Israele e la legge del taglione
La morte dei tre ragazzi israeliani sequestrati il 12 giugno, è divenuto motivo di odio ancor più profondo tra Israele e Palestina. Si teme il grido “E guerra sia”
di Martina Martelloni
Il lutto internazionale, simbolo di solidarietà nei riguardi di Israele dopo la perdita di tre giovani concittadini, prosegue ora con la morte di un’altra anima, questa volta palestinese – anche lui con troppi pochi anni per poter perdere la vita. È così che accade quando due popoli ostili tra loro nella Storia, così come nel presente, subiscono colpi indelebili sulla pelle.
La radio militare di Israele ha riferito al Mondo la morte del giovane ragazzo della Palestina, ritrovato in un bosco di Gerusalemme. Un omicidio vendicativo, si è subito pensato poi detto e siglato da parte di rabbiosi ultrà ebrei che avrebbero afferrato la vittima di soli 17 anni in un momento di ritiro spirituale, Muhammad Husein Abu Khodair stava pregando nella sua Moschea.
Al diffondersi della notizia, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha definito il disumano atto come “sgradevole omicidio” – un premier che nella notte tra lunedì e martedì ha alzato il pollice per una serie di attacchi militari nella striscia di Gaza come ritorsione al ritrovamento dei corpi di Naftali Frenkel, Gilad Shaar e Eyal Yifrach.
Martedì 1 luglio si sono svolti i funerali in un clima di alta sofferenza e tensione al medesimo livello. Il premier Netanyahu, che fin da subito ha accusato Hamas come colpevole guida del rapimento e morte dei tre ragazzi, ha ribadito in sede di lutto quanto sia doveroso far pagare chi è responsabile dell’accaduto. L’organizzazione palestinese Hamas, da parte sua, non ha mai rivendicato il sequestro, eppure non sono mancate parole di elogio sui drammatici fatti.
Khaled Meshaal, uno dei leader del movimento, si è spinto oltre i limiti proponendo operazioni simili da parte di gruppi di palestinesi. Nonostante dunque non ci siano ancora ufficiali prese di posizioni e responsabilità, Hamas non sembra aver totalmente sdegnato la morte dei tre giovani della Cisgiordania.
Una prima e vitale distinzione, però, va delineata tra ciò che rappresenta ed è Hamas rispetto alla Palestina ed al suo popolo. Hamas significa letteralmente “Movimento Islamico di resistenza” ed agisce dal 1987 con il fine ultimo di rimuovere lo Stato di Israele e l’istituzione di uno Stato Islamico Palestinese. L’organizzazione ha carattere politico e paramilitare ma negli anni non sono stati estranei in atti terroristici contro esercito israeliano e popolazione civile.
Attualmente Hamas detiene il controllo della Striscia di Gaza, e questo spiega in parte gli attacchi raffica israelaini dei giorni trascorsi, la restante area che spetta di fatto e di diritto alla Palestina è invece presieduta dall’ANP con presidente Abu Mazen – colui che negli ultimi anni si è reso principale interlocutore con i paesi occidentali.
Tornando ai fatti di morte che coinvolgono entrambe le parti, le autorità israeliane avrebbero identificato due uomini come responsabili del triplice omicidio, i nomi sarebbero riconducibili a due militanti di Hamas; Marwan Qawasmeh e Amar Abu Aisha. Sul loro coinvolgimento, la loro azione guidata, manipolata o se puramente personale, non è ancora cosa chiara e limpida alle autorità.
Il timore prevalente è che ora ci sia una guerra dichiarata ed incondizionata. Il dibattito che ha infiammato il Gabinetto di Sicurezza convocato da Benyamin Netanyahu nella notte conseguente alla fatale notizia dei giovani israeliani, è stato nuovamente riaggiornato nella serata di martedì 2 luglio. Tra i presenti protagonisti, la ricerca di una comune politica d’azione risulta essere complessa considerando le ali più estremiste appartenenti ai rami dell’esercito e al movimento dei coloni.
Più riflessiva e cauta è la posizione del ministro della Difesa Moshe Yaalon che considera eccessivamente pericolose le idee di pena di morte per i terroristi condannati per omicidio dai tribunali militari.
Il quadro tutt’ora in fase di dipinto, mostra sempre più colori tendenti alla distruzione e all’odio. Diversi scontri si sono susseguiti tra palestinesi e polizia, e sono già salite a numero 3 le vittime palestinesi uccise in 24 ore tra raid israeliani e irrazionale cieca contro la popolazione.