Jamal Penjweny: la fotografia come denuncia
Il fotografo iracheno racconta il suo nuovo progetto artistico contro la guerra e la violenza, sotto le minacce dei gruppi estremisti vicini all’Isis
Una donna in lingerie, seduta a terra, con il volto oscurato da uno “smiley” nero. Ai suoi piedi, una lattina vuota. Sullo sfondo, appesa al muro, una grande bandiera dell’Isis. La foto di Jamal Penjweny non è piaciuta ai sostenitori dell’Isis, che hanno reagito con minacce e intimidazioni al nuovo progetto del fotografo e regista iracheno.
Nato nel 1981 a Sulaimaniya, nel Kurdistan iracheno, negli ultimi dieci anni Penjweny ha raccontato con occhio attento e critico le conseguenze del conflitto sulla sua terra e sul suo popolo, senza abbandonare il senso di libertà e i sogni dell’infanzia, descritti in Iraq is Flying. Nel 2013, con Saddam is Here, ha portato alla Biennale di Venezia l’eredità e i segni indelebili che Saddam Hussein ha lasciato sulla società irachena.
Oggi, in Isis Century, denuncia la violenza e le violazioni dei diritti umani da parte dei fondamentalisti del Califfato islamico e dei gruppi che lo sostengono. Nonostante le minacce, Penjweny ha scelto di continuare la sua denuncia attraverso le proprie foto, che non sono solo un’attenta testimonianza di quanto sta accadendo, ma un progetto artistico.
Cosa rappresenta il tuo ultimo progetto?
Il progetto “Human dies once in our life. Islamic animal in Isis Century” racconta la cultura islamica ai tempi dell’Isis, che sostiene di ispirarsi e voler ristabilire l’Islam delle origini. Il progetto parla dei comportamenti disumani – anti-umani – di questi gruppi islamici nei confronti delle donne, dei bambini e di tutti gli esseri umani, ma anche degli animali e della natura sotto il loro controllo.
Poiché ti vogliono con loro o contro di loro, per combatterti e ucciderti, se fai sentire la tua voce ti tagliano la lingua, se alzi la testa, ti tagliano la testa, come prevede la legge che chiamano “shari’a”. Secondo loro, gli animali dovrebbero coprire i propri organi sessuali per evitare lo sguardo delle donne.
Il progetto mostra questi aspetti tragici della vita in modo ironico e satirico, perché gli animali dovrebbero coprire una parte del loro corpo.
Hai subito delle minacce a causa di una delle tue foto. Perché?
La foto ritenuta “immorale” rientra nella serie “ISIS Halloween“, che fa parte del progetto più ampio e mostra la sofferenza delle donne sotto la bandiera dell’Isis. Sappiamo tutti che migliaia di donne vengono uccise, violentate, vendute e umiliate. Allo stesso tempo, migliaia e migliaia di persone – bambini, donne, uomini, anziani e giovani – vengono uccise e ferite. Ho immaginato cosa potrebbe accadere se l’Isis avesse potere e autorità anche qui, in Kurdistan, oltre alle città e alle zone che sono già sotto il suo potere, e ho pensato che in occasione di Halloween potremmo assistere a scene come quella rappresentata nella foto, in cui si vede una donna in biancheria intima ai piedi della bandiera dell’Isis.
Credo che la foto sia stata giudicata immorale e sacrilega a causa degli abiti della donna di fronte alla bandiera in cui sono nominati Dio e Maometto. Io mi sono limitato a pensare e immaginare, come uomo e come artista.
Nella regione del Kurdistan, abbiamo un governo di tipo moderno, come dicono i partiti politici che si definiscono “moderni”, ma non ha alcun controllo sui gruppi islamici vicini all’Isis e non può controllare i partiti islamici che vogliono uccidere gli uomini e la loro arte, come ha fatto qualcuno dei partiti islamici nei miei confronti, e come è accaduto ai giornalisti recentemente uccisi dall’Isis.
Vedo persone cieche di fronte a quello che sta accadendo sotto la bandiera dell’Isis, che non reagiscono e non denunciano nemmeno di fronte a ciò che sta succedendo nel mondo. Con questo lavoro voglio mostrare il dolore e la sofferenza che le donne stanno attraversando, ma anche il dolore delle persone private della propria casa e del proprio onore da parte dell’Isis.
Qual è il messaggio delle tuo opere e di questo progetto in particolare?
In Medio Oriente il mio lavoro viene percepito come una presa di posizione contro la religione, non come arte. Ma questo progetto è un lavoro per l’umanità, non è contro nessuna religione. Nelle mie opere c’è un messaggio a favore dell’essere umano contro la guerra.
Voglio dire al mondo che in Medio Oriente l’umanità viene dopo tutto il resto: prima c’è la religione e poi, solo dopo tutto il resto, viene l’essere umano. È triste vedere come il sangue di persone innocenti venga sparso per il solo piacere di altre persone.
Questi gruppi sono contro l’essere umano. E io sono contro qualsiasi gruppo o Paese che si oppone all’umanità. Ho sofferto a causa della guerra, non voglio altre sofferenze, né per me né per nessun altro.
Le minacce che hai ricevuto per Isis Halloween hanno influenzato il tuo lavoro o limitato la tua attività?
Ho ricevuto numerose minacce e reazioni negative per “ISIS Halloween”. Forse pensano di potermi spaventare o convincermi a fermarmi. Ma io lavorerò fino all’ultimo contro la guerra e il terrorismo e alzerò la mia voce: preferisco morire al servizio dell’umanità e per la mia comunità e mostrare al mondo quello che sta accadendo e ciò che stiamo attraversando.
Insieme ad altri artisti come Ara Yousif e Rawan Jawad, sto lavorando contro questo atteggiamento immorale all’interno della società. Vogliamo alzarci contro di loro ed essere come un’ombra, per salvare la nostra società e la popolazione civile. Le nostre vite sono in pericolo: più di una volta abbiamo subito minacce e per motivi di sicurezza non possiamo andare in luoghi pubblici. Ma la cosa importante è che le nostre voci si levino più in alto delle loro spade e non ci fermeremo.