Road to europee 2014: premessa

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Il 25 maggio i cittadini dell’Unione sono chiamati a rinnovare il parlamento europeo. Anche nel nostro paese fervono i preparativi, ma siamo consci di cosa rappresentino queste elezioni? 

di Raffaele Meo

euro2014Ogni tornata elettorale porta con sé una grande attenzione mediatica e queste elezioni europee rispettano in pieno le aspettative. Un momento molto interessante dell’intera campagna è senza dubbio la consegna dei simboli che gli italiani troveranno sulla scheda elettorale. Domenica e lunedì si sono completate le operazioni di deposito e registrazione, regalando diverse sorprese e lasciando aperta la porta per alcune significative considerazioni.

Innanzi tutto sorprende il numero dei simboli depositati, ben 64. Il nostro paese di sicuro ha sempre dimostrato un grande attaccamento a queste elezioni, non a caso siamo il secondo paese per affluenza, oltre quelli in cui il voto è obbligatorio, superati solo da Malta con un importante 78%. A frenare gli entusiasmi basta vedere il genere di simboli che sono stati presentati per rendersi conto della reale entità della nostra partecipazione.

La prima divisione che si può effettuare è quella fra i partiti maggiori e quelli minori ed entrambi meritano considerazioni importanti. Cominciamo dai partiti più piccoli, che hanno dato vero e proprio sfogo alla fantasia, con le idee più strane e disparate.

Si va dal partito “Forza Juve – Bunga Bunga” a quello che prende una posizione netta: “io non voto” recita il simbolo, oltre ai vari partiti anti euro, al “movimento dei poeti d’azione”. Insomma, liste civette come se piovesse. Il sospetto è che coloro che si trovano dietro queste liste abbiano l’unico intento di riuscire a racimolare qualche voto, vuoi per la forte tendenza a disperdere i voti per la mancanza di fiducia nei partiti maggiori, vuoi perché cavalcano l’onda delle correnti populiste di pensiero che vanno per la maggiore. Un vero e proprio modo per utilizzare gli strumenti della democrazia a proprio favore, nascondendosi dietro l’idea che tanto i politici stiano lì a “mangiarsi” lo stipendio.

La cosa può far sorridere, ma non deve essere presa sotto gamba. Le famose liste civetta, nate con l’unico scopo di ingannare i cittadini al momento del voto, sono un fenomeno sempre più diffuso e che rappresenta un dispendio economico per lo Stato assolutamente evitabile oltre che finire per sminuire il sistema democratico in sé. E’ un vero e proprio abuso di un diritto fondamentale e dovremmo essere noi cittadini stessi ad intervenire. Ovviamente esistono organi preposti a difendere il nostro diritto, ma ben sappiamo quanto siano lenti i procedimenti quando si parla di diritti costituzionali e questo permette a questi veri e propri truffatori della democrazia di passare le maglie legali.

La situazione dei partiti maggiori, invece, solleva considerazioni di natura più filosofica e circostanziale. Alcuni simboli sono integrati con le sigle dei partiti europei cui le liste nostrane hanno deciso di legarsi, ma buona parte, invece, ha scelto di rappresentare se stessi. Parliamo del simbolo di Forza Italia, che ha deciso di puntare, nuovamente e nonostante gli impedimenti legali, sul nome di Silvio Berlusconi, oppure di quello di Fratelli d’Italia, che porta con sé il nome della Meloni. Il PD e l’unione fra NCD e UDC, invece, hanno scelto di esplicitare la loro appartenenza al partito europeo, nel caso PES e PPE.

Ma cosa vogliono dire queste sigle? Che importanza hanno questi partiti definiti “europei”, ma soprattutto che legame hanno con i partiti di ogni singolo membro dell’UE? Sono domande tutt’altro che banali, ma che trovano poco spazio nella campagna per queste elezioni.

E’ vero che i cittadini dovranno votare le liste del proprio paese, ma esse si troveranno poi ad entrare in un sistema partitico più ampio, a livello europeo per l’appunto. Esistono diversi schieramenti nell’attuale Parlamento che rappresentano politiche differenti a livello di gestione dell’Unione. Rimando ad articoli successivi, sempre su questa testata, che si occuperanno di chiarire le varie posizioni, per il momento quello che ci interessa è comprendere perché sono importanti, soprattutto da queste elezioni, il legame fra la lista nazionale e il partito nel quale andrà a confluire.

Dal trattato di Lisbona del 2009, siglato da tutti i paesi facente parte dell’Unione, la composizione del Parlamento europeo determinerà anche la composizione della Commissione. Se una volta, infatti, quest’ultima veniva ratificata dal voto in Parlamento, dove erano i rappresentanti scelti a votare, successivamente, L’unione ha deciso di consegnare più potere decisionale ai cittadini, obbligando i vari partiti ad indicare il loro candidato già durante la campagna elettorale. I cittadini, quindi, non solo scelgono il partito cui dare il proprio voto, ma anche il candidato Presidente per la Commissione europea. Come possono i cittadini compiere una tale scelta se le varie liste nazionali non esplicitano la loro appartenenza o, almeno, le loro intenzioni?

Il problema risiede nel fatto che, per garantire la completa libertà ai vari eurodeputati, la legge non prevede l’iscrizione obbligatoria ad uno dei partiti europei, anzi, tutela le minoranze garantendo loro la permanenza fra gli scranni di Bruxelles nel gruppo “non iscritti”. Anche qui diritto sacrosanto, ma che allo stesso tempo contribuisce a generare confusione in un ambito nel quale già imperversa a sufficienza. Tanto più che nel nostro paese le elezioni europee servono a misurare il gradimento dei cittadini nei confronti delle forze politiche di governo, come se non si potesse scegliere un partito per la gestione del paese e scegliere un altro, dalle posizioni magari più nette, per farsi rappresentare in Europa. Di conseguenza la mentalità distorta che ne proviene va tutta a sfavore dei cittadini, costretti ad esprimere una preferenza senza la giusta consapevolezza. I dati rilevati nel 2009 dall’Eurobarometer confermano questa situazione, indicando che il 59% degli astenuti italiani l’ha fatto per “ragioni politiche”, ovvero ad esprimere non avversione verso il sistema Europa, ma contro l’operato delle forze politiche nazionali. Una vera e propria sentenza di condanna, che però viene effettuata nel luogo sbagliato.

Nelle prossime uscite tratteremo nel dettaglio non solo i vari partiti europei e gli schieramenti che vedremo sulla nostra tessera elettorale, ma considereremo in maniera più approfondita anche i vari cambiamenti introdotti dal trattato di Lisbona e le varie istituzioni coinvolte nelle procedure di voto e di rinnovamento. Così, per non arrivare impreparati al 25 maggio.

(fonte immagine: http://www.corrieresudovest.it/)

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