Berlusconi vs Fitto: primi segnali di una resa dei conti annunciata
Il Patto del Nazareno non convince più e spacca Forza Italia. L’ex Cavaliere sembra aver perso le redini del partito, mentre Alfano aspetta alla finestra e si gode la sua rivincita
di Mattia Bagnato
Il duro scontro che lo scorso giovedì ha messo uno di fronte a l’altro Silvio Berlusconi e il “suo” delfino Raffaele Fitto, è solo l’ultimo episodio di una concitata fase politica. Una spaccatura interna, che si è consumata all’ombra del Patto del Nazareno, e che proprio su questo accordo rischia di influire. Quello a cui hanno assistito i partecipanti alla riunione dell’Ufficio di presidenza di Forza Italia, è sembrato il rabbioso ruggito di un leone ferito, stanco ed impotente. Il motivo dello scontro, ufficialmente, le divergenze sulla strategia da seguire per risollevare un partito ai minimi storici.
C’eravamo tanto amati – L’ennesimo tradimento, cosi lo ha definito lo stesso ex Cavaliere, che si aggiunge a quelli che si sono succeduti da quando, proprio nella Bari di Fitto, all’epoca Presidente della regione, si celebrava la nascita della neonata Casa delle Libertà. Quel giorno nel capoluogo pugliese c’erano tutti: Umberto Bossi, Rocco Buttiglione, Gianfranco Fini, Pierferdinando Casini e poi lui, Raffaele Fitto. Oggi, gli amici di una volta sono diventati tutti nemici, e il grande “progetto liberale” che aveva convinto Berlusconi a scendere in campo nel 1994 sembra sciogliersi come neve al sole. Una previsione così tanto realistica da far parlare di ringiovanimento della dirigenza e della possibilità di far nascere un nuovo partito, Forza Silvio.
Questa è casa mia e qui comando io – La crisi che si sta materializzando in questi giorni all’interno di Forza Italia, sembra fare eco a quella che per mesi ha tenuto banco nel Partito Democratico. Sintomo di una tensione sempre più accesa, che sta minando alle fondamenta la stabilità e l’unità delle due compagini politiche. Le cause sembrano le stesse, così come le modalità di gestione. Si contesta la linea del leader, che nel caso forzista significa, appunto, un’opposizione troppo morbida nei confronti del PD, il quale secondo Fitto e Capezzone rimane il nemico di sempre. Una contestazione che va avanti da tempo, e che si aggiunge alle difficoltà di un partito pieno di debiti, che non paga gli stipendi ai suoi dipendenti, ma che soprattutto sta perdendo contatto con l’elettorato. Quello stesso elettorato che, da qualche tempo a questa parte, sembra diventato oggetto delle avances di Matteo Renzi.
Il PD non se la passa certo meglio, la linea del Governo comincia a perdere consensi. Alla base, infatti, non sarebbero piaciute molto le ammiccate che il Segretario ha distribuito a Berlusconi prima e a Marchionne dopo, né tanto meno la decisione di intervenire sull’articolo 18. Così, se la prima riunione della nuova Segreteria targata Renzi doveva servire a rilanciare l’immagine di un partito unito, sembra aver confermato, invece, che le divisioni interne sono marcate e difficilmente colmabili. Il messaggio più forte, però, arriva proprio da quella base che una volta riempiva le feste dell’unità, cercando un autografo da apporre sulla propria tessera del partito. Quelle tessere che da 700.000 nel 2008 sono passate a 100.000 nel 2014. Così, i più avveduti all’interno del PD, cominciano a richiamare l’attenzione di un Presidente apparentemente troppo impegnato a convincere i manager della City che l’Italia è il paese giusto dove investire.
“Soccorso azzurro” – In un contesto politico altamente infiammabile, come quello attuale, l’unica cosa che sembra ancora reggere è il Patto del Nazareno. Lo ha confermato l’ex Cavaliere, che ha assicurato di voler tener fede agli accordi, anche se le titubanze sull’articolo 18 non gli sono piaciute. Così se Silvio Berlusconi si aggrappa al Patto per mantenere la visibilità e la centralità necessari a favorire il suo ritorno, Matteo Renzi rischia di dover ricorrere a quel patto “scellerato”, che tanti problemi gli sta creando, per sopperire alle defezioni interne quando il Job act arriverà in aula. Ma la fedeltà al Segretario del Pd potrebbe rischiare di trasformarsi in abbraccio mortale, come dimostrano le critiche sempre più forti che provengono dal partito, e che hanno costretto Silvio Berlusconi a ribadire che l’accordo vale solo per riforme e legge elettorale. E’ proprio l’attuale prospettiva elettorale, tutt’altro che serena, a rafforzare in Berlusconi la convinzione che favorire la caduta del Governo è un lusso che Forza Italia non può proprio permettersi.
Angelino gongola – Non è dato sapere se l’accordo di largo del Nazareno durerà ancora a lungo. Quello che è certo, è che l’unico a giovarsi di questo caos politico appare proprio il Nuovo Centro Destra, rischiando di diventare l’ago della bilancia. Un ruolo chiave quello che si è ritagliato Alfano, che nessuno avrebbe mai ipotizzato prima, quando, cioè, ha deciso di lasciare la casa del “padre” (politico) ed di fondare un suo partito. Alfano e i suoi non sembrano, ancora, un’alternativa valida a FI, ma stanno cominciando ad alzare il tiro. La fragile maggioranza, infatti, sembra scricchiolare sotto i colpi dell’alleato di Governo, che minaccia di “abbandonare” l’esecutivo se verrà modificato il testo della legge delega uscito dalla Commissione lavoro. Un cambiamento di status quo che sta preoccupando non poco Verdini e che lo starebbe spingendo a manovrare da dietro le quinte per favorire la nascita di un nuovo gruppo parlamentare, composto da alcuni dissidenti “alfaniani”, simpaticamente definiti “il gruppo dei sudisti”.
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