Segreti e sicurezza: l’agente Kasper e il patto col diavolo
Un agente segreto italiano con un passato contraddittorio, alcune operazioni pericolose in tutto il Mondo, la cattura e la prigionia in Cambogia, le torture, la rocambolesca evasione in un libro che parla di come Usa e Corea del Nord stringono patti e fanno affari: una storia che parla solo di “eroismo” o anche dell’altra faccia della nostra Repubblica?
di Guglielmo Sano
Ad Aldo Giannuli, uno dei massimi esperti italiani di intelligence e operazioni “coperte”, venne chiesto una volta “a cosa servono i servizi segreti?”. Una domanda semplice, non necessaria, forse addirittura inutile, potrebbe pensarsi. Non altrettanto si direbbe della risposta: “i servizi di intelligence servono agli Stati per compiere azioni illegali” . Questo è il punto di partenza per capire il mondo degli 007, quindi, anche la storia dell’agente Kasper.
L’agente Kasper appare come un personaggio da film: è un pilota di aerei, conosce perfettamente le più disparate arti marziali ed è capace di maneggiare ogni tipo di arma da fuoco e ogni genere di esplosivo. Un passato da carabiniere, nel Reparto Operativo Speciale (ROS), poi le “operazioni coperte” che lo portano, in giro per il mondo, a “combattere” il narcotraffico internazionale da “infiltrato” in Colombia. Infine, la collaborazione con la CIA e i servizi sudafricani, fino al triste epilogo della sua storia che lo porterà in Cambogia: torturato in mille modi, dopo essere stato scaricato dall’intelligence americana, riuscirà a scappare e a tornare in Italia dove racconterà la sua storia a un amico giornalista.
“Supernotes” è il titolo del libro scritto da Kasper insieme a Luigi Carletti (ex giornalista del Gruppo L’Espresso): le supernotes sono dei biglietti da 100 dollari “veri ma falsi” che gli Usa stampano per pagare le operazioni dei servizi di sicurezza, quelle operazioni che è bene tenere nascoste al mondo così come al “contribuente” statunitense. Kasper racconta nel libro che ci sarebbero tre zecche deputate a produrre queste particolari banconote, due sarebbero in territorio statunitense, un’altra in Corea del Nord. Non è un errore di battitura, proprio il paese “canaglia” del “sanguinario” Kim Jong-Un sarebbe, secondo il racconto di Kasper, un importantissimo alleato degli Usa – d’altronde, “se dovessi produrre qualcosa, che nessuno deve trovare, anche io la metterei nell’ultimo posto in cui qualcuno andrebbe a cercare”.
Dopo la scoperta del “patto col diavolo” di Washington con Pyongyang, prosegue il racconto di Kasper, la CIA avrebbe tentato di eliminare la sua “risorsa” – diventata troppo pericolosa a causa delle informazioni ottenute – facendola catturare dai cambogiani, tradizionalmente legati alla Corea del Nord. Soldati dell’esercito cambogiano avrebbero quindi torturato Kasper con continui pestaggi, false esecuzioni, roulette russe, e altri metodi cruenti e dolorosi. La Farnesina si disinteressò completamente della sorte dell’agente sotto copertura e, passato quasi un anno, Kasper riesce miracolosamente a scappare.
La Mondadori, casa editrice di Supernotes, vuole farne un caso editoriale e il materiale effettivamente ci sarebbe. Qualche giorno dopo, però, sfogliando le pagine de Il Giornale gli editori di Segratehanno sentito una fredda lama conficcarsi alle spalle. “Reduce dal servizio di leva nell’Arma dei Carabinieri e da una militanza giovanile nel Fronte della Gioventù, Vincenzo Fenili, classe 1959, è al tempo un pilota dell’ Ata (poi Alitalia, ndr). Tra un volo e l’altro appaga la voglia di emozioni e la passione per armi e arti marziali con qualche viaggio nella ex Jugoslavia in guerra dove si spaccia per fotoreporter e raccoglie racconti di viaggio usati per stupire amici ed interlocutori. Due anni dopo Vincenzo Fenili convince i Carabinieri del Ros a infiltrarlo tra i narcotrafficanti sudamericani. L’operazione intitolata “Pilota” in suo onore garantisce il sequestro di 1.000 chili di cocaina, ma si conclude con l’incriminazione di Fenili accusato di aver allungato le mani su 85 chili di coca”.
Kasper non è altro che Vincenzo Fenili, “mitico” carabiniere che è passato alla storia per aver beffato i narcos colombiani nelle operazioni più importanti condotte dai Ros – le più famose sono “Pilota” e “Sinai”. Peccato però che la magistratura negli ultimi anni abbia ridimensionato l’orgoglio per tante operazioni che fecero incassare al Procuratore di Firenze dell’epoca, Pierluigi Vigna, anche il ringraziamento ufficiale del Capo dello Stato Scalfaro: il generale Ganzer, tra i vertici di quelle missioni dei Ros (che Kasper tra l’altro ringrazia spesso) sarà condannato a 4 anni in appello, perché organizzava traffici di droga che poi “brillantemente” sgominava per essere promosso. Ganzer è tuttora famoso perché dava mandato ai suoi infiltrati di compiere reati per accreditarsi con esponenti di associazioni per delinquere (in pratica provocandoli) comportamento proibito dalle legge italiana – diversamente da quella americana che concede la possibilità di tendere “trappole” e “commettere crimini”, se necessario, per incastrare pericolosi malviventi.
I Ros non sono servizi, tra l’altro, operano sotto mandato giudiziale, la legge devono rispettarla (sempre e comunque): su Fenili restano molti dubbi, dunque. Con molta probabilità ha trasgredito più di una volta la legge: innanzitutto in occasione delle operazioni “sinai” e “pilota”, dove agendo da “agente provocatore” ha guadagnato anche un milione di dollari grazie alla cocaina sottratta ai sequestri. La fine della sua collaborazione col Ros potrebbe essere dovuta alle stesse ragioni, a meno che il suo allontanamento non sia stato in qualche modo una “promozione” – difficile ipotizzarlo, considerando che nel 2005 non è riuscito a evitare la galera per i profitti tratti dalle operazioni condotte come carabiniere.
Verrebbe da dire che la nostra sicurezza sembra misurata in base a una non meglio specificata “ragion di Stato”, piuttosto che sulla base della Costituzione e del Codice Penale. Chi ci protegge da chi ci dovrebbe proteggere?