Arts & Crafts: William Morris e i laureati artigiani d’oggi
Quando un percorso di studio apre la mente per riconoscere la preziosità dell’artigianato
di Caterina Mirijello
Secondo alcuni la parola artigianato trova molto poco spazio nella società di oggi. Altri invece non la pensano proprio così. Arts & Crafts è l’inchiesta condotta da Ghigliottina su tre ragazzi, tre laureati, che dopo un percorso di studio eccellente, si sono ritrovati in un’impasse lavorativa.
In un mondo fatto di high tech, wifi, smartphones e social network c’è chi ritorna alle arti manuali. E con questo non si vuole affatto intendere che i due emisferi, moderno e tradizionale, siano inconciliabili.
E’ un po’ il concetto diffuso nel XIX secolo da WIlliam Morris, da cui abbiamo preso ispirazione e tracciato le linee guida alla nostro percorso. L’industrializzazione aveva significato non solo città in espansione, cieli striati da fumi neri, boulevard illuminati da luci a gas ma anche produzione industriale di massa. Una serialità che aveva demistificato alcuni oggetti e cancellato anche la preziosità degli stessi. Morris inaugura un movimento: quello delle Arti e dei Mestieri in cui far rivivere l’abilità dell’artigiano nel produrre, e non riprodurre, oggetti unici, e non seriali, reale estensione del proprio io.
Ebbene, in un’epoca molto diversa rispetto a quella sopra citata, ma senza dubbio sua figlia diretta, la storia si ripete e in un periodo di crisi economico e sociale, c’è chi si gira al passato, per lasciarsi incantare da “mestieri” di un tempo.
Renée Abou Jaoudé, Matteo Zini, Stefano Martinelli e Giacomo Mencarini ci raccontano la loro esperienza con l’artigianato. Si passa dalla consapevolezza acquisita lungo un viaggio, alla passione di un genitore o ad un hobby nato per caso.
Questi tre giovani sono i nuovi artigiani: giovani laureati che hanno saputo sfruttare le loro conoscenze accademiche per sviluppare un’attività propria artigianale, in cui il metodo di ricerca scientifico è sapientemente abbinato alla sostenibilità ambientale e alla promozione dell’economia locale: “Non esiste cosa che con l’applicazione e lo studio, un laureato come me non possa fare”, afferma Stefano Martinelli laureato in Filosofia che con Giacomo Mencarini hanno avviato il loro studio di artigianato del bambù: Bambuseto
L’incertezza sulla propria situazione lavorativa è ciò che accomuna i tre, trasformando un elemento negativo in positivo: “la precarietà è spesso uno stimolo a fare meglio”, afferma Renée Abou Jaoudé, dottore di ricerca in ecologia forestale e fondatrice di Le Cose Buone
Tanta voglia e determinazione, e una buona dose di incoscienza, per credere fino in fondo nel proprio progetto pare sia il segreto per concretizzare la propria “idea” nonostante gli innumerevoli ostacoli rappresentati in Italia da una burocrazia astrusa e da un’altissima pressione fiscale. Elementi che hanno spinto Matteo Zini a trasferire la sua attività di Mastro Gelataio La Macelleria in Australia.
E quando gli si chiede se sono disposti a riprendere in mano la propria laurea e ricominciare con un’altra vita, senza esitazione, tutti riconoscono nel frutto del loro artigianato la loro stessa esistenza.
Qui di seguito le risposte dei quattro ragazzi, i quali con gentilezza ci hanno spiegato l’origine del loro progetto, le difficoltà incontrate e quanto il loro percorso di studi abbia svolto un ruolo determinante della realizzazione del proprio atelier: Le Cose Buone, La Macelleria, Bambuseto.