Daily Fringe #oltreilteatro – X puntata
Il Roma Fringe Festival seguito dagli inviati di Ghigliottina.it, media partner della manifestazione romana
I leoni non si abbracciano
(di Stefania D’Orazio)
La scena è essenziale e vede al centro solo una panca di legno. A terra un uomo, vestito ditutto punto, si alza e si guarda intorno; poi si siede silenzioso. Di lì a poco un secondo uomo si unisce a lui, e insieme cominciano ad aspettare.
Il testo e il suo andamento incalzante riescono a trattenere lo spettatore e a creare una certa suspense, attesa di ciò che sta per accadere o per arrivare. Le domande che i due inizialmente si rivolgono a vicenda, senza mai rispondersi l’un l’altro in modo esauriente, lasciano modo allo spettatore di creare un proprio sottotesto: dove si trovano? Perché sono li? Cosa stanno aspettando?
I due personaggi rappresentano due caratteri completamente distanti, apparentemente incompatibili, due esperienze parallele, che probabilmente in circostanze diverse da quella in cui si trovano si sarebbero incrociate senza sfiorarsi. Qui invece i due sono costretti dagli eventi a conoscersi, a raccontarsi per quanto lo permetta il tempo a loro disposizione, a cercare di fare squadra per farsi forza l’un l’altro, e a superare le proprie distanze per condividere un epilogo comune.
Un terzo uomo, giunto per rompere la loro apparente tranquillità, con un comportamento sprezzante e superbo non fa altro che rendere i due personaggi ancora più uniti.
Abili i due attori protagonisti, Paolo Floris e Daniele Mariani (che curano anche la regia), a far prima divergere e poi convergere i personaggi, che si alternano per ritmi e sonorità vocali. Emozionano con la loro ironia, da una parte cinica, dall’altra ingenua; regalano momenti vicini all’ilarità e alla risata di pancia, e momenti più riflessivi e toccanti.
I leoni non si abbracciano
di Stella Saccà
con Daniele Mariani, Paolo Floris e Fabrizio Colica
regia di Paolo Floris e Daniele Mariani
Ancora in scena, Palco C | venerdì 27 giugno ore 23,30
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La gabbia di carne
(di Stefania D’Orazio)
Una ragazza si trova in quella che ha tutta l’aria di essere una camera d’ospedale, in cui regna il bianco, il lucido, in cui sembra che si respiri alcool etilico, o anestetico.
In questo spazio archetipico in cui si nasce, si soffre e spesso si muore, c’è anche chi sbaglia, chi compie scelte di cui essere felici per sempre o pentirsi per tutta la vita. È proprio su questo che la protagonista del monologo si interroga e si rimprovera: l’audacia di aver voluto osare a tutti costi, illudendosi o sperando di poter raggiungere la perfezione del corpo e forse, di conseguenza, il benessere dell’anima; l’ingenuità di essersi lasciata trasportare dal giudizio e dal consiglio altrui, per uniformarsi a una categoria estetica standard, che vuole tutti belli e tutti miseramente uguali.
La donna che pensava di potersi liberare di un peso eccessivo, ora si trova a contare i tagli infieriti bruscamente sul suo corpo, da chirurghi che hanno poi pagato il suo silenzio per non rischiare di metterci la faccia.
La chirurgia che cambia il corpo, ha ora indelebilmente modificato tutto il suo essere. Le parole spezzate e l’andamento spesso efficacemente monocorde dell’attrice Valentina Ghetti, mette in risalto il dolore soffocato, poi sussurrato, infine addirittura gridato.
Dopo la lacerazione, è tempo di ricucire i pezzi, e cercare di trovare qualcuno che, forse, nella società del benessere e della bellezza di plastica, riuscirà ad andare oltre la percezione sensibile di quel corpo deformato e lasciarsi andare col cuore tra lenzuola di seta.
La gabbia di carne
Di Luca Gaeta
Drammaturgia e Regia di Luca Gaeta, con Valentina Ghetti, disegni di Mirco Marcacci, musica e video di Degene, visual di Daniele Garigliano, costumi di Fabiola Liberati.
Una produzione Marc Produzioni
Ancora in scena: Palco C | 26 giugno, ore 23.30