Fair play, virtuosismi kiwi e scandali nostrani
La Federazione neozelandese di rugby lancia regole ferree. Nel calcio europeo, corruzione e sospetti “trucchi”
di Gabriele Farina
su Twitter @Gabri3_0
Codici di comportamento, due modelli a confronto. Mentre nella Liga spagnola di calcio impazza il caso di irregolarità nei trasferimenti dei giovani (e non è l’unico problema), dall’altra parte del globo la Nuova Zelanda lancia una “campagna trasparenza” nel rugby.
All Blacks mai così… candidi –“Come guardiani del gioco in questo Paese, abbiamo la responsabilità di difendere la nostra reputazione”. Neil Sorensen, general manager della Felce d’Argento, ha presentato così le regole sulla lotta alla corruzione e alle scommesse. Per proteggere l’integrità dello sport, “sono proibite le scommesse su tutte le manifestazioni di rugby del mondo a coloro che sono impegnati in club professionistici, semiprofessionistici o ogni squadra di rugby in cui i giocatori sono pagati”.
Nel documento è spiegato anche che “c’è l’obbligo di contattare immediatamente l’ufficiale anticorruzione della Federazione di Rugby della Nuova Zelanda per chi è stato avvicinato o a chi è stato chiesto di fornire informazioni dall’interno (o se uno è a conoscenza o sospetta che un compagno di squadra o chiunque altro coinvolto in una gara sia stato avvicinato o gli sia stato chiesto di fornire informazioni dall’interno), o a chi sospetta che qualche persona abbia commesso un’infrazione delle regole contro la corruzione, non importa per quanto piccolo o apparentemente irrilevante sia l’episodio”.
Le norme si applicano a tutti, dalla Nazionale più forte del mondo alla squadra di ultima divisione. I destinatari sono i giocatori e gli ufficiali di gara, gli allenatori, i preparatori, i selezionatori, i medici, i fisioterapisti, i manager, i dirigenti, gli amministratori, gli analisti, gli agenti, i familiari e gli associati.
Tutte persone che non possono scommettere (o far scommettere un loro intermediario) su qualunque evento di rugby; non possono truccare o cercare di truccare una gara, un torneo o una serie; nel caso dei giocatori, non possono giocare volutamente sotto il loro standard in cambio di una ricompensa. Non possono dare, ricevere, chiedere od offrire alcuna ricompensa che possa portare a screditare o minacciare l’integrità del gioco. Ancora, non possono avere a che fare o distruggere prove delle scommesse e utilizzare o rivelare informazioni “dal campo” per scommettere o in cambio di una somma di denaro. Regole a favore di uno sport pulito.
“Vogliamo che il rugby rimanga un’onesta sfida di bravura e capacità – ha concluso Sorensen – il nostro sport ha cifre positive, ma non possiamo darle per scontate”.
I palloni sporchi (non sempre di casa nostra) – Finora abbiamo parlato della palla ovale in una delle sue forme più alte, non solo perché si tratta della Nuova Zelanda. È un modello di comportamento che potrebbe essere benissimo applicato nel calcio.
Se si pensa all’Italia, la memoria richiama alla mente i casi, più o meno recenti, di Calciopoli. Combine vere e presunte, denunce e omesse denunce, tribunali che viaggiano talvolta a due velocità e sconti di pena che hanno fatto discutere altre società.
Il malcostume non è però solo un fatto italico. La settimana scorsa è uscito allo scoperto Erik Hagen, ex difensore dello Zenit San Pietroburgo, che ha fatto un’autocritica molto pesante: “Abbiamo versato tremila dollari a testa per comprare l’arbitro e passare un turno di Coppa Uefa”. Sorpreso il club, che sostiene di aver sempre rispettato le regole del fair play. Sono accuse che andranno dimostrate, è chiaro. Intanto, un altro norvegese che ha militato nel campionato russo (Jorgen Jalland, ex Rubin Kazan) ha raccontato, sempre sul giornale Vg, che in quel torneo le pratiche del“match-fixing” era molto diffusa.
Come attestato da un questionario del sindacato internazionale calciatori FifPro, rivolto a quasi duecento giocatori della massima serie russa, oltre quattro intervistati su dieci (il 43,5%) hanno riferito di aver saputo di risultati combinati. Uno su dieci ha detto di essere stato contattato direttamente per “fissare” il risultato di un incontro.
Senza dimenticare il “caso Under“ in Liga. “Più che un club”, inteso come il Barcellona, è stato condannato a rinunciare a due turni di calciomercato (oltre a una multa di oltre quattrocentomila euro) per sospette irregolarità nel tesseramento di giocatori under 18. I blaugrana si difendono, ma intanto si allontanano per ora ter Stegen e (chissà) Reina, possibili sostituti di Valdes. Non che i club di Madrid si possano dire al sicuro: secondo la stampa spagnola sia Atlético che Real potrebbero essere coinvolti nel filone delle indagini.
Un tempo si diceva “meglio darsi all’ippica” (dove le scommesse non è che manchino). Se anche il campionato più combattuto degli ultimi anni rischia di essere coperto da un’ombra, è forse meglio vedere “tutto nero” e dedicarsi al mondo dell’ovale?