I bambini della crisi
L’età della spensieratezza esiste ancora? Al Nord come al Sud, aumenta sempre di più il numero dei bambini che vivono in condizioni di “povertà assoluta”. L’infanzia oggi è stretta nella morsa della crisi, mentre crescono in fretta gli esclusi di domani
di Guglielmo Sano
In Europa sono circa 27 milioni i bambini a rischio povertà ed esclusione sociale. Il numero è cresciuto di 1 milione in 4 anni – dal 2008 al 2012 – e di mezzo milione in un solo anno – dal 2011 al 2012. I dati riguardano l’Unione Europea a 28 Stati: dati sbalorditivi anche dai paesi nordici, tradizionalmente più egualitari degli altri.
Dalla Norvegia, alla Svezia, dalla Finlandia alla Germania passando per Danimarca, Islanda, Svizzera e Repubblica Ceca: tra il 12 e il 19% dei minori è a rischio povertà. Grecia, Ungheria e Lettonia si attestano tra il 35 e il 41%, Romania e Bulgaria addirittura al 52%. Preoccupa l’Italia con una percentuale del 33,8%. E dire che l’Unione Europea prevedeva di affrancare da povertà ed esclusione sociale 20 milioni di individui entro il 2020.
Questi dati sono stati diffusi da Save The Children a metà Aprile 2014, in prossimità delle ultime elezioni europee. Risulta chiaro che la crisi economica cominciata nel 2008, e tuttora in atto, si è abbattuta violentemente su bambini e adolescenti.
A pesare in particolare è stato l’alleggerimento dei servizi di welfare e le condizioni economiche familiari: “i figli di quelli che hanno una bassa intensità lavorativa sono esposti il 56,7% in più al rischio di povertà o esclusione sociale rispetto a chi è figlio di genitori con un’intensità lavorativa più elevata – avvertiva Valerio Neri, direttore di Save The Children Italia, a margine della presentazione del rapporto “Povertà ed esclusione sociale minorile in Europa – In gioco i diritti dei bambini” – sul fronte del welfare solo meno della metà dei Paesi europei, tra cui non figura l’Italia, hanno reso disponibili i servizi per l’infanzia ad almeno 1/3 della popolazione sotto i 3 anni entro il 2010, come stabilito dagli obiettivi condivisi”.
In Italia, Save The Children ha stimato che dal 2007 al 2012 i minori in povertà assoluta sono più che raddoppiati, passando da meno di 500 mila a più di un milione. Solo nel 2012 il loro numero è cresciuto del 30% rispetto all’anno precedente, con un vero e proprio boom al Nord (166 mila minori in più, incremento del 43% dal 2011) e al Centro (più 41%). Il Sud ha conosciuto un aumento relativamente più contenuto (20% in più) e raggiunto la quota di mezzo milione di minori in condizioni di povertà.
“Il reddito dei nuclei familiari è una delle principali discriminanti rispetto al rischio di povertà minorile”: l’11% dei nuclei familiari in Europa destina più del 40% del reddito all’abitazione – il 38% delle famiglie in Grecia, seguita da Spagna, Romania, Bulgaria, Ungheria, Olanda, Germania e Portogallo, l’Italia è appena sotto la media, con il 10,7% – tuttavia quasi 2 bambini europei su 5, 1 su 4 in Italia, vivono in condizioni abitative inadeguate.
Da quanto emerge dal rapporto “L’Italia Sottosopra – 4° Atlante dell’infanzia (a rischio) in Italia”, curato sempre da Save The Children, il 22,2% di ragazzini è in sovrappeso, il 10,6% è obeso: il cibo buono costa e le famiglie con figli hanno ridotto i consumi alimentari di circa 138 euro al mese, il doppio rispetto alle altre famiglie. Inoltre 1 bambino su 3 non può permettersi un apparecchio per i denti.
“Studi autorevoli confermano la stretta relazione fra i bassi livelli di istruzione delle madri e degli stessi ragazzi e l’insorgenza di alcune patologie come l’obesità. Al crescere dell’istruzione da parte delle madri aumenta il loro grado di consapevolezza sul reale stato di salute dei figli e ciò costituisce un fattore importante di prevenzione e riduzione del rischio” riferisce Raffaella Milano, direttore dei programmi Italia-Europa di Save The Children Italia, citata da La Repubblica.
Infatti “la povertà non è soltanto mancanza di denaro, è una realtà multidimensionale” – oltre alla mancata soddisfazione dei bisogni di base come l’abitazione, il vestiario e l’alimentazione – esiste una relazione diretta “tra l’esclusione sociale e l’inaccessibilità ai servizi per l’infanzia o ad un’educazione adeguata”, prosegue ancora Valerio Neri.
Per libri e scuola le famiglie italiane più disagiate con minori hanno 11 euro mensili di budget, cifra 20 volte inferiore a quella del 10% delle famiglie più ricche; sui 24 paesi Ocse, l’Italia, è ultima per competenze linguistiche e matematiche nella popolazione tra i 16 e i 64 anni e per investimenti in istruzione: +0,5% a fronte di un aumento medio del 62% negli altri paesi europei (Ocse). La percentuale di minori a rischio povertà o esclusione sociale nei Paesi UE (esclusa la Croazia), è cresciuta dal 55.3% al 61% per i bambini figli di genitori con un basso livello di istruzione.
Il 13% degli adolescenti europei abbandona la scuola dopo la secondaria di primo grado e non partecipa più ad alcun percorso formativo, una percentuale che raggiunge il 17,6% in Italia, sono 758.000 gli early school leavers. Questi ultimi molto probabilmente andranno ad accrescere il numero di disoccupati che, nel luglio 2013, hanno raggiunto la cifra record di oltre 1 milione di under 30 e la spaventosa percentuale del 41,2% fra i 15-24enni.