Lungo le rotte del cuore
“Il cuore è idiota” di Davy Rothbart è una raccolta di avventure picaresche alla ricerca dell’amore, in lungo e in largo per la sconfinata America
Davy Rothbart ha un’empatia e una sensibilità incontrovertibili. Solo una persona dotata di queste caratteristiche poteva far nascere una rivista come Found dopo aver trovato sul parabrezza della propria auto, in una notte nevosa di 14 anni fa, un biglietto scritto da una tale Amber e indirizzato a uno sconosciuto di nome Mario, che veniva rimproverato da quella che sembrava essere la sua ragazza gelosa.
L’idea di Found è semplice e geniale: raccogliere note, lettere, foto, appunti smarriti o buttati via e ritrovati in giro per caso, per poi lasciarsi trasportare dalle emozioni da questi suscitate. Ne viene fuori un puzzle di situazioni divertenti, emozionanti ma anche dolorose e toccanti, che regalano dei frammenti di vita che avrebbero potuto essere la nostra.
Le stesse reazioni suscitano i racconti autobiografici de “Il cuore è idiota”, un libro che lascia la sensazione di trovarsi di fronte a un cuore nudo che batte e che mostra in trasparenza come palpita e si accende per le più disparate motivazioni.
La colonna sonora ideale delle avventure on the road di Davy potrebbe avere come brano principale un pezzo di Kid Rock, All summer rock, che dice: “A volte sento quella canzone e mi metto a canticchiarla e penso, cavolo, quanto vorrei rivedere quella ragazza…”.
Molto spesso Davy salta in macchina, lascia Chicago e attraversa l’America per inseguire il miraggio di aver trovato la ragazza giusta per sé.Che sia la barista di un pub, ex amica delle superiori rincontrata ad una festa, con la quale si è scambiato decine di email nel giro di poche settimane dal loro incontro, o che si tratti della voce suadente di una sconosciuta all’altro capo della cornetta telefonica. O che sia addirittura il personaggio femminile del film Deserto di Laramie, la dolce Shade, che diventa parametro e scoglio contro cui si infrangono le pur numerose ragazze “reali” che Davy conosce, la molla che spinge Davy a mettersi in viaggio è l’anelito a trovare l’anima gemella, una ricerca tanto effimera e infinita quanto tenera e dolce.
Più spesso è la sua innata empatia che, mettendolo in risonanza con gli altri, lo induce a macinare chilometri. C’è il veterano Jim, autore di un diario ritrovato dalla vicina di casa di Davy, c’è l’organizzatore di onerosi concorsi letterari truffaldini che merita di essere punito, c’è il signore che si licenzia per realizzare il sogno di vedere il Grand Canyon e che prova a raggiungerlo facendo l’autostop. Questi sono soltanto alcuni dei personaggi che, in un modo o nell’altro, mettono Davy in cammino.
Il più toccante di tutti, forse, è il viaggio al contrario il giorno dell’11 settembre 2001, quando tutti vogliono scappare da New York, mentre il nostro amico decide di andare con microfono e registratore a cercare storie per condividere lo stupore, il dolore e l’angoscia di fronte a una tragedia che ha lasciato tutti increduli.
Con l’iniziale pretesto di raccogliere storie per il programma This American Life, col quale collabora, Davy decide di andare verso est per testimoniare quella follia. La motivazione di questa decisione? Fare colpo sulla ragazza con cui stava passando la serata mentre le Torri Gemelle crollavano, sperando di conquistarla con la sua aria da soldato diretto al fronte. Con un viaggio epico, in un Paese bloccato, inizia la sua missione intercettando gli umori dei compagni di viaggio del Greyound che il 14 settembre lo catapulta in una Manhattan dallo skyline fumante e mutilato. Da qui prosegue la sua ricerca attaccando bottone con degli sconosciuti e registra, registra.
Queste storie dell’11 settembre non verranno mai utilizzate per This American Life, e non verranno nemmeno fatte ascoltare alla ragazza che voleva conquistare, che al suo ritorno si è già messa con un altro. Perché a Davy, puntalmente, l’amore scivola tra le mani e si ritrova a sognare la prossima, meravigliosa ragazza.
L’ultima sera a Manhattan, decide di incamminarsi verso il centro, attraverso una città vuota, spenta, surreale, finché l’odore di bruciato e il via vai dei soccorritori non gli fanno comprendere di essere vicino a Ground Zero. Tra le lacrime e il vociare dei pompieri sente la voce di qualcuno che canta. Si mette a inseguire quel flebile segno di vita e trova due vecchi barboni malmessi che per lui intonano la loro elegia alla città mentre guardano le macerie fumanti, e non poteva che essere New York, New York di Sinatra.
Non fatevi l’idea sbagliata, però: Davy non è di certo un angioletto. Confessa di aver preso in giro la madre sorda con una serie di scherzi ingenuamente crudeli quando era un ragazzino, ma scrivere un racconto e accusarsi davanti a tutti non è un modo per fare ammenda? Puntualmente, poi, cade preda delle tentazioni e non c’è ragazza a cui tenga da impedirgli di scivolare e tradirla.
Ad ogni modo, alla fine vi ritroverete a desiderare di avere un amico come Davy, e dopo aver macinato tutte le pagine del suo libro vi sembrerà che faccia un po’ parte della vostra vita o semplicemente vi accorgerete che, come Davy vi interrogate se possa esistere un equilibrio tra l’aspirazione ad essere integri rispetto alle proprie convinzioni e l’essere imperfetti e cedevoli con i propri desideri irrazionali.
Una risposta definitiva non c’è, ma si possono prendere in prestito le parole di Hakim, il protagonista del racconto Canada o morte, che dice: “Non esiste una chiave per l’universo, devi solo puntare in una direzione, e poi andare, andare, andare e vedere cosa succede”.
Buon viaggio.
“Il cuore è idiota”
di Davy Rothbart
Baldini & Castoldi
384 pagine