“Strategie per arredare il vuoto” di Paolo Marino
Dando voce al tortuoso percorso di crescita di un tredicenne orfano, Paolo Marino esordisce con un romanzo che arriva finalista al premio Calvino 2012
Messo con le spalle al muro dalla vita, incastrato da una realtà molto più grande di lui, Edo, il protagonista del primo romanzo di Paolo Marino Strategie per arredare il vuoto, si trova a dover ricomporre i tasselli di un puzzle che la sorte ha mescolato per lui: la morte improvvisa dei suoi genitori, un nugolo di parenti ansiosi di prenderlo in affidamento, una casa immersa nel dubbio e i suoi tredici anni, pronti a crescere in un sol colpo di fronte alla testardaggine della realtà.
La vicenda, ambientata dall’inizio alla fine in un unico luogo, la casa di Edo, germoglia tra la calura di un’estate secolare, prepotente e afosa, che ospiterà l’apparizione di pochi ma incisivi personaggi.
Ci sono gli zii Dante, Selma e Corinna, instancabili avvoltoi divorati da una pazienza di carta velina e incollati ad una una sensibilità d’acciaio; le gemelline Greta e Lavinia Rovati, il rappresentante di aspirapolvere, e poi c’è Enea, l’amico di sempre, il compagno di giochi che non varca mai la soglia di casa del protagonista e comunica con lui a distanza di sicurezza, appoggiandosi al primo gradino della rampa di scale dirimpetto all’entrata.
Ed infine le ultime, violente comparse, che irrompono in casa di Edo e la mettono a soqquadro per qualche giorno: Seba, Carli e Dreager, i tre bulli che si intrufolano nella parte finale del romanzo, derubando la scena della fluttuante atmosfera che si era creata fino a quel momento.
A seguito della morte dei genitori, Edo ha davanti a sé un’opportunità, quella di maturare.
Chiuso in un apparente mutismo di ostinatezza e dolore, Edo si rifiuta di andare a vivere con gli zii, adulti ansiosi di pulirsi una coscienza che odora più di ipocrisia che di sincera preoccupazione.
Il giovane, conquistata l’agognata e provvisoria libertà – una libertà che ha il gusto amaro dell’abbandono involontario – riesce ad incanalare la sofferenza per la perdita dei suoi cari attraverso semplici gesti quotidiani: lavare i piatti, fare le pulizie, rifare il letto, mettere in azione la lavatrice.
Quella strana pesantezza che si avverte fin dalle prima pagine, come un macigno che ha bisogno di schiantarsi per recuperare l’essenza perduta, sparisce a mano a mano che le lacrime di Edo trovano un canale di scorrimento.
Da questo momento in poi la presa di coscienza di quanto accaduto si fa decisamente più netta, e il romanzo sembra crescere con Edo stesso: il rappresentante di aspirapolvere si insinua silenziosamente nella vita del tredicenne, pulendo pavimenti, vetri, scarichi del bagno e del lavandino, e terminando le proprie giornate steso sul divano, sigaretta e tv accesa.
Ossessionato dai microbi, il rappresentante vacilla tra disquisizioni filosofiche e mere considerazioni di tipo pratico, mentre cerca di tenere sotto controllo quello stato di profondo disagio psichico che, alla fine, esploderà in eloquenti manifestazioni di malessere fisico.
Questo personaggio silenzioso e remissivo, docile ed inetto, rappresenta quasi l’alter ego di Edo: in balìa degli eventi, si lascia trascinare dagli stessi, fino a che non sarà più in grado di dare una forma alla sofferenza che lo abita.
Presenza alienante e tuttavia discreta, dovrà presto fare i conti, come Edo, con l’esuberanza e la prepotenza delle gemelle Rovati, compagne di scuola del ragazzo. Greta e Lavinia, figure di grande vitalità e allo stesso tempo di temibile cupezza, aiutano Edo a cucinare, a sistemare la casa e a dare un senso alla giornata, contrastando la solitudine.
Avvolte loro stesse dal turbinio di risatine che “fanno scricchiolare l’aria”, vomitando parole che cercano un’uscita di sicurezza, le ragazze assorbono l’afa estiva e la trasformano in energia.
Ballano, gridano, si confessano, decidono di fare una seduta spiritica, e tutto questo sotto lo sguardo perplesso del ragazzo, che, tuttavia, non perde mai di vista la situazione.
Muovendosi all’interno di una patina gelatinosa che ricopre il mondo che lo circonda, Edo dà spazio alle mirabolanti avventure che la propria immaginazione apparecchia per lui, nella sua mente.
Il romanzo è avvolto dalle vibranti visioni di un tredicenne dalla fantasia di gomma, morbida e allo stesso tempo tenace.
Seguendo il flusso delle parole, veniamo trascinati dall’umida consistenza dei pensieri di Edo, che si arrampicano e si posano sulle righe di questo romanzo, tanto silenzioso, discreto e pacifico, quanto lacerante, violento e drammatico.
Paolo Marino, giornalista di cronaca nera e giudiziaria, riesce, con grande ironia ed uno stile teso ma malleabile, ricco di descrizioni mai banali, di notevole fattura poetica, a riportare, nero su bianco, il percorso di crescita di un ragazzo che sta passando, forzatamente, dall’adolescenza all’età adulta.
Lo fa con cautela, ma anche con forza e determinazione, senza negare al lettore la possibilità di assaporare il dolore sommesso di un tredicenne che è costretto ad arredare, ora, il vuoto che lo circonda.
Finalista all’edizione 2012 del premio Italo Calvino, Strategie per arredare il vuoto arriva al cuore passando per la mente, insinuandosi nei pensieri, lacerando l’istinto e aggrovigliando l’anima.
Paolo Marino
Strategie per arredare il vuoto
Mondadori, 2014
pp. 225