PD, Sindacati e Società
Sullo scontro fra Stato e Cittadini sul tema lavoro, assistiamo ogni giorno al tanto parlare di politici, politicanti, parti sociali ed intellettuali, tutti pronti a fornire una propria analisi su ciò che sta avvenendo. Ciò che dimenticano è che dietro i loro arzigogoli retorici c’è il popolo, la gente che lavora, le famiglie, gli studenti, i precari, i poveri, gli emarginati
di Francesca Giuliani
Si possono spendere ore a leggere articoli, a vedere interviste, ad analizzare la riforma del jobs act, a discutere su articolo 18 sì, articolo 18 no. Ciò che non si riesce però a comprendere, è quale sia il vero nocciolo della discussione, cosa c’è di reale in tutto questo blaterare.
Il caso vuole che proprio in questi giorni cada il venticinquesimo anniversario della caduta del Muro di Berlino. Una ricorrenza così importante va commemorata e studiata bene. E’ importante fare un po’ di storia, perché ci aiuta ad avere una visione critica della società attuale, assolutamente legata ai fatti accaduti in quei giorni.
Venticinque anni fa la Germani dell’est cominciava l’opera di ricongiungimento con quella dell’ovest ed in quello stesso anno, tre giorni dopo, il Partito Comunista Italiano annunciava la famosa “svolta della Bolognina”, l’inizio di un lungo processo che il 3 febbraio del 1991 avrebbe portato allo scioglimento il partito comunista più grande d’Europa.
Cosa c’entra lo storico PCI con il PD di Renzi e la moderna CGIL? Nonostante essi ne siano diretti eredi e conseguenza: niente.
La storia di un sindacato combattivo, che stava vicino ai lavoratori, che conduceva una lotta di classe ed era parte di un forte partito politico, appartiene ormai alla cosiddetta Prima Repubblica.
Ora tutto sembra vecchio e retorico. La società è cambiata e niente della storia politica, sociale e culturale è come prima.
Renzi di quel PCI conserva solo qualche personaggio politico rimasto all’interno del PD, che cerca di resistervi e di fare muro all’irresistibile “show man” della politica italiana. Sto parlando di quei politici che hanno partecipato alla manifestazione del 25 ottobre, quelli che la parola “compagni” la sentono come appartenenza e non come “memoria storica”.
Renzi è giovane, energico, canalizza il volere delle persone, sa far ridere e usa una retorica sottile, ma niente di tutto ciò serve a capire come stanno andando le cose e cosa c’è di veramente reale dietro la sua figura.
Il segretario del PD sta cercando di cambiare il mondo del lavoro, far approvare il tanto discusso “Jobs act” che prevedrà un contratto unico, tutele crescenti, rappresentanza sindacale nei cda, assegno universale per chi perde il lavoro, con l’obbligo di seguire un corso di formazione professionale. Il vero punto cruciale rimane comunque la modifica dell’art.18, escludendo il reintegro nei casi di licenziamento per motivo economico senza giusta causa.
Articolo 18. E’ bastato pronunciare quel numero per far riaccendere i bollenti spiriti di un sindacato affievolito. Non si tocchi quell’articolo altrimenti sono pronti a scendere in piazza più combattivi degli antichi romani.
Ma dove erano finora? Perché la legge Fornero è stata approvata, perché esiste la legge Biagi, perché molti giovani per lavorare devono aprirsi una Partita Iva, perché esistono stage non pagati che durano anni? Perché hanno permesso che accadesse tutto questo?
La CGIL non convince più. Quando in questi giorni si è sentito parlare Landini, segretario della FIOM-CGIL, non si può negare che abbia un buon modo di comunicare, che sappia trasmettere il pathos alla folla, che rappresenti sicuramente un ottimo capo carismatico. Ma delle chiacchiere e dei bei discorsi i lavoratori se ne fanno ben poco.
Il sindacato è vecchio, sono troppo legati ad un’idea di società divisa in classi, non si sono saputi tenere al passo con i tempi ed hanno, di conseguenza, perso il potere di contrattazione.
I sindacati si sono dimenticati dei giovani, la CGIL è arrivata troppo tardi nel capire il problema e ora cerca di rimediare, ma senza convincere. Ha lasciato passare troppo tempo ed il disastro è avvenuto.
Non si può sicuramente individuare nei soli sindacati la causa di ogni male, ma senza dubbio sono loro coloro che avrebbero dovuto tutelare i lavoratori e, in sostanza, hanno fallito. Sono rimasti fin troppo passivi mentre venivano approvate leggi che di certo sono in aperto contrasto con l’idea di lavoro che i sindacati dovrebbero rappresentare.
Eppure la CGIL è stata l’artefice di battaglie importanti, che hanno garantito il riconoscimento di diritti fondamentali, dimostrandosi capace anche di intuire il cambiamento dei tempi. Basti pensare alla stipula del “Protocollo 23 luglio 1993” che, per la prima volta dopo anni di duri scontri, portò attorno ad un unico tavolo sindacati, Confindustria e Governo.
Con quel primo patto interconfederale, sarebbe stata abolita la “scala mobile”, simbolo delle conquiste sindacali degli anni ’70, ma diventato un sistema anacronistico ed economicamente insostenibile per Stato ed imprese. I sindacati intuirono con prontezza il problema e si posero come interlocutori garanti nello smantellamento della scala preservando comunque i diritti dei lavoratori.
Un momento storico che ci fornisce un’immagine di unità, solidarietà e lotta sociale, valori che appartengono ormai alla storia di quel sindacato. I rapporti tra sindacati e “poteri forti” erano basati su relazioni di forza, di rappresentanza, di scontro di ideali: ora tutto questo non c’è.
Il sistema è cambiato e Renzi è il tramite perfetto per il cambiamento. Stiamo passando da un sistema Nazionale a uno Europeo. Il sindacato sta cercando di riadattarsi, ma lo sta facendo nel peggiore dei modi.
Dalle statistiche di Ilvo Diamanti si legge che dal 2009 ad oggi la fiducia dei cittadini verso la CGIL è scesa dal 35% al 22%, divenendo un bersaglio facile per la scalata di Renzi.
Vittima di questo marasma politico, sociale e istituzionale è la società vera, che deve fare i conti con la vita di tutti i giorni.
Gli studenti che intravedono un futuro da precari, gli esodati che ancora nuotano in mare aperto, le piccole imprese schiacciate da una pressione fiscale sproporzionata rispetto agli utili, gli insegnanti della scuola pubblica che sono in totale confusione, a causa dalle mille riforme dell’istruzione e nessuna tutela per l’inserimento.
Perfino quei lavori che erano considerati un tempo “privilegiati”, come medici, avvocati e ingegneri sono caduti nel baratro del futuro incerto.
I cittadini pretendono risposte certe a questo clima di incertezza, sia dal Governo che dalle parti sociali: inutili slides o proteste inconcludenti non basteranno di certo a placare l’angoscia che tutti stiamo vivendo.
(Fonte immagine: http://www.gadlerner.it)