Violenze senza frontiere
Non ci sono confini geografici, culturali o religiosi che tengano: gli abusi e le violenze sui minori continuano a essere una tragica realtà. L’ultimo rapporto della Nazioni Unite fa il quadro della situazione mondiale
di Guglielmo Sano
Secondo l’ultimo rapporto dell’Onu sugli abusi nei confronti dei minori, curato dalla studiosa italiana Claudia Cappa e intitolato “Hidden in plain sight”, 120 milioni di donne nel mondo hanno subito delle violenze prima dei 20 anni di età. Il report è stato redatto raccogliendo dati provenienti da 190 paesi: non esistono barriere di nessun tipo alla violenza dilagante contro i bambini. Nel solo 2012 ne sono morti 95mila, una vittima di omicidio su 5 ha meno di 20 anni, molte di più risultano vittime di atti violenti – oltre che di abusi fisici e psicologici.
“La maggioranza degli abusi avviene dove i bambini dovrebbero sentirsi al sicuro, a casa, a scuola, nelle comunità, spesso sono vittime dei loro stessi familiari, dei propri professori, degli altri bambini” riferisce Anthony Lake, direttore generale dell’Unicef. 6 bambini su 10 sotto i 14 anni subiscono punizioni corporali quotidiane da parte dei propri genitori. Una ragazza su 3, di età compresa tra i 15 e i 19 anni, è stata vittima di violenze fisiche, sessuali o emotive da parte del proprio partner o marito (126 milioni di donne “giustificano” tale comportamento). Nel Mondo più di un ragazzo (13-15 anni) su 3 è vittima di atti di “bullismo”.
Questi dati sono particolarmente evidenti in paesi come Congo, Guinea Equatoriale, Uganda, Tanzania e Zimbabwe. Tuttavia non passa inosservata la gravità della situazione occidentale ed europea in particolare. Nel Vecchio Continente un minore su 5 è vittima di abusi che, nel 85-90% dei casi, hanno come autore un parente stretto o qualcuno che gode della massima fiducia da parte dei genitori (dati diffusi dall’Unicef durante la “Giornata internazionale delle bambine e delle ragazze” del 2013).
Secondo i dati raccolti dal Parenting Across Cultures Project del 2009, che ha compiuto uno studio sulle punizioni corporali inferte ai bambini (7-10 anni), in Gran Bretagna circa il 42% dei genitori intervistati ha ammesso di aver punito fisicamente i propri figli. In Francia l’87% ha ammesso di utilizzare forme di punizione “brusche”. In Italia la percentuale di famiglie che ricorre alle punizioni corporali supera il 50 per cento, con dati più contenuti per le punizioni “severe”. Anche negli Stati Uniti le punizioni corporali sono molto diffuse; i bambini di sesso maschile, sempre dati raccolti del 2009, sono maggiormente esposti rispetto alle bambine.
In molti paesi gli abusi sono sostanzialmente ignorati dalla legge – solo 39 i paesi che garantiscono protezione legale ai bambini vittime di violenze corporali – e socialmente accettati, non considerati abusi spesso anche dalle vittime: nel mondo almeno tre adulti su dieci pensano che “le punizioni fisiche siano necessarie per tirare su un bambino nel modo migliore”. Come precisa Anthony Lake “la violenza contro i bambini è così estesa e radicata nelle società, che spesso non è vista, è considerata la norma”.
Secondo il report la violenza sessuale è tra le esperienze che maggiormente influenza un bambino o un adolescente: “gli effetti durano una vita intera […] la violenza è ereditaria, viene passata di generazione in generazione”. La violenza sessuale contro i minori non consiste solo in rapporti sessuali forzati, anche l’esposizione a immagini pornografiche o la ripresa dei genitali allo scopo di ritenere o divulgare materiale pedopornografico causa danni che vanno oltre quelli fisici (tra i quali anche possibilità di contrarre l’HIV, precoci gravidanze indesiderate, etc…).
Anoressia, bulimia ma anche depressione e attacchi di panico sono reazioni comuni tra i ragazzi e le ragazze che subiscono violenze in tenera età. Molto diffusi anche i casi di suicidio dovuti al senso vergogna. Chi è vittima di abusi sessuali incontra sicuramente grosse difficoltà di relazione con gli altri, soprattutto se il predatore era un parente o una persona “fidata”: secondo il rapporto è comune che, una vittima di abusi, in età adulta sia più propenso a commettere crimini violenti e/o essere dipendente da alcol e stupefacenti.
“Questa violenza si può prevenire, se ci rifiutiamo di farla rimanere nell’ombra – ha precisato a margine della presentazione del rapporto Anthony Lake – i risultati del rapporto ci obbligano ad agire, per il bene di ogni singolo bambino e per il futuro delle società in tutto il mondo”.