Patto del Nazareno: è davvero finita?
Sembrava indistruttibile, invece l’accordo di ferro tra Berlusconi e Renzi inizia a barcollare sotto i colpi dei “ribelli” azzurri e dell’alleato di governo
di Mattia Bagnato
Silvio, se ci sei batti un colpo! Potrebbe essere sintetizzato così il lungo rendez-vous che si è tenuto mercoledì 5 ottobre a Palazzo Grazioli tra Berlusconi e Matteo Renzi. L’incontro, infatti, sarebbe dovuto servire a certificare la sana e robusta costituzione del Patto del Nazareno, invece ha finito “solo” per confermare lo stallo in cui versa. Una empasse, che comincia a preoccupare non poco il Presidente del Consiglio e che sembra palesare l’immobilismo che regna in casa azzurra. Un’inerzia, tutt’altro che rassicurante, figlia di una logorante “guerra fratricida” tutta interna a Forza Italia, di cui ne sta facendo le spese anche l’ex Cavaliere, fiaccato e spossato tanto nello spirito quanto nel ruolo. Quel ruolo da leader indiscusso di quel partito, ma soprattutto di quella coalizione, che adesso sembra non controllare più.
A questo, forse, più che ad altro sembra essere servito l’ultimo incontro targato Largo del Nazareno. Matteo Renzi, probabilmente, voleva vederci un po’ più chiaro, voleva toccare con mano la crisi che sta investendo Forza Italia. Lui che, abituato a corse da centometrista che farebbero impallidire lo stesso Bolt, proprio non sopporta di essere lasciato in sala d’attesa mentre gli altri risolvono le loro questioni. Così Berlusconi, come recita un famoso proverbio siciliano, è stato pesato, è stato misurato e alla fine è stato trovato mancante. In altre parole, l’uomo politico che un tempo avanzava come uno schiacciasassi, oggi sembra debole ed isolato. Una condizione questa che rischia di rimettere in discussione le vecchie alleanze, Patto del Nazareno compreso.
Il risultato di questa accurata visita ai raggi X è stato un ultimatum senza precedenti che, conoscendolo bene, potrebbe aver anche infastidito l’ex Cavaliere. “Presidente Berlusconi, è inutile perdere tempo. Mi devi dire se ci stai oppure no”. Eccolo il segnale che tutti aspettavano, quello che chiarisce, al di sopra di ogni ragionevole dubbio, che i tempi sono cambiati e con loro anche i protagonisti della politica italiana. Il vecchio che lascia il posto al nuovo, ma che da questo ha imparato bene le logiche che sottostanno alle dinamiche politiche.
Molti anni fa, un discutibile uomo politico, ha coniato una definizione che sembra calzare a pennello e che potrebbe essere riassunta così: se nel tuo forno una rosetta costa un euro e uno filoncino due, mentre nel forno a fianco lo stesso filoncino costa solo un euro, perché dovrei continuare a comprare filoncini da te? Questo è la strategia che Matteo Renzi sembra aver adottato per l’attuale momento politico. Se la legge elettorale al forno di FI costa troppo, ovvero liste bloccate e soglia di sbarramento al 5% per rendere innocuo il NCD, perché allora non andare a bussare al forno pentastellato? Tutto sommato per l’elezione dei giudici della Corte costituzionale ha funzionato.
Ovviamente, la c.d. “politica dei due forni” è una bomba ad orologeria, ma la fortuna del Presidente-segretario sta tutta nel saper cadere sempre in piedi. Scivola, inciampa, ma alla fine riesce sempre a risollevarsi. All’epoca del Jobs act era stata l’ala sinistra del PD a lasciare una buccia di banana sul pavimento del Senato: Matteo, però, ha saputo schivarla, grazie anche al sostegno forzista. Adesso che la minaccia arriva dalla legge elettorale, invece, l’appiglio per il Presidente-segretario potrebbe arrivare dagli stessi grillini, alcuni dei quali ruotano già da tempo in orbita “democratica”. Certo è, che la linea politica pentastellata è tutt’altro che lineare, basta chiedere a Bersani per avere conferma.
La questione è spinosa e ne abbraccia diverse altre ma, soprattutto, molto più delicate della legge elettorale. Infatti dietro alla fretta di Renzi si nascondono la preoccupazione per la tenuta della maggioranza, la durata della legislatura e, dulcis in fundo, la candidabilità di Silvio Berlusconi.
Per quanto riguarda Berlusconi, l’ex Cavaliere è stato molto chiaro, ribadendo come sia di fondamentale importanza trovare un modo per mettere in cantina la legge Severino. Da par suo, però, Renzi ha fatto orecchie da mercante, quasi a voler lasciar intendere che, oggi, le priorità sono altre. Resta comunque il fatto che B., pur non essendo il “giaguaro” di un tempo, sa bene come ottenere quello che gli interessa. Un dettaglio da non sottovalutare.
La questione della durata della legislatura, invece, appare strettamente connessa alla tenuta della maggioranza. Matteo Renzi ha ribadito a più riprese di voler arrivare fino al 2018, smentendo le voci che volevano l’ex Sindaco di Firenze deciso a sfruttare l’enorme consenso fin qui ottenuto per andare ad elezioni anticipate. Se Matteo non si fida di nessuno, però, allo stesso modo nessuno si fida più di Matteo ed è per questo che, nel vertice di maggioranza tenutosi ieri sera, Angelino Alfano ha voluto la reale rassicurazione, puntualmente arrivata, che la soglia di sbarramento non supererà il 4%.
In questo modo, anche se Matteo Renzi sta facendo di tutto per salvare il suo “matrimonio” con Berlusconi, concedendogli un rinvio di 48 ore, ormai sembra sia giunta l’ora di un “divorzio consensuale”. Una soluzione di comodo, insomma, capace di giovare ad entrambi. Sì, perché i problemi in casa azzurra sono improvvisamente raddoppiati. Infatti a Fitto e a tutti coloro che chiedono a gran voce un leader meno servizievole nei confronti del Governo, si è aggiunta la Lega Nord e Matteo Salvini, in costante crescita negli ultimi sondaggi. Ecco allora che un passaggio di testimone dal Patto del Nazareno a quello “dell’Angelino”, permetterebbe a Renzi di blindare la maggioranza e all’ex Cavaliere di serrare i ranghi all’interno del partito. Una soluzione questa, che permetterebbe a B. di giocare un ruolo decisivo, anche nella corsa per la scelta del prossimo inquilino del Quirinale.
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