Tennis, è quasi magia Giorgi: l’ascesa (e i lati oscuri) di Camila la predestinata
La vittoria sulla Sharapova a Indian Wells, l’esordio in Fed Cup, la prima finale WTA in carriera e il best ranking in zona Top 50: in campo è un buon momento per la 22enne italo-argentina, cresciuta e allenata dal controverso papà Sergio. Ma la sua è una storia ricca di colpi di scena, incredibili analogie con Agassi e persino voci di debiti mai saldati…
di Paolo Pappagallo
su Twitter @paul_parrot
“È la prima volta che vedo una ragazza giocare come Andrè Agassi”. Boom baby! Parole e musica dell’Adriano nazionale – non l’iconico molleggiato dei pomeriggi troppo azzurri in Via Gluck ma il Panatta ambasciatore nel mondo del meglio del tennis tricolore – datate 1999. Un omaggio, dal profumo di investitura regale, che ritrae una ragazzina marchigiana di appena 7 primavere e mezzo, cromosomi azzurri e grinta sudamericana, seguita ed incalzata ad ogni minimo gesto dal severo papà-allenatore, un’ex recluta dell’esercito argentino nella guerra delle Falkland/Malvinas contro il Regno Unito all’inizio degli anni ’80.
Un uomo eclettico, sanguigno, con una zazzera ribelle a metà tra un vulcanico professore di fisica e Brian May, il chitarrista dei Queen. Un personaggio che di racchette in mano non ne ha mai tenuta neppure mezza nel corso della propria vita, ma che da instancabile coach della figlia terzogenita è riuscito a farle assimilare, sin dalla più tenera età, l’attacco di dritto e rovescio bimani da fondocampo, caratteristiche proprie del controverso campionissimo di Las Vegas, all’epoca saldo numero uno della classifica mondiale.
MEET THE GIORGIS -Da allora, di lustri ricchi di attese, speranze e ambizioni, per il clan Giorgi e non solo, ne sono trascorsi ben tre. Camila, la protagonista delle attenzioni, è cresciuta, certo, pur ad un ritmo inferiore rispetto a quanto prospettato dal suo esigente deus ex machina casalingo, che già nella primavera 2006 si lasciava andare in interviste ai maggiori quotidiani sportivi italiani rivelando ambizioni decisamente oltre ogni limite. “Tenetela d’occhio, entro due/tre anni avrete a che fare con la nuova numero del mondo”. Un po’ troppo per una quattordicenne talentuosa, ma decisamente ancora lontana dalle prime apparizioni nel circuito professionistico.
Per capire la storia di Camila è quindi imprescindibile analizzare in profondità la figura, tanto influente quanto fin troppo pressante di Sergio Giorgi, figlio di immigrati maceratesi in Argentina che, da La Plata, nel 1987 decide di tornare nella propria terra natia.
Papà Giorgi, sposato con la connazionale Claudia, ha un obiettivo ben chiaro in mente: vuole costruirsi in casa un atleta che primeggi nel circuito mondiale della racchetta, platonico amore sportivo di una vita. I primi due figli maschi, Leandro e Amadeus, sono solo le basi attraverso le quali plasmare l’ardito progetto; l’obiettivo diventa più concreto quando è la piccolina di casa, subito stregata dalle gesta dei fratelli, a “consegnarsi” nelle mani dell’ambizioso genitore. Già a tre anni e mezzo iniziano i primi durissimi allenamenti – non vi ricorda qualcuno? – che portano “Cami” a primeggiare atleticamente in maniera netta rispetto ai propri baby coetanei.
E, dopo l’investitura di Panatta, ecco arrivare a 9 anni un altro squillo degno di nota: il guru Nick Bollettieri – sempre per la serie “analogie sospette” – la vuole a tutti i costi nella sua prestigiosa Academy in Florida. Il contratto IMG per otto mesi di allenamento oltreoceano è pronto, ma è papà Sergio a negare il nulla osta: “Troppe trasferte, la ragazza deve crescere in pace”. Peccato che solo pochi mesi dopo, Camila inizi un vero e proprio tour de force attraverso il vecchio continente, rimbalzando da un Tennis Club all’altro: Pesaro, Barcellona, Maiorca, Como, Parigi. L’obiettivo è quello di crescere sotto il profilo tecnico e, per questo, Sergio accetta anche che ex giocatori dal pedigree riconosciuto, come Jofre Porta e Patrick Mouratoglu – ex coach rispettivamente di Safin e Baghdatis – si frappongano tra lui e la sua creatura. Ma a condizioni ben precise, perché “Camila non ha bisogno di un agente”, semmai della costanza che deriverebbe dal rimanere un lasso di tempo ragionevole ad allenarsi nello stesso luogo e con la stessa guida. Punti di vista, c’è una tabella da rispettare.
TIME AFTER TIME – A metà 2006, però, il ticchettio del cronometro paterno segnala l’inesorabile scorrere del tempo. Cami è ancora ai margini perfino nel circuito Junior, i risultati arrivano con il contagocce. Che fare? Intanto promuovere il brand Giorgi, con la sopracitata, magniloquente intervista nella quale ribadire che “è solo questione di tempo, presto l’Italia avrà una numero uno mondiale”. Già, ma quanto presto? Tutt’al più che i primi risultati nel circuito ITF – i titoli a Katowice e Toronto – arrivano appena nella seconda parte di 2009 e Camila, a fine anno, è 285a nel ranking mondiale, molto lontana dalle posizioni panoramiche vaticinate ormai tre anni prima. Il talento della maceratese è sotto gli occhi di tutti, ma manca quel qualcosa per trasformare una lampante promessa in una fulgida realtà. In più, e non è cosa da poco, l’iperprotettività e l’ostruzionismo di papà Sergio fanno sì che le wild card per i tornei importanti scarseggino e le possibilità di svolta diminuiscano gradualmente di stagione in stagione.
L’epopea dei Giorgi è ad un bivio, servono idee. Sergio prova con un ennesimo cambio d’aria: “Chiudete le valigie amici, si va a Miami”. È l’estate 2010 e l’ossigeno della Florida, non quello turbato dalla puzza di arance bruciate intorno alla Bollettieri Academy, restituisce inaspettato vigore ad una Camila ormai alle soglie della maggiore età e senza ancora apparizioni nel circuito WTA. La crescita è interlocutoria nel 2011 – con la nota molto positiva dell’ingresso nel main draw a Wimbledon – e concreta nell’anno successivo, quando è proprio la pregiata erba dell’All England Tennis Club a regalare alla 21enne di belle speranze un red carpet degno del suo profilo. Partita in sordina dalle qualificazioni, la Giorgi elimina Pennetta, Tatishvili e Petrova nei primi tre turni, arrivando a giocarsi un prestigioso ottavo di finale contro la numero 3 del mondo Agnieszka Radwanska. Sono le luci della ribalta tanto attese: della minuta ma aggressiva italo-argentina si accorgono tutti, appassionati inglesi ed internazionali ma anche vertici della Federazione Italiana. All’ombra del tabarro di papà Sergio se l’erano persa pure loro.
Sbloccatasi sotto il profilo psicologico, le ultime due stagioni di Camila sono il ritratto di una giocatrice finalmente in rapida maturazione, nelle classifiche e nelle convinzioni. Il 2013 la vede in tabellone in tutte e quattro le prove dello Slam, con i picchi del terzo turno ancora a Wimbledon – sconfitte Murray e Cirstea, numero 23 del mondo – e del quarto agli US Open – ottime vittorie contro Cepelova, Hsieh e Wozniacki, ottava testa di serie del tabellone – nonché stabile nella top 100 mondiale a fine anno, nonostante una pausa forzata di qualche mese per problemi alla spalla.
Infortunio che diventa, oltretutto, occasione di riavvicinamento con la FIT, prima sotto il profilo medico e poi sotto quello agonistico: padre e figlia possono allenarsi insieme a Tirrenia, nel Centro Federale, a spese della Federazione. Perfetto. Il quadro dei Giorgi’s, Anno Domini 2014, è quello di una famiglia vincente, che non millanta ma realizza. E la 22enne Camila non è più carneade senza patria né dimora, ma è una nuova colonna della nazionale di Fed Cup in semifinale contro la Repubblica Ceca; la macchina da guerra capace di farsi largo anche nei Masters spazzando via icone come la Sharapova. La veterana senza più timore delle avversarie dal ranking vertiginoso capace di arrivare alla prima finale WTA in carriera – perdendola per un soffio – contro la giovane, ma navigata francese Alizé Cornet. In poche parole, una giocatrice da top 50 del panorama mondiale: la posizione, dopo l’exploit di Katowice e in attesa della wild card per il Master romano, è la 54. In ulteriore, dolcissima ascesa, incrociando ogni falange possibile.
IL RUMORE DEI NEMICI – Ad intorbidire i fiumi di latte e miele attorno al magic moment dei Giorgi, ecco però improvvise le voci insistenti che rimbalzano dagli Stati Uniti. A gettare benzina sul fuoco è la rivista cult Sport Illustrated, che lo scorso gennaio ha pubblicato una corposa intervista a Sandy Mittleman, proprietario e fondatore di una società di management, idealmente alla testa di un esercito di creditori, sparsi per gli USA, che avrebbero finanziato padre e figlia nei momenti bui durante la permanenza a Miami, salvo poi non ricevere indietro alcuna somma. Sergio ha prontamente respinto le accuse al mittente: “Nulla da nascondere. Veniamo spesso in America, se vogliono sanno dove trovarci”. Ma c’è da giurare che, sotto quella criniera vivace e intellegibile, si nascondano molti più segreti di quello che a noi, comuni “tennistofili” è dato sapere.