Confessioni di un burattino senza fili: uno spettacolo non tradizionale
Al Teatro dei Conciatori di Roma il primo capitolo di una trilogia sulla vita, le avventure e le disavventure di un attore qualunque. Stasera alle 21 il secondo capitolo, #ALTROKESUPERMAN
di Chiara Girardi
“Ora comincia lo spettacolo: uno spettacolo bello, con le luci, la scenografia, un vero attore che parla in dizione perfetta, un pianista – che se poi suona la chitarra va bene lo stesso – e un vero cantante”. Questa è la frase che preannuncia l’inizio ma che si ripete così tante volte da sembrare una bugia.
E in fondo lo è, perché questo non è uno spettacolo tradizionale, con un prologo, uno svolgimento e un epilogo, non ha una vera e propria apertura tanto che si arriva alla fine con la voglia di rincominciare, di ripartire da quell’uomo in pinocchietti e giacca che all’inizio è lì ad aspettarti, a salutarti, ad aiutarti nello spegnere il telefonino e che per tutta l’ora si confessa con un sacerdote – un chitarrista rockettaro con tanto di piercing e tatuaggi – ma soprattutto si confessa con noi.
Anche se afferma di mentire sempre un paio di volte prima di dire la verità – così per abituarsi e sviluppare creatività ed intelligenza, non certo per cattiveria – il nostro Pinocchio è in realtà di una sincerità disarmante.
Parla, canta, prende in giro il pubblico, fa ridere e commuovere questo burattino senza fili, che nella sua ricerca di libertà insegue la possibilità di realizzare i propri sogni, i sogni di un mestiere come quello del teatro in cui si devono superare ostacoli e pregiudizi, ma che racchiude in sé un grande potere, quello di avere a che fare con l’amore.
Ed è così che Pinocchio è preso da esempio, con la sua vita da diverso, di scelte sbagliate, burattino tra gli uomini, sempre in cerca di libertà e umanità; Geppetto vuole farne un bellissimo burattino, ma non è lui il protagonista della storia.
Il testo porta lo spettatore a guardarsi dentro, lo incoraggia a non aver paura, a fare le proprie scelte con convinzione e passione, perché la felicità non viene dall’esterno ma è dentro di noi.
Gli attori affiatati e generosi distruggono di continuo la quarta parete per farti salire con loro sulla scena – a volte anche letteralmente. La regia è azzeccata, silenziosa e molto a servizio degli attori, rendendo tutto naturale e sincero come una confessione dovrebbe essere.
Il finale di questo primo capitolo della trilogia ti lascia con una piccola malinconia ma con una grande speranza: “In fondo cos’è il dolore in confronto alla bellezza della vita?”.
E io risponderei: “Nulla in confronto alla bellezza dell’arte!”.
Confessioni di un burattino senza fili
di Luca Gaeta e Salvatore Rancatore
Regia: Luca Gaeta
Con: Salvatore Rancatore e Fefo Forconi
Musica Live: Fefo Forconi
Organizzazione: Lidia Varsalona e Paolo Longo
Grafica: Carlo Vignapiano
una produzione Cortocircuito & Kill The Pig