"Le Cose Buone" tutte da scoprire
Le interviste interessanti e “illuminanti” ai giovani “artigiani laureati” della nostra inchiesta “Arts and Crafts”: Le Cose Buone
di Caterina Mirijello
Qui vi abbiamo presentato le loro storie, in una panoramica a “volo d’uccello” sui loro sogni, le loro difficoltà e le loro speranze. Di seguito, le loro avventure da loro raccontate e da noi raccolte.
Artigianato, antidoto alla crisi, ma anche desiderio di creare un lavoro proprio, personalizzato, in cui ogni oggetto esprime il nostro essere. Com’è nato il tuo progetto?
Mi occupavo di ricerca all’Università della Tuscia, con un contratto a scadenza. Un lavoro appassionante ma logorante allo stesso tempo. La precarietà è spesso uno stimolo a fare meglio, ma quando hai dato tutto ed il tuo contratto arriva al suo termine, ti sembra di non aver costruito nulla di concreto, di essere inutile. Così ho deciso di inventare un lavoro che mi permettesse di rimanere in laboratorio, un altro laboratorio, ma che, allo stesso tempo, potesse produrre qualcosa di buono, di concreto, non solo per me, ma per la comunità. Ho deciso di sentirmi utile, cercando di rendere l’altro felice, di regalare un piccolo momento di gioia in questo periodo buio. Insieme a mia mamma, Anna Mazzotta, pasticciera in cerca di lavoro ma che a causa della sua età il mercato non ha saputo apprezzare, abbiamo deciso di aprire Le Cose Buone, non una pasticceria qualsiasi: la “nostra” pasticceria. Le Cose Buone è una pasticceria completamente artigianale. Non usiamo alcun tipo di colorante, conservante o aroma artificiale. Le nostre ricette cambiano e si adattano ai prodotti stagionali disponibili sul mercato. Abbiamo deciso di acquistare il maggior numero possibile di materie prime dai produttori delle campagne viterbesi, poiché il nostro obiettivo è anche quello di promuovere l’economia locale e di far conoscere le eccellenze del nostro territorio, frutto del sacrificio e della maestria di altri artigiani ed agricoltori della zona. All’interno del nostro locale, utilizziamo solo stoviglie biodegradabili e compostabili perché ci piace rispettare l’ambiente. Lo spazio interno ed esterno al locale è messo a disposizione di giovani artisti. Ospitiamo spesso mostre di artigiani locali. Vogliamo dimostrare che cambiare si può e, nel nostro piccolo, ci stiamo riuscendo.
Fare quello che ci piace. È davvero così? E soprattutto: è davvero possibile?
E’ possibile. Ma è una scelta che richiede molto coraggio e la strada non è sempre in discesa. Trovo siano diverse soprattutto le soddisfazioni: quando ottieni un successo che riguarda una passione, che è frutto del tuo lavoro, manuale ed intellettuale, ti senti veramente realizzato. Ti senti utile.
Un laureato artigiano, la teoria che diventa pratica. Come e quanto il tuo percorso di studi è stato utile nella realizzazione del tuo lavoro?
Il mio percorso accademico è stato fondamentale. E’ la spinta in più per realizzare progetti “fuori dal comune”. Anche nella nostra pasticceria, come in ogni esperimento che si rispetti, i nostri dolci nascono prima da un’idea. C’è poi la ricerca del metodo, i risultati, ed infine la discussione critica dei risultati e le conclusioni. Alla base di tutto c’è tanto studio, sempre.
Quali sono i maggiori ostacoli avuti nell’apertura della tua attività? E quali gli ostacoli che ancora persistono?
La burocrazia è un grande ostacolo all’apertura di qualsiasi attività, associata alla poca preparazione di chi dovrebbe invece fornire informazioni utili a chi vuole intraprendere il mestiere di artigiano. L’aspetto economico rappresenta un’altra fonte di sconforto: la pressione fiscale è molto alta e gli incentivi statati o europei sono pressoché inesistenti. Bisogna rimboccarsi le maniche e fare tutto da soli, sacrificando il proprio stipendio per il bene comune.
Altro grande ostacolo è far capire la qualità dei prodotti che serviamo. Può sembrare assurdo ma, nella Patria dell’enogastronomia, la stragrande maggioranza delle persone stenta a distinguere i sapori autentici dei cibi. Anzi, alcune persone, non riconoscendo le forme della pasticceria classica, il sapore degli aromi artificiali, si sentono perse, senza più certezze.
Purtroppo viviamo in un’era in cui qualsiasi dolce al pistacchio deve essere verde, quando invece il colore del pistacchio macinato risulta di colore più tenue, tendente al beige. Oppure le fragole, si pensa che si possano trovare tutto l’anno, quando invece esiste una stagionalità dei prodotti ortofrutticoli. Non tutti i clienti riescono ad apprezzare l’unicità dei dolci che proponiamo, il tempo richiesto per la loro produzione. Non si riesce a dare un valore a questo lavoro, che non può e non deve essere paragonabile a quello dei prodotti industriali, come non lo è il sapore. Ci danno invece tanta soddisfazione le persone un po’ avanti con gli anni, poiché riescono a riconoscere nei nostri prodotti i sapori della loro infanzia.
Ogni tanto ti stuzzica l’idea di staccare dal muro la tua laurea, riprenderla in mano e quindi chiudere bottega?
Ci penso tutti i giorni, ma non perché disprezzo il mestiere che faccio ora. Anzi. Ci penso perché amo quello che ho studiato. Chissà, magari un giorno riuscirò a portare avanti entrambe le attività. Mi piacerebbe riuscire a trovare delle persone che credano nei miei stessi ideali e che possano affiancarmi in questa avventura.