Fuga 2.0

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Italia sempre più paese di “nuovi” emigrati: Londra rimane la meta preferita, ma il fenomeno cresce un po’ ovunque. Niente più “valigie di cartone”, lontani i tempi della “fuga dei cervelli”: chi espatria cerca possibilità difficili da ottenere in un paese divorato dalla recessione

di Guglielmo Sano

emigrazione-giovaniL’Italia continua a svuotarsi: andarsene è diventata quasi una scelta obbligata. Lo spessore del fenomeno “emigrazione” è una realtà che si può toccare con mano. I dati contenuti nel “Rapporto Italiani nel Mondo” a cura della Fondazione Migrantes-Cei ne forniscono un quadro generale e dettagliato. Tragicamente dettagliato.

Nel 2012 gli espatriati erano 78941, nel 2013 sono diventati 94126: la statistica è cresciuta del 16,1%. Se consideriamo che questi sono numeri ufficiali, visto che le statistiche tengono conto solo dei connazionali che si iscrivono all’AIRE (Anagrafe degli Italiani residenti all’Estero), è facile concludere che il fenomeno è ancora più grave di quanto si possa pensare riferendosi a queste percentuali.

Secondo quanto precisato da ambasciate e consolati il numero sarebbe da triplicare, forse quadruplicare: in genere solo 1 su 4 si registra o comunica il trasferimento alle autorità, molti cambiano la propria residenza anche anni dopo l’effettiva partenza. Una tendenza su tutte fa riflettere: nel 2013 il maggior numero di partenze ha colpito la Lombardia, quelle effettivamente registrate sono state 16.418, poi Veneto (8743) e Lazio (8211). La “nuova emigrazione” sembra essere prerogativa, a differenza del passato, delle regioni del centro-nord.

 Non sono più i tempi delle “valigie di cartone”, anche la fuga dei cervelli è un concetto superato per descrivere un fenomeno del genere. Ultimamente li chiamano “nuovi emigranti” per la Fondazione Migrantes sono i “fuggitivi 2.0”. Nella maggioranza dei casi sono uomini (56,3%) non sposati (60%) di età compresa tra i 18 e i 34 anni (in tale fascia il 36,2% degli espatriati). Subito dopo ci sono i 34-49enni che rappresentano il 26,8 di chi parte. In alcune province emigrano più donne che uomini (Macerata e Trieste si attestano al 51,1%). I minori sono il 18,8%, il 12,1 di questi ha meno di 10 anni.

Adesso si parte senza sapere quando e se si tornerà. Fuori dai confini del Belpaese non si cerca qualcosa di particolare ma solo l’occasione di avere una vita normale, un futuro, delle prospettive. Non si parte più per sfuggire alla povertà esclusivamente concentrata in alcune zone dello stivale né per affrontare un’esperienza formativa o valorizzare anni e anni di studio: “sono la recessione e la disoccupazione le effettive cause dell’emigrazione”, dunque il fenomeno è totale e totalizzante cioè si esteso anche alla “manodopera”, fanno notare gli autori del Rapporto.

Londra è l’approdo preferito dai nostri connazionali: 71,5% degli italiani in più rispetto all’anno scorso. La Gran Bretagna resta la meta per eccellenza, 12933 nuovi iscritti ai registri dell’AIRE, seguita da Germania (11731, +15%), Svizzera (10300, +15,7%) e Francia (8402, +19%). Gli unici valori negativi sono quelli dell’Uruguay (-31,9%) e Austria (-4,4%).

Un’analisi su tutte merita di essere citata: “la mobilità dei talenti è naturale e positiva – scrive Alessandro Rosina, presidente dell’Associazione ITalents, nel suo capitolo del rapporto titolato “La circolazione inceppata dei giovani talenti italiani” – Il problema dell’Italia non sono quindi, di per sé, i tanti di valore che se ne vanno, ma i pochi che fanno il percorso inverso. Se alla forza di uscita ne corrispondesse una almeno altrettanto intensa in entrata, a beneficiarne sarebbe, a livello macro, il sistema paese, che incrementerebbe la dotazione di intelligenze ed energie che lo rendono aperto al mondo e competitivo, e a livello micro, i giovani stessi che amplierebbero le opzioni possibili coniugando la scelta di andare con l’opportunità di tornare con successo

A tal proposito: mentre noi siamo in fuga, l’Italia diventa sempre meno appetibile a sua volta anche come meta per gli stranieri. Nei mesi scorsi, sempre la Fondazione Migrantes, aveva previsto che il 2014 sarebbe stato il primo anno, dopo decenni, a saldo migratorio negativo. In pratica ci sono più italiani pronti ad andarsene che stranieri a restare. In particolare il flusso di “migranti economici”, quelli che scelgono l’Italia per cercare lavoro, si è arrestato: sono solo 43 mila.

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2 risposte

  1. Raffaele ha detto:

    L’ha ribloggato su Tutto sulla Germaniae ha commentato:
    Pura realtà…

  1. 22 Ottobre 2014

    […] di un paradosso: nel 2013, gli immigrati arrivati nel nostro Paese sono stati 43000 mentre gli italiani in fuga verso l’estero ben 94000. Da cosa nasce allora questa sensazione di “invasione”? I […]

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