La TAP e l’affare Azerbaijan
In Italia si parla sempre di più dell’ex territorio sovietico e se ne diffonde la caratteristica geografica sul Mar Caspio, fonte di gas, origine di un progetto strategico siglato tra i due Paesi. Oltre che sorprendere, la TAP fa anche e soprattutto discutere
di Martina Martelloni
Trans Adriatic Pipeline, un gasdotto ideato per tenere strette le mani azere a quelle italiane rallentando la morsa di Mosca su quella che oramai è una storica e insostenibile dipendenza energetica. Direttamente dai fondali del Mar Caspio, il gas firmato Tblisi attraverserà tutto il territorio turco tagliandolo in due metà perfette fino a raggiungere la Grecia, per poi gettarsi nel mare fino a toccare le coste pugliesi di San Foca, come previsto dai disegni architettonici della compagnia di Stato petrolifera azera Socar – strettamente spalleggiata dall’anglomaericana BP (entrambe detengono un tondo 20% dell’azionariato).
Rifornire l’Italia tutta e l’inglobante continente Europa: questo è sostanzialmente il fine ultimo dello scambio inter-statale con l’Azerbaijan del presidente Ilham Alijev, colui che la scorsa settimana è giunto in visita ufficiale a Roma per incontrare le alte cariche istituzionali nostrane.
Tra vari saluti formali ed inchini diplomatici, l’appuntamento più atteso e curioso è stato quello con il presidente del consiglio Matteo Renzi. Tra i due uomini di potere si è instaurata un’intesa economica tesa a consolidare i già presenti accordi commerciali e culturali tra i due Paesi.
Il gasdotto TAP è stato indubbiamente argomento da tavolo riunione, anche se sui dettagli della discussione nulla è trapelato e neppure diffuso dai rispettivi arsenali stampa dei due presidenti.
La questione energetica resta centrale, considerando che la Trans Adriatic Pipeline apporta sicuramente rifornimenti di idrocarburi indispensabili per la (energicamente parlando) misera Italia – ma è anche motivo di scontro politico e sociale, economico ed ambientale. Nelle tante realtà locali della regione Puglia si dibatte da anni sulla reale necessità di far approdare un progetto dall’alto finanziamento economico e contingentamento di gas (circa 10 mld di metri cubi) che, tuttavia, incrementerebbe la già alta percentuale di malessere ambientale.
Così, tanti sono i cittadini e i sindaci che fanno propaganda di contrarietà aderendo ai comitati No Tap – soprattutto laddove la polemica è rovente. San Foca chiede a gran voce a istituzioni e parti politiche di promuovere soluzioni alternative – nonché la ricerca di altri siti cui far approdare il gasdotto.
Sfogliando le pagine web del sito ufficiale dedicato alla pipeline, si apprende grande rassicurazione ed entusiasmo rispetto a quelle che saranno le prospettive future conseguenti alla diversificazione delle risorse energetiche europee con l’avvio della TAP, si apprende circa l’inesistente impatto ambientale, si apprende del fiorire di collaborazioni lavorative rivolte ad imprese e professionisti vogliosi di partecipare alla realizzazione dell’infrastruttura energetica.
L’estrema positività che trapela dal sito TAP si riassume in un elenco di quelli che vengono elevati a vantaggi per i Paesi coinvolti ed attraversati dal gasdotto:
– Contributo diretto al Prodotto Interno Lordo (PIL) attraverso il gettito fiscale. (NB: in linea con le normative europee in materia di energia, TAP non pagherà i diritti di transito nei Paesi attraversati);
– Occupazione diretta e indiretta durante l’esecuzione dei lavori e l’esercizio;
– Acquisto di beni e servizi attraverso fornitori eleggibili, in linea con i requisiti richiesti;
– Programmi di potenziamento delle capacità: nuove competenze per aziende e lavoratori;
– Investimento sociale e ambientale: programmi di investimento sul territorio;
– Miglioramento delle infrastrutture locali, come strade di accesso e ponti in Albania;
– Rilancio dei Paesi attraversati quali snodi energetici;
La strada è lunga e non poco insidiosa per il decisivo taglio del nastro innaugurativo. La TAP inizierà ad avere forma e sostanza con l’avvio delle attività previsto nel 2015 – al quale seguiranno almeno altri tre anni di costanti lavori.
Un’Italia che sgomita e mira a guadagnarsi il primato di principale partner commerciale della Repubblica Azera, un governo Renzi che ha sostanzialmente ripreso le linee guida della politica Letta già orientata a stringere i tempi per la costruzione della TAP ma anche per la sottoscrizione di memorandum di cooperazion economica.
Nel vantare rapporti di amicizia, ci si dimentica però di quanto sia attualmente esistente e irrisolta una tesa contesa interna alla geopolitica dell’Azerbaijan: il Nagorno karaback è un territorio da anni combattuto con la vicina Armenia – che vede una guerra congelata monitorata dall’Unione Europea e dall’OSCE. Entrambi gli enti sovranazionali tengono una posizione consolidata fatta di neutrale coinvolgimento e mirata dilomazia risolutiva.
La precaria stabilità tra Armenia ed Azerbaijan non è cosa da sottovalutare e neppure da porre nel cassetto del “far finta di niente” – comportamento questo assunto dall’Italia che non ha tuttavia manifestato ferrea opinione sull’ambigua vicenda ponendo sotto la lente l’ambizioso progetto strategico, egocentrismo di entrambi i governi coinvolti.
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[…] [di Martina Martelloni su Ghigliottina] […]