Cinema: nelle sale italiane arrivano i ribelli di “Posh”

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Spinto dal trend topic #PoshCastInItaly, da giovedì ecco Posh, film con le teen star Sam Claflin, Douglas Booth e Max Irons su uno storico club universitario di Oxford e i suoi eccessi, tra sballo e violenza

di Giulia Marras

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(fonte immagine: teaser-trailer.com)

Esce il 25 settembre nei cinema italiani Posh, nuovo film della regista danese Lone Scherfig, in anticipo rispetto all’uscita prevista a novembre.L’emergenza è stata “dettata” dal trend topic #PoshCastInItaly su Twitter, creato grazie a una solida fanbase degli attori protagonisti, tutti giovani (e belli) emergenti sulla cresta dell’onda per titoli come The Hunger Games (Sam Claflin), Romeo&Juliet (Douglas Booth) e The Host (Max Irons, figlio del celebre Jeremy).

Presentato al Toronto Film Festival, Posh (di cui il titolo originale è The Riot Club, e ancora una volta rimane incomprensibile la scelta del cambiamento per la versione italiana) è l’adattamento cinematografico della pièce teatrale omonima rappresentata con successo al Royal Court di Londra, scritta da Laura Wade, che ha sceneggiato anche il film. “The Riot Club” si ispira alle storiche associazioni studentesche delle università anglosassoni come Oxford e Cambridge, corrispettive delle confraternite dei college americani: in questo caso siamo a Oxford, e il club di diretta ispirazione sembra essere il Bullingdon, fondato addirittura nel XVIII secolo, principalmente come incontro di privilegiati giocatori universitari di cricket e dopo come sfogo esuberante dei loro edonismi.

Il film si svolge attorno a una delle cene estreme dei ricchissimi dieci eletti che compongono il club, ognuno tratteggiato con una sua precisa personalità ma ben lontani da avere una reale forza caratteriale e quindi un riscontro emotivo sullo spettatore. Sono “ricchi, arroganti, viziati e spietati” come suggerisce il payoff, e questo deve bastare a definirli: non bastano le specificazioni a renderli particolari e amabili (l’omosessuale, il buono, il cattivissimo, il pagliaccio, il timido). Sono innanzitutto un gruppo, utile al film per operare un contrasto tra classi e ruoli di potere economici e sociali.

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(fonte immagine: flicksandbits.com)

Il Riot Club, originariamente nato per ribellarsi alla rigidità dell’ambiente universitario, diviene ai giorni d’oggi una pura legittimazione per rampolli figli di papà, prescelti tramite le classiche prove di iniziazione, per esercitare il proprio diritto a ubriacarsi, drogarsi e sottomettere la città ai propri istinti di distruzione. E saranno gli stessi prescelti che andranno poi a ricoprire alte funzioni e posti di lavoro importanti al governo, nelle banche, o nei tribunali. Il loro è un comportamento assomiglia tantissimo a certe vite nascoste di alcuni politici oggi.

Nonostante quindi voglia emergere una certa critica verso l’adolescenza annoiata e violenta simile a quella di Funny Games di Haneke o Arancia Meccanica (anche se parlavano di ceti opposti), l’obiettivo è completamente mancato a causa della piattezza e banalità della sceneggiatura (“Io sono stufo marcio delle persone povere”) che manda a benedire l’interessante struttura dell’ “ultima cena” centrale, con un prologo e un epilogo completamente scoordina(n)ti.

La regia è invece perfetta, perfino troppo, da risultare infine ridondante e inutile: d’altronde la Scherfig, danese, autrice di uno dei film Dogma95 Italian for Beginners, si è progressivamente inglesizzata prima, con i buonissimi Wilbur Wants To Kill Himself e Just Like Home, poi americanizzata (stilisticamente) con le super produzioni An Education e One Day, e infine con questo Posh, con le quali perde definitivamente il tocco personale, intimo e delicato, dei suoi primi lavori.

Posh poteva essere un buon prodotto sovversivo all’interno dello stesso panorama dei teen movies ma gioca troppo sul fascino esercitato dal club e dai suoi membri, andando a scardinare la sua stessa morale, e per questo non riesce a esserlo.

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