Il destino dello IOR

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Papa Francesco e la “riforma finanziaria” dell’Istituto per le Opere Religiose

di Francesca Romanelli
su Twitter @FrancescaRomane

“Ahi, Costantin, di quanto mal fu matre,
non la tua conversion, ma quella dote
che da te prese il primo ricco patre!”
(Inferno XIX, 115-117)

ior edificioChe la donazione di Costantino (ritenuta per secoli il fondamento giuridico dello Stato della Chiesa, ndr) fosse un clamoroso falso storico, Dante mentre scriveva l’ “Inferno” ne era naturalmente all’oscuro. Bastano però questi celebri versi, anche senza pensare alle complesse vicissitudini del “Patrimonio di San Pietro”, per avere la percezione di quanto possa essere stato difficile in ogni tempo il rapporto tra la Chiesa e i beni “temporali”, primo fra tutti il denaro.

Negli ultimi anni il protagonista di queste alterne vicende è stato senza dubbio lo IOR, l’Istituto per le Opere di Religione, l’erede della Commissione cardinalizia per i depositi ‘Ad pias causas’ istituita nel 1887 da Leone XIII per semplificare la gestione dei beni donati dai fedeli (terreni, lasciti, palazzi, etc.). L’ente vero e proprio nasce nel 1942 ad opera di Pio XII ma la sua è una storia piuttosto travagliata, dal crac del Banco Ambrosiano ai presunti casi di riciclaggio di denaro che ne vedono più volte emergere il nome negli atti d’indagine.

Una parabola discendente sostanzialmente ininterrotta fino alla fine del pontificato di Benedetto XVI, allo scoppio del cosiddetto caso “Vatileaks” (la fuga di documenti riservati degli appartamenti vaticani, ndr) che ha fatto luce su una serie di veleni interni e lotte di potere culminate con le dimissioni del presidente Ettore Gotti Tedeschi (sfiduciato dal Consiglio) nel maggio del 2012.

Il tema delle finanze vaticane mantiene lo stesso carattere di “delicatezza” anche sotto l’opera di Papa Francesco, nonostante le spinte in direzione di una maggior trasparenza già avviate con Joseph Ratzinger e continuate dal suo successore. Il destino dello Ior, ora presieduto da Ernst von Freyberg, è stato deciso da pochi giorni.

Jorge Mario Bergoglio, infatti, ha deciso che l’Istituto per le Opere di Religione continuerà ad esistere e lo farà, presumibilmente, in una forma che non si discosterà troppo da quella attuale. Nessuna chiusura dunque o trasformazione in “fondo di aiuto” come si era ipotizzato, ma una decisa marcia verso una maggior trasparenza. La riforma è stata gestita dalla due commissioni cardinalizie volute da Bergoglio (la commissione referente sullo IOR e la Pontificia commissione referente di studio e di indirizzo sull’organizzazione della struttura economico-amministrativa della Santa Sede) unitamente alla Commissione cardinalizia e al Consiglio di sovrintendenza dello IOR.

Dei dettagli ancora si sa poco, quel che si può prevedere è una maggiore integrazione con gli altri organismi investiti dalla “riforma finanziaria” voluta da Papa Francesco, vale a dire la Segreteria per l’economia che ha ruolo di Ministero delle Finanze (guidata dal cardinale Pell), l’Apsa (amministrazione del patrimonio della sede apostolica) che sarà la banca vaticana (lo IOR non è di fatto una vera e propria banca e, come tale, non ha scopo di lucro) e l’Aif (autorità finanziaria di controllo) guidata da René Bruelhart.

Una cooperazione che dovrà necessariamente legarsi alla applicazione delle moderne norme antiriciclaggio e a un’analisi sistematica dei clienti e dei conti interni allo IOR. La scelta di sottoporsi al vaglio di organismi internazionali quali Moneyval è un buon passo avanti sul sentiero della “virtù” ma molto deve ancora essere definito per quanto riguarda le finanze vaticane, in relazione all’Istituto per le Opere di Religione ma non soltanto.

Bergoglio, durante un’omelia a Santa Marta qualche mese fa, era stato molto netto riguardo al cosiddetto “mito del denaro”, identificandolo come la “radice di tutti i mali” e citando i padri della Chiesa, il Pontefice è arrivato a chiamarlo lo “sterco del diavolo”.

Un linguaggio forte e diretto, quello a cui Papa Francesco ci ha abituati: resta ora da vedere se i suoi passi tra le insidie del patrimonio vaticano, seppur ben avviati, sapranno condurlo ad un traguardo degno di questo nome.

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