Riforma terzo settore: numeri e novità
Impresa sociale, servizio civile e 5 per mille: questi sono i tre punti fondamentali del disegno di legge del terzo settore. Il Governo ha sei mesi di tempo per varare i decreti delegati con un pesante nodo da sciogliere: la copertura finanziaria
di Francesca Giuliani
Il terzo settore si colloca tra Stato e mercato, ad esso appartengono soggetti o enti di natura privatistica ma volti alla produzione di beni e servizi di natura pubblica. In esso rientrano le categorie di volontariato, le associazioni di promozione sociale e le fondazioni che hanno come criterio di base l’assenza di finalità di lucro.
È stato l’unico settore a non essere toccato dalla crisi economica, anzi, il “no profit” ha visto crescere le unità attive (+28%) e gli addetti (+34,4%). Anche i volontari sono aumentati (+43,5%) e il contributo al PIL nazionale è stato pari al +3,4%. Un settore in netta crescita, visto anche che il 41% delle offerte di lavoro totali arrivano proprio da qui.
Il DdL si pone come obiettivo una vera rivoluzione dell’organizzazione e del finanziamento del terzo settore, tant’è che il testo prodotto finora è lungo e articolato, sviluppatosi attraverso 7 articoli. Vediamo i tre principali filoni di riforma che sono la definizione di impresa sociale, di servizio civile e l’articolazione del 5 per mille.
In primo luogo viene rivisto il decreto legislativo 155 del 2006, relativo all’impresa sociale. Il problema che il DdL si pone di risolvere riguarda il sistema di incentivi fiscali, fino ad oggi praticamente assenti, grazie ad un sistema di raccolta di capitale per mezzo dei Social Impact Bond. Questo strumento, piuttosto recente ed innovativo, prevede che “enti privati forniscano il capitale iniziale per la gestione di progetti sociali di natura preventiva, dietro garanzia da parte di uno o più enti pubblici di elargire, come remunerazione sul capitale investito, parte dei risparmi generati per le casse pubbliche dal successo dei progetti stessi” (fonte sito ufficiale SIB). Ovviamente “la remunerazione avviene solo se i programmi raggiungono obiettivi sociali prefissati“, in maniera tale che si evitino giri di denaro riciclato e che privati possano trarre profitto indipendentemente dai risultati del progetto finanziato.
Il secondo intervento riguarda la modifica del servizio civile, nato nel 2001 con la legge 64. Questa norma prevedeva l’accesso ai ragazzi di età compresa tra i 18 e i 28 anni, con un compenso totale previsto di 433,80€ netti. Una fonte “sicura” di guadagno per i 12 mesi di durata del servizio ed una vera propria ancora di salvezza per i molti giovani in cerca di un’occupazione: si stima, infatti, che negli ultimi 12 anni abbiano partecipato 298 mila ragazzi.
Gli interventi di modifica previsti dal Ddl sono molti e contenuti all’interno dell’articolo 5. L’obiettivo principale del Governo è quello di favorire l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro terminato il periodo di lavoro volontario. Per raggiungere questo scopo, il disegno di legge prevede di intervenire su due fronti: innanzitutto chiarendo e modificando “la definizione dello status giuridico dei giovani ammessi al servizio civile” e il relativo “riconoscimento e valorizzazione delle competenze acquisite da questa esperienza”; in secondo luogo i volontari potranno prestare servizio anche in uno dei paesi dell’U.E. e si darà la possibilità agli stranieri di fare domanda per il Servizio Civile Nazionale che avrà un meccanismo di programmazione triennale.
Ultimo nodo cruciale della riforma riguarda il 5 per mille. Il Governo mira al riordino delle regole fiscali sugli enti del no profit, cercando di fare chiarezza sulle associazioni che possono beneficiare di questo aiuto economico venuto da una quota dell’imposta IRPEF obbligatoria. Facendo una distinzione con l’8 per mille, che i contribuenti donano volontariamente scegliendo tra Stato o le varie confessioni religiose, il 5 per mille viene destinato unicamente a quelle associazioni a finalità di interesse sociale.
Insomma, il disegno di legge approvato il 10 luglio punta ad un grosso cambiamento del terzo settore, sintomo che il Governo ci stai avviando verso un modello sociale tripolare.
Problematica strutturale rilevante è la necessità di un contratto di lavoro unico, come emerso dalla piattaforma on-line di consultazione pubblica istituita dal Governo il 13 giugno. Gli esperti del settore richiedono a gran voce garanzie, rivendicando i 681 mila lavoratori esterni e i quasi 5 mila lavoratori temporanei. Si richiede lo snellimento dell’impianto normativo e una minor ingerenza dell’apparato pubblico.
Ultimo, ma non meno importante nodo da sciogliere sono le coperture finanziarie: è stato previsto un primo stanziamento di circa 300 milioni, ma la cifra stimata dalle associazioni di categoria è ben superiore: si parla di circa 1,5 miliardi di euro.
(fonte immagine: terzosettore.provincia.siena.it)