Road to Europee 2014 – L'Europa alternativa istituzionale: i S&D
Si fa un gran parlare delle visioni alternative di Unione Europea, dai distopici movimenti anti euro, alle utopiche alternative morali. Nel mezzo tutti coloro che vogliono un cambiamento che provenga dall’interno, evitando i proclami e le demolizioni istituzionali. Che una terza via sia effettivamente possibile?
di Raffaele Meo
È davvero necessaria “un’altra Europa“? Sono in molti a sostenere questa ipotesi dopo il proclamato fallimento degli assetti politico-economici adottati nella VII legislatura per fronteggiare la crisi. Certo, è molto facile cavalcare l’onda del malumore ed intercettare il mal di pancia di molti cittadini europei durante la campagna elettorale, ma questo compito andrebbe svolto dai nostri rappresentanti europei durante il loro mandato. Solita vecchia storia, quindi, ma non è il caso di farsi prendere dallo sconforto. Perché la fine della crisi è vicina? Perché è stata prodotta una ricetta infallibile che farà sorridere tutti? Perché esiste un gruppo parlamentare che ci promette finalmente politiche per i cittadini?
No, ovviamente. Non esistono ricette magiche e chiunque cerchi di farci credere il contrario continua a ragionare su ottiche puramente populistiche e demagogiche. I processi di cambiamento sono sempre difficili da interpretare e le logiche di palazzo hanno sempre un numero sconfinato di compromessi da raggiungere, figuriamoci in un contesto così ampio come quello dell’Unione. Dichiararsi scettici nei confronti dell’Europa è un diritto, ma non un imperativo morale. Se da un lato si può e si deve imputare al sistema politico europeo l’attuazione di politiche anti-crisi assolutamente inefficaci, dall’altro non si può di certo eliminare tout court un apparato istituzionale che ci sta “simpatico” solo quando elargisce denaro.
La scorsa settimana abbiamo parlato del PPE, attualmente il gruppo con maggiore peso all’interno del Parlamento europeo, vera e propria guida della politica comunitaria di questa legislatura. Questa volta volgiamo lo sguardo alla seconda forza, il gruppo S&D, che siede nell’ala sinistra del parlamento, occupando uno spazio quasi diametralmente opposto al partito dei Popolari.
I S&D, che sta per Socialisti e Democratici, raggruppa diversi partiti di ispirazione socialista o quanto meno a vocazione progressista. In esso è presente, per il nostro paese: il PD, con al momento 21 membri; il Centro Democratico, con un europarlamentare e un solo indipendente, nella persona si Rita Borsellino.
Lo spirito che ha riunito ben 28 partiti nazionali è l’idea di un’Europa sociale, fondata sull’eguaglianza, la solidarietà, la libertà, la correttezza. Al primo posto, sul loro sito, si trova l’impegno affinché esista un’Europa “solidale” e, per questo, la priorità è la lotta alla disoccupazione e alle politiche di austerity, fortemente sostenute dall’ala conservatrice del Parlamento.
“La socialità è un concetto più volte inserito nell’atto costitutivo della nostra Unione come principio fondamentale. In tutto il mondo ci invidiano questa predisposizione mentale, questa originalità. Rinnegare il modello sociale con politiche come l’austerity è per noi come tornare indietro sulla nostra stessa identità”. Con queste parole Leonardo Domenici, europarlamentare uscente dell’attuale legislatura, ha risposto alla domanda sulle politiche future dell’Unione, durante la presentazione del suo libro “La nostra Europa…non è la loro” l’8 maggio a Roma.
Il dibattito scaturito alla libreria Fandango Incontro è per noi un’occasione per raccogliere direttamente da chi ha vissuto dall’interno la crisi di credibilità e fiducia dell’Unione europea. Molti i temi attuali trattati, ma a tenere banco è soprattutto la crisi dell’attuabilità della politica comunitaria. “Il primo passo che la nuova Europa deve fare è quello di restituire il potere ai cittadini – continua Domenici – e rendere l’Unione meno intergovernativa e più comunitaria. Ci sono molti ostacoli che frenano questo processo, come il fatto che il Parlamento, l’unico organo eletto dal popolo, non ha diritto di iniziativa legislativa oppure che il Governo non deve incassare la fiducia o ancora che la Commissione, per sua natura, è troppo subalterna alle politiche dei governi nazionali“.
La riflessione si sposta poi sulla finanza, soprattutto quella denominata “etica”. Secondo il deputato europeo è necessario smettere di pensare ad una politica finanziaria come unicamente finalizzata al profitto immediato, con l’onere di fornire risultati e benefici immediati, ma come una lungimirante strategia che punti a risultati su più ampia scala e a lungo termine. Un’Europa da costruire con giudizio e nel rispetto di tutti, investendo nel presente per risultati strategici nel futuro anche prossimo.
In conclusione il giudizio emerso su un discorso ampio e molto variegato è che la crisi non è stata causata dal debito pubblico, ma che esso è stato la debolezza nel nostro paese al momento dell’acuirsi della crisi finanziaria. Per questo la riduzione del debito è sicuramente necessaria, ma di certo non il primo punto sulla quale intervenire quando abbiamo di fronte problemi più immediati e gravi come la disoccupazione, la diseguaglianza sociale, i problemi delle imprese.
In definitiva il discorso di Domenici riassume bene le posizioni del gruppo europeo cui appartiene e che grande lavoro sta compiendo per guadagnare il primo posto in Parlamento. L’attuale presidente del gruppo, Hannes Swoboda, durante la campagna elettorale ha evidenziato gli stessi punti di Domenici, aggiungendo che l’Europa ha bisogno di un nuovo piano per l’industria, settore piuttosto bistrattato dalle politiche economiche recenti. Se i S&D dovessero arrivare primi alla competizione elettorale, proporranno per la Commissione l’ex presidente Martin Shulz, apparso di recente in un confronto a 5 con gli altri candidati.
Il punto è che ciò che propone l’alleanza dei socialisti e democratici è molto simile a quello che altri movimenti, autoproclamatisi “alternativi” o “euroscettici“, sbandierano in questa campagna elettorale, accusando le forze politiche odierne di non comprendere le necessità della popolazione europea. Campagna elettorale, certo, ma rimane il fatto che a fare da padrone in queste circostanze è la mancanza di informazioni.
Un’altra Europa è sicuramente necessaria, ma tra utopie e distopie, fra mondi ideali e catastrofici, forse bisognerebbe lasciare spazio alla concretezza di chi vede il Parlamento europeo come un luogo dove compiere una carriera politica e non un palcoscenico che funga da trampolino di lancio per la celebrità in casa propria. Più Europa o meno Europa? Forse è il caso di dire “la giusta” Europa.
(fonte immagine: it.wikipedia.org ; www.ilgiornaledirieti.it/)
Una risposta
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