Expo 2015, lo spettro di Tangentopoli
Una cupola con ramificazioni nella Pubblica Amministrazione e agganci politici riusciva a ottenere anticipazioni su bandi e procedure di gara riguardanti gli appalti dell’Expo milanese: il Magistrato Cantone è stato scelto per seguire i lavori della rassegna internazionale, mentre avanza l’ombra di una nuova “Tangentopoli”
di Guglielmo Sano
È stata definita sin da subito come una “cupola un po’ di destra e un po’ di sinistra”: ne facevano parte vecchi comunisti e vecchi democristiani (noti dai tempi di Tangentopoli) oltre a nuovi affaristi che avevano messo le mani sugli appalti per l’Expo 2015. In manette sono finite 7 persone: gli esponenti della “cupola” condizionavano gli appalti promettendo avanzamenti di carriera, garantiti da importanti coperture politiche; sono ipotizzati i reati di associazione a delinquere e corruzione ma anche quelli di turbativa d’asta e rivelazione e utilizzazione di segreto d’ufficio.
I magistrati incaricati dell’inchiesta – Ilda Boccassini, Claudio Gittardi e Antonio D’Alessio, coordinati dal procuratore Bruti Liberati – parlano di profonde “ramificazioni in diversi settori dell’amministrazione e agganci politici” in tutti gli schieramenti; la struttura in questione era in grado di “avvicinare i pubblici ufficiali” e corromperli. Sempre i magistrati giudicano “sorprendente la disponibilità di rivelare informazioni riservate di Angelo Paris”, quest’ultimo era il direttore della pianificazione acquisti di Expo, adesso è in cella.
Tra gli altri arrestati figurano Gianstefano Frigerio, ex segretario regionale della Dc lombarda poi parlamentare di Forza Italia che negli anni ’90 è stato accusato di aver preso una tangente nell’affare ENEL. Famoso ai tempi di “Mani Pulite” anche il “compagno G” ovvero Primo Greganti, ex Pci e Pds, e l’imprenditore Enrico Maltauro, vincitore di uno degli appalti incriminati. Gli esponenti della Cupola telefonavano (e molto) – a quanto pare anche a Berlusconi, Previti e Gianni Letta – non sapendo che i magistrati fossero in ascolto: secondo gli inquirenti, la “saldatura” tra Frigerio e Greganti, copriva e proteggeva gli affari delle aziende “riconducibili ai partiti”, comprese le “cooperative”, intessendo un giro d’affari di 11 miliardi di euro.
La struttura associativa – riferisce Bruti Liberati – era stata organizzata da Frigerio, Greganti e l’ex senatore Pdl Luigi Grillo (quello dell’inchiesta sulla Banca Popolare di Lodi) che potevano contare sulla partecipazione alle attività illegali di Paris, Maltauro e di Sergio Catozzo (ex Cisl, ex Udc poi berlusconiano). Molti degli incontri, in cui si decideva come “inquinare gli appalti”, si tenevano nella sede dell’Associazione Culturale di Frigerio, intitolata a Tommaso Moro, l’autore di Utopia; “neanche la sua fantasia sarebbe arrivata a tanto” ha detto Bruti Liberati parlando del continuo via vai di personaggi di rilevante peso “politico” nei pressi della sede.
Renzi è stato chiaro e di chiudere l’Expo (ipotesi a cinque stelle) neanche a parlarne. Si arrestino i malfattori dunque, ma che i soldi continuino a girare nel senso di posti di lavoro e investimenti stranieri. Il governo ha dunque messo in campo Raffaele Cantone, che dal 27 Marzo guida l’Autorità Nazionale Anticorruzione, chiedendogli di seguire la supervisione degli appalti insieme ad avvocati, magistrati contabili ed esperti di contratti.
Per prima cosa Cantone ha cestinato l’idea della chiusura dell’Expo, sarebbe una
sconfitta per quella politica che, sempre Cantone, invita a “rialzare la guardia”. “La politica tarda a liberarsi da un diffuso malcostume, non so se si tratta di un fallimento politico, di certo in questi anni si è sbagliato a non lavorare abbastanza sulla prevenzione” ha detto il magistrato che, inoltre, ha rilevato come “un’opinione pubblica distratta” non aiuti a risolvere il problema “corruzione”.
Il fantasma che aleggia, nelle cronache come nelle parole di Cantone, è quello di Tangentopoli; Gherardo Colombo, ex pm di “Mani Pulite” oggi consigliere RAI, ha dichiarato che “dopo 22 anni in Italia non è cambiato nulla”, anche nella prospettiva di Cantone si evidenziano dei parallelismi con lo scandalo che ha affossato la Prima Repubblica – “i partiti hanno grandi responsabilità perché non hanno saputo attrezzarsi con delle regole chiare di finanziamento trasparente. La trasparenza è l’anticorpo più potente nei confronti del malaffare” – e, nello stesso tempo, si portano a galla le differenze col 1992: “lo scenario è indubbiamente cambiato: oggi esistono gruppi di potere o di pressione del tutto autonomi dalla politica, ovvero che rispondono ai partiti ma piuttosto ne influenzano l’attività politica, adesso alcuni manager, invece di essere espressione dei partiti, utilizzano la politica”. Leggi lobby, senza colore e senza bandiera, spinte dall’interesse e dal “mercato”.
Come ogni “grande opera pubblica”, la possibilità che anche l’Expo si trasformasse in una “grande abbuffata” era un rischio, lo si è voluto correre, ma non pochi lo avevano rilevato; ci sono altri dati, comunque poco tranquillizzanti, a proposito della vicenda: questa indagine è una delle numerose costole dell’inchiesta contro le cosche della ‘ndrangheta “infinito crimine”, partita nel 2010 – la lobby più influente d’Italia si chiama criminalità organizzata – basta seguire il filo degli affari criminali per scoprire innumerevoli anomalie; questo dovrebbe aiutare a riflettere.
Le statistiche più recenti dicono che il 10% degli appalti pubblici italiani sono viziati dalla corruzione (3 volte più della Francia, 10 dell’Olanda), nella classifica mondiale della “corruzione percepita” di Transparency International l’Italia si trova al 69esimo posto. L’italia occupa le posizioni di rincalzo, per la percezione della corruzione nelle attività di governo, anche fra i membri Ocse: è ventiduesima su trenta paesi per corruzione nel settore delle public utilities, venticinquesima nella riscossione delle imposte, ventiduesima nel settore giudiziario e ventitreesima per corruzione percepita nei contratti pubblici.
Il Financial Times, nel 2013, non aveva esitato a definire la nuova legge italiana anti-corruzione un “brodino”: la Legge Severino, quella dell’incandidabilità di Berlusconi per capirci, avrà aumentato l’attenzione pubblica ma, di sicuro – di fronte a questo scenario – non è abbastanza.