnitskaya.
MATRICOLE O METEORE? – Eredità indubbiamente pesantissime, anche se sotto il manto nevoso qualche piccolo raggio di sole comincia silenziosamente a penetrare. Nello slittino, ad esempio, c’è un ragazzo classe 1993 di Bressanone che è letteralmente esploso nell’ultima stagione, collezionando una vittoria e tre podi e piazzandosi in classifica generale alle spalle dei “mostri” Felix Loch – campione olimpico in carica – e Zoeggeler. Il suo nome è Dominik Fischnaller, e dopo il sesto posto a Sochi l’auspicio è quello di vederlo sfrecciare ancora più veloce nelle quattro manche nel budello di ghiaccio del Gangwon, magari insieme alla coppia Rieder-Rastner nel doppio e a Sandra Gasparini tra le quota rosa, tutti ben piazzati in Coppa del Mondo già da un paio d’anni.
Nello short track femminile occhi puntati invece su Martina Valcepina, Elena Viviani e Lucia Peretti, che meritano tutto il credito possibile per aver supportato la capitana Fontana nella conquista della storica medaglia nella staffetta femminile dei 3.000 metri: fare meglio sarà molto difficile, ma la classe ’92 può avere ancora molto da esprimere scivolando velocemente con i pattini da battaglia.
Discorso complesso invece per quanto riguarda la figura, dove di nuove Kostner all’orizzonte al momento non se ne vedono, eppure ecco spuntare a sorpresa dalla danza due veterani all’apice della consacrazione agonistica. Anna Cappellini e Luca Lanotte, dopo il sesto posto in Russia, hanno conquistato pochi giorni fa in Giappone il titolo mondiale assoluto, in una gara sì priva dei campioni e vice-campioni olimpici 2014 – gli americani Davis-White e i canadesi Virtue-Moir – ma ricca di coppie protagoniste designate del futuro quadriennio olimpico. Fuoco fatuo o luce per l’avvenire? Saranno le controprove tecniche dei prossimi anni a stabilirlo.
SCI A VALLE, SCI A FONDO –Tra le tappe delle rispettive Coppe del Mondo e lo zenit dell’evento a cinque cerchi, gli indizi sembrano confluire verso prove evidenti: agli azzurri la neve piace compatta e veloce, no matter gli strumenti di taglio siano la classica doppia lamina o la tavola singola da bad boy spericolati.
Nello sci alpino, la doppia impresa di Innerhofer ha confermato l’ottimo stato di salute degli uomini jet di Discesa Libera e Super-G nel corso degli ultimi anni. L’ulteriore buona notizia, in chiave futura, è che qualcosa di solido si muove anche nelle discipline più tecniche e più amate, grazie ad una nidiata “anni ‘90” più che promettente e protagonista – come nel caso del 23enne Luca De Aliprandini – già di buonissime cose nel battesimo sui monti caucasici. Alle sue spalle, Mattia Casse, Alex Zingerle, Giovanni Borsotti e Giordano Ronci, quest’ultimo unico slalomista del lotto e considerato l’erede designato di Razzoli. Questi ragazzi sgomitano per guadagnarsi spazio nella nazionale azzurra già a partire dai Mondiali 2015 a Vail, in Colorado.
Ma è dalle quote rosa che arrivano le segnalazioni più liete, specie considerando gli avvilenti flop in termini di risultati di squadra collezionati nelle ultime tre stagioni. Le giovanissime Michela Azzola e Nicole Agnelli, entrambe all’esordio quest’anno in Coppa del Mondo, rappresentano la possibile rosea risposta alla plumbea e cronica mancanza di slalomiste azzurre di livello nel circuito, così come la 18enne Marta Bassino è considerata l’ottima erede di Denise Karbon per un futuro con acuti magari ancora più intensi. Senza dimenticare la 22enne Sofia Goggia, quest’anno out per infortunio ma specialista della velocità e già ad un soffio dal podio ai Mondiali di Schladming 2013.
E mentre a monte si sogna, a valle per ora sono ancora gli incubi a farla da padrone. Il movimento azzurro del fondo, tra tutti, è sicuramente quello ad aver patito più dolorosamente la staffetta anagrafica a cavallo tra Vancouver 2010 e Sochi 2014, con effetti tuttora proiettati verso risvolti carichi di interrogativi. Dalla golden age di Zorzi, Piller Cottrer, Checchi, Follis, Longa e Valbusa si è passati agli “onesti contributi” di Pellegrino, De Fabiani, Nizzi, Vuerich, De Martin Topranin e Debertolis, tutti a distanze siderali dal podio in Russia. In mezzo, i reduci Giorgio Di Centa e Roland Clara, ancora in prima linea a tirare la carretta nonostante le – rispettivamente – 42 e 32 primavere. E i giovani? Il ct Silvio Fauner dice di “avere in serbo alcune idee per il futuro”. Speriamo, anche perché vedere l’ex campione olimpico della 50 km in una gara olimpica a 46 anni non sarebbe decisamente il massimo dello spettacolo…
STONE AGE – E se, tra mille interrogativi e altrettanti aneliti di speranza, tra le specialità sportive di casa nostra spiccasse anche il curling? La vetrina olimpica ha restituito alla specialità più bizzarra e controversa del programma invernale un elevato tasso di popolarità, tale da collocarla sul podio delle specialità televisivamente più seguite durante le due settimane di gare a Sochi. Numerose anche le richieste di informazioni sul come e dove imparare a giocare pervenute negli stessi giorni alla FISG, oltretutto parallelamente all’uscita del film di Claudio Amendola incentrato proprio sulle basi dello sport. L’Italia è attualmente al quattordicesimo posto del ranking mondiale di specialità, a quattro posizioni dall’ingresso tra le qualificate di diritto al torneo olimpico, partecipazione che manca da Torino 2006: rotta per Casa di Dio?