“Basta con questa campagna d’odio”

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Mentre continuano le violenze da parte dell’Isis, le comunità islamiche italiane condannano terrorismo e fondamentalismo. Ma come si può trasformare la presa di distanza in una condanna concreta? Ce lo spiega il professor Massimo AbdAllah Cozzolino

 di Elisa Di Benedetto

Eid-el-Fitr 2014-2Dalla Sicilia al Veneto, aumentano gli incontri, le manifestazioni, le iniziative per rispondere al terrorismo, dissociarsi da ogni forma di violenza e combattere i pregiudizi, facendo conoscere l’Islam. Intanto, in tutta Europa continua la campagna sui social network lanciata a settembre da un gruppo di studenti inglesi con l’hashtag #Notinmyname, per evitare che l’Isis venga identificato con l’Islam.

“Basta con questa campagna d’odio”, dice Kheit Abdelhafid, Imam della moschea di Catania e presidente della Comunità islamica di Sicilia. Una condanna forte e chiara nei confronti dell’Isis, che trova sostegno nelle comunità islamiche in tutta Italia.

“Dobbiamo fare in modo che la nostra condanna diventi concreta e fattiva”, sottolinea il professor Massimo AdbAllah Cozzolino, direttore della Moschea di Piazza Mercato a Napoli e responsabile dell’Associazione culturale Zayd Ibn Thabit.

A Belluno, il 19 ottobre, il professor AbdAllah ha incontrato la comunità islamica e la comunità cristiana, nell’incontro “Dialogo tra le religioni per la convivenza pacifica”, promosso dalle associazioni “Assalam-Pace” e “Annour”, due dei quattro centri culturali islamici a cui fanno riferimento gli oltre mille fedeli musulmani in provincia di Belluno. Insieme a Hassan Lambarki e Ali Lachihab, presidenti delle due associazioni, al parroco, a Sheikh Selim e a Sheikh Agostino Gentile Yasin, ha invitato le comunità islamiche e cristiane a dialogare, confrontarsi e lavorare insieme, per portare un messaggio di pace.

 In che modo l’opposizione alla violenza e il no al terrorismo possono diventare una denuncia fattiva e concreta?

Attraverso l’apertura. I musulmani devono essere aperti alla comunità e ai suoi componenti, di qualsiasi fede e religione, aprirsi al mondo esterno, senza nascondersi e correre così il rischio di ghettizzarsi. E’ importante trovare spazi di incontro e di dialogo, e anche luoghi di culto devono risultare aperti a tutti, alle istituzioni, alle forze dell’ordine, favorire le visite di associazioni e scolaresche, per risolvere i dubbi ed eliminare i pregiudizi.

Dobbiamo impegnarci per far conoscere l’Islam e i principi di compassione, misericordia e amore che accomunano la nostra religione ad altre religioni.

Come altre città in Italia e in Europa, anche Belluno ha visto crescere il sospetto e l’islamofobia dopo la morte del giovane Ismar Mesinovic, partito per la Siria insieme a un altro giovane residente in provincia, e morto ad Aleppo a gennaio. Come si può combattere questo atteggiamento?

Questo episodio pone domande precise. E’ necessario trovare forme di condivisione del patrimonio di valori e principi comuni tra comunità religiose diverse e tenere lontane persone che mostrano anche lontanamente simpatia verso forme di violenza e terrorismo.

Anche in questo caso, solo attraverso l’apertura e la disponibilità ad accogliere il prossimo è possibile prendere le distanze dall’estremismo e da comportamenti che non ci appartengono. Un buon rapporto con i media aiuta la comunità a presentarsi.

Il dialogo e la pace si costruiscono insieme e questo incontro si sta svolgendo nei locali della Parrocchia. In che modo le comunità cristiane possono lavorare insieme alle comunità islamiche?

E’ necessario rafforzare la spinta all’accoglienza e alla comprensione, dando spazio a obiettivi comuni, e favorendo il risveglio di Dio nelle coscienze per combattere le forma di esclusione. Credo sia fondamentale richiamarsi al principio evangelico dell’alterità, che ci porta a riconoscere gli altri non come ospiti né stranieri.

Non mi piace l’espressione “diversità”, che implica una categoria di non appartenenza. Preferisco il concetto di alterità, che porta ricchezza: San Francesco era l’Alter Christi.

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