Rigore finlandese o flessibilità francese?
Il neo Presidente della Commissione europea Juncker riuscirà davvero a non scontentare la cancelliera teutonica, il giovane Presidente del Consiglio italiano e il sempre meno amato inquilino dell’Eliseo? O si prospettano anni di battaglie tra fondamentalisti del rigore e anarchici della flessibilità?
Dopo giorni di incontri pubblici, discussioni e trattative private Jean-Claude Juncker ha finalmente presentato la propria squadra di governo dell’Unione Europea. Con una novità di rilievo: i commissari supervisori o “super commissari”.
Non bastavano le complicate procedure per presentare la rosa di candidati e per eleggerli. Juncker ha pensato bene di creare una nuova tipologia di Commissari: un nuovo livello decisionale (e quindi burocratico) nella ragnatela europea.
I nuovi supervisori o “commissari dei commissari” sono i sette vicepresidenti della Commissione europea e avranno potere di veto sulle iniziative degli altri commissari sotto di loro.
Juncker, costretto a far quadrare il cerchio delle richieste, ha pensato di risolvere così il problema delle nomine europee. Un moderno, quanto discutibile, uovo di colombo politico per soddisfare le richieste dei grandi partiti del Parlamento europeo.
Il numero uno della UE ha scelto quindi come Commissario europeo per gli Affari economici Pierre Moscovici, ex ministro francese dell’Economia, disposto a parlare di flessibilità dei conti, voluto da Matteo Renzi e dal PSE intero.
Juncker ha nominato poi a capo di Moscovici il finlandese Jirky Katainein del PPE, scelto da tempo da Angela Merkel per il suo approccio rigido e inflessibile nella visione dei conti dell’Unione Europea.
Come si vede dalle immagini divulgate dalla stessa Commissione sotto il neo vicepresidente Katainein ci sarebbe proprio il commissario all’economia Moscovici ma anche numerosi altri settori di peso: lavoro, trasporti, industria, etc. Una specie di gabbia dorata europea per Renzi e compagni.
Su questo punto il Presidente del Consiglio italiano si è già espresso chiaramente pochi giorni dopo via Twitter, creando non poche tensioni, tra Italia e UE: “Noi rispettiamo il 3%. Siamo tra i pochi a farlo. Da Europa dunque non ci aspettiamo lezioni, ma i 300 miliardi di investimenti”.
A distanza di 24 ore è stato il neo vicepresidente della UE Katainein a chiarire ulteriormente quale sarà la sua posizione in materia di economia: “La Commissione europea non è una maestra, siamo collaboratori”. E ancora “Quanto facciamo è valutare il modo in cui i vari Paesi stanno perseguendo gli impegni presi e le promesse fatte agli altri Stati membri”.
Il quasi neo commissario francese agli affari economici riuscirà dunque a trovare il modo di evitare la rigidità finora imposta dall’Unione europea o rimarrà schiacciato sotto il peso del “no” finlandese?
Non è chiaro cosa succederà nelle prossime settimane, ma al momento l’unico vincitore sembra essere l’Europa dell’Est: nella precedente commissione Barroso solo due vicepresidenti venivano dall’Est: lo slovacco Maros Sefcovic alle relazioni interistituzionali e l’estone Siim Kallas ai Trasporti.
Nella nuova Commissione europea i vicepresidenti dell’Est sono quattro e le deleghe sono molto più pesanti: l’euro al lituano Dombrovskis, l’energia alla slovena Bratusek, la giustizia alla ceca Jourova, il mercato interno alla polacca Bienkowska e i trasporti allo slovacco Sefcovic, che però perde la vicepresidenza.
Inoltre saranno vicepresidenti rispettivamente al Bilancio e al Mercato digitale la bulgara Georgieva e l’estone Ansip. A questa rosa di nomi non va dimenticato il nuovo presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, ex Primo Ministro polacco.
Una rivisitazione europea del classico “tra i due litiganti il terzo gode”?