Pier Paolo Pasolini e Roma: la mostra al Palazzo delle Esposizioni
A Roma l’esposizione sul poeta friulano e il suo rapporto viscerale con la Capitale: l’amore per le borgate e il sotto-proletariato, l’incontro con i ragazzi di vita e gli amici letterati e artisti, il cinema, ma anche la persecuzione giudiziaria, l’odio verso il conformismo e la televisione, e quella “vita violenta” che lo accompagnerà fino alla morte. Fino al 20 Luglio 2014
di Giulia Marras
su Twitter @giulzama
Realizzata con la comune collaborazione del Centro di Cultura Contemporanea di Barcellona, de La Cinematheque Francaise e del Martin-Gropius-Bau di Berlino, oltre che con l’Alto Patronato di Roma Capitale; curata da Gianni Borgna (deceduto poco prima dell’inaugurazione romana), Jordi Balló, Alain Bergala, ha inaugurato il 15 aprile al Palazzo delle Esposizioni di via Nazionale la mostra PasoliniRoma, dopo aver già toccato Parigi e Barcellona. Il nome si deve prevalentemente alla struttura del racconto della vita di Pier Paolo, suddivisa cronologicamente in sette periodi, dall’arrivo a Roma fino alla morte, e soprattutto narrata insieme ai quartieri capitolini da lui vissuti negli anni, a seconda delle case abitate e delle frequentazioni mondane e notturne del poeta di origini friulane.
Non è una mostra sulle opere pasoliniane, piuttosto un percorso panoramico sul rapporto di Pier Paolo con il contesto geografico e psicologico che le ha prodotte; uno sguardo sulla loro lavorazione e la loro accoglienza, non da spettatori, ma dal punto di vista dell’autore; prima, durante e dopo la realizzazione. Questo grazie alla presenza di lettere, pagine di diario, sceneggiature, storyboard, bozze corrette e ricorrette, fotografie dai set. Ma anche testimonianze di vita, scritte o visive, dagli eventi di spettacolo (inaugurazioni, premi di letteratura, festival), da foto private fino alle difese per gli innumerevoli processi subiti (come la difesa per La Ricotta, film giudicato come vilipendio alla religione di Stato).
Dopo la morte del fratello Guido, partigiano ucciso dai suoi stessi compagni (nel famoso episodio di Porzus), nel 1950 Pasolini arriva dal Friuli (Casarsa) a Roma con la madre, in un momento di crisi familiare e personale, con la sospensione dall’insegnamento e l’espulsione dal PCI di Palmiro Togliatti per “indegnità morale”. Dopo una breve permanenza presso piazza Costaguti e un primo innamoramento con la vicina piazza Mattei e la Fontana delle Tartarughe, che rievocherà nelle prime poesie, si stabilisce nell’estrema periferia di Ponte Mammolo, vicino a dove sorgerà il carcere Regina Coeli; quella periferia popolata dagli arcaici, gioiosi e disperati, personaggi del sottoproletariato che influenzeranno tutta la sua produzione artistica e il pensiero politico. “La periferia è come il Terzo Mondo, Roma è una città pre-industriale, non c’è stata industrializzazione, e la gente qui vive come in un mondo pre-industriale come in Africa, come Algeri, Bombay” in una “periferia costruita dal fascismo come campo di concentramento per i poveri”, ascoltiamo dagli estratti video del documentario “Pasolini L’Enragé” (Jean-André Fieschi, 1966), fondamentale contributo alla mostra.
In questo primo periodo romano, Pasolini non può sottrarsi all’influenza cinematografica, simboleggiata nella sua prima visione-rivelazione di Roma Città Aperta al Cinema-Teatro Nuovo, ora il Nuovo Sacher di Nanni Moretti (il quale dona un suo personale omaggio all’esposizione, che non sveliamo).
Da qui comincia il viaggio del visitatore e del poeta nei diversi rioni romani, di cui vengono confrontate le immagini pasoliniane con video contemporanei realizzati dallo stesso curatore Bergala. Ci ritroviamo quindi a Monteverde Nuovo in via Fonteiana 86, da dove Pier Paolo costruisce la solida cerchia di amicizie che lo accompagneranno per tutta la vita, anche nel lavoro: i fratelli Sergio e Franco Citti, Alberto Moravia e Elsa Morante, Bernardo Bertolucci (che ricorda: “non era così diverso dai personaggi dei suoi film”) e Laura Betti “moglie non carnale ma passionale”, come si legge da uno scambio epistolare con Jean-Luc Godard. E’ il periodo in cui vengono pubblicati Ragazzi di vita e la raccolta poetica Le Ceneri di Gramsci, mentre iniziano le prime collaborazioni con il cinema “scritto per gli altri” (La Commare Secca di Bertolucci, La Donna del Fiume di Soldati, Le Notti di Cabiria di Fellini).
E mentre continua a frequentare i quartieri del centro di Roma, e soprattutto del centro della vita artistica e letteraria, Trastevere, Testaccio, Flaminio, Pier Paolo scopre la purezza del Pigneto “con le casupole basse, i muretti screpolati, era di una granulosa grandiosità, nella sua estrema piccolezza; una povera, umile, sconosciuta stradetta, perduta sotto il sole, in una Roma che non era Roma” e ne farà l’ambientazione di Accattone, primo lungometraggio in assoluto per Pasolini, che definirà il cinema come naturale prosecuzione della sua poetica e come fedele “riproduzione del linguaggio della realtà”, quella stessa realtà che non riuscirà mai a tradire, neanche quando, da ateo marxista, affronterà temi religiosi, ideologia del popolo. Seguono poi subito dopo Mamma Roma, di cui è possibile ascoltare i Diari registrati tra la Magnani e il regista (“i tuoi ragazzi sono molto più autentici di me”) e La Ricotta.
Dalle lettere a Ennio Flaiano e alla Betti, si scorge uno dei momenti più importanti per la vita privata del poeta: l’incontro con Ninetto Davoli, l’Alì dagli occhi azzurri, il ragazzo di vita che più incarna con la sua storia l’amore di Pier Paolo verso la sensualità di un’umanità proletaria che già andava scomparendo.
Dal ’63 casa Pasolini si trasferisce ancora in via Eufrate 9, all’EUR, quartiere che darà sfondo al capolavoro con Totò e Ninetto, Uccellacci e Uccellini. Per il resto della produzione cinematografica si rivolgerà invece altrove, deluso e amareggiato dal stravolgente conformismo che arriva a toccare le sue periferie: gira il Vangelo secondo Matteo e il Decameron nel Sud Italia, I racconti di Canterbury in Egitto (quella Trilogia della Vita poi abiurata da egli stesso per l’irrale e violato erotismo), l’Edipo Re in Marocco, mentre nei suoi viaggi in Africa e in India (ricordiamo il saggio-video Appunti per un’Orestiade africana e il libro Viaggio in India) ritrova nei volti e nei corpi antichi e mitici delle società pre-industrializzate l’autenticità perduta del sottoproletariato italiano, di cui qualche sprazzo si ritrova nei Comizi d’amore, dove “Pasolini costrinse l’Iitalia a parlare di sesso” dal titolo del famoso articolo di Michel Foucault).
Nel 1971 l’amarezza lo travolgerà per la decisione di Ninetto di sposarsi con una ragazza. Si rifugerà nella sua nuova casa-studio nei pressi di Viterbo, sotto la Torre di Chia, dove scriverà i famosi Scritti corsari e gran parte di Petrolio, rimasto compiuto, stroncato dall’improvvisa morte violenta di Pier Paolo, ancora irrisolta.
Arricchita da una serie di incontri speciali, concerti e proiezioni dei suoi film, che avranno luogo vino a Giugno, la mostra PasoliniRoma è un’ottima occasione per ripercorrere la vita del poeta attraverso i luoghi e le persone che ha amato, le lotte che ha dovuto e voluto combattere (la persecuzione giudiziaria, lo scontro con il partito comunista, la polemica con gli studenti “fascisti” di Valle Giulia); per riscoltarne la voce recitare le poesie, per ritrovare i corpi del suo cinema, e leggerne i pensieri così fondamentali per la costruzione della cultura contemporanea.
Io sono una forza del Passato.
Solo nella tradizione è il mio amore.
Vengo dai ruderi, dalle chiese,
dalle pale d’altare, dai borghi
abbandonati sugli Appennini o le Prealpi,
dove sono vissuti i fratelli.