La Colombia di Santos al tavolo della pace

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Il secondo governo Juan Manuel Santos negozierà la pace con le FARC e l’ELN. Ma l’opposizione sostiene la tolleranza zero

di Sara Gullace

6a00d8341c630a53ef013484bae31a970cDovrà essere il governo della pace. Questo il nodo della campagna elettorale che tre settimane fa ha portato alla rielezione a Presidente della Repubblica Colombiana Juan Manuel Santos, già in carica dal 2010 ed ora al suo secondo mandato.

Pace per la stabilizzazione sociale e per la ripresa economica seguendo il cammino della “Tercera Via”: il modello di governo economico-sociale che Santos ha intrapreso durante il suo primo mandato e che lascia i tradizionali concetti di destra e sinistra, definiti “oramai obsoleti e lontani dalla contemporaneità”, per realizzare, invece, un incontro tra mercato e Stato. Sviluppo di un mercato libero congiuntamente privato e statale. Una formula, secondo Santos, già vincente nei suoi primi quattro anni di gestione con una crescita del 5% dell’economia interna.

Parlare di pace, in Colombia, significa fronteggiare una guerra interna: la Guerriglia, che dura da quasi sessant’anni ad ha già causato 220 mila morti. Il governo fronteggia da un lato le Forze Armate Rivoluzionarie Colombiane (FARC) e dall’altro l’Esercito di Liberazione Nazionale (ELN). La tensione più nota e più annosa è quella con le FARC: il predecessore Uribe aveva inasprito i rapporti con i guerriglieri e Santos, all’epoca ministro della Difesa, aveva contribuito alla strategia di tensione.

In carica dal 2010, Santos ha iniziato un percorso inverso: dal 2012 ha aperto il dialogo per raggiungere la fine delle ostilità. L’anno successivo, nell’estate del 2013, iniziavano le trattative di pace anche con l’ELN, perché “il conflitto è unico – spiega il Presidente Colombiano – ed unico sarà il processo di pace” – anche se arriverà con tempistiche diverse e in momenti diversi. Non ci sarà un solo “tavolo della pace”, quindi.

Ma gli obiettivi da raggiungere saranno i medesimi: disarmo e risarcimento delle vittime, in primo luogo. Il secondo punto è di importanza fondamentale, anche in vista del consenso nei confronti del Presidente che ha assicurato che nessun delitto per mano della guerriglia rimarrà impunito. Nelle ultime settimane ci sono stati sviluppi importanti in quest’ottica: le FARC, infatti, hanno riconosciuto per la prima volta il loro ruolo nella morte di centinaia di migliaia di persone. Una commissione appositamente costituita avrà il compito di stabilire i delitti commessi e come risarcire le vittime.

Altro punto di accordo già raggiunto con le FARC è il tema del narcotraffico, argomento di rilievo internazionale: i guerriglieri si sono impegnati ad abbandonare l’attività illegale una volta completato il piano di fine ostilità. L’integrazione dei guerriglieri nella “vita civile” diventa una questione chiave della strategia. A pochi giorni dalla rielezione di Santos, la Guerriglia, nei suoi portavoce, si è dichiarata “moderatamente ottimista per la promessa di integrazione sociale ed investimento nel settore dell’educazione” promessi da Santos durante la campagna elettorale.

La negoziazione di pace è anche strategica per stringere i legami con le grandi potenze, soprattutto gli Stati Uniti. L’avvicinamento si giocherà sul piano economico, il governo Obama investirà 68 milioni di dollari per aiutare la Colombia a restituire le terre espropriate dalla guerriglia e dai conflitti paramilitari, e su quello politico, con l’agevolazione dei visti per i cittadini colombiani.

La politica di Santos crea consenso interno ed esterno, quindi; ma non rappresenta ancora la volontà unanime degli elettori: 7 milioni di persone avevano votato per Oscar Ivan Zuluaga, scegliendo la tolleranza zero verso la guerriglia. Il timore più grande, tra gli oppositori, è che la strategia di pace dimentichi le vittime abbandonandole a loro stesse in nome della stabilità politica e del consenso esterno.

La negoziazione della pace non è l’unico aspetto che dovrà fronteggiare il secondo governo Santos. La Colombia ha bisogno di riforme sociali per diminuire una diseguaglianza ancora forte tra classi sociali. Così come è stata promessa nuova spinta all’economia attraverso piani fiscali, riduzione dell’inflazione e spesa pubblica mirata.

In agenda sono previste anche riforme politiche: le più urgenti sembrano essere l’eliminazione della rielezione a Presidente (riforma che, comunque, non coinvolgerebbe lo stesso Santos) e l’ampliamento del periodo dell’incarico. Il primo punto ha già ricevuto consenso diffuso tra le diverse correnti mettendo d’accordo Unità Nazionale, Partito Liberale e Polo, mentre c’è più incertezza sull’opportunità di prolungare a cinque o sei anni il mandato presidenziale.

La seconda volta di Santos, comunque, dovrà essere quella risolutiva.

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