Tor Sapienza, una guerra tra poveri
La rabbia sociale dei cittadini del quartiere periferico di Roma ruota attorno a svariati disagi sociali ed economici. I migranti non rappresentano il problema principale. Sono altri i temi che meritano di essere evidenziati, così da comprendere meglio le ragioni di questa rabbia sociale
di Marco Assab
Iniziamo senza troppi giri di parole e fissiamo subito un punto: i cittadini di Tor Sapienza non sono un bel giorno impazziti e diventati improvvisamente razzisti! A differenza di quanto i media nazionali riescano a far credere, con la loro dose di immancabile superficialità, la rabbia degli abitanti ruota attorno a molti più temi che il solo centro d’accoglienza, più volte immortalato dalle telecamere. Le stesse telecamere avrebbero fatto bene a riprendere anche le vie del quartiere, i casermoni di cemento, la prostituzione che si consuma all’aperto, l’inadeguata illuminazione che conferisce al luogo un’aria molto poco sicura, i roghi tossici appiccati nel capo nomadi di Via Salviati che infestano l’aria di diossina .
Tor Sapienza è, purtroppo, una tra le tante periferie italiane dove si manifestano quei disagi e quelle difficoltà alle quali le varie amministrazioni comunali, o più in generale lo Stato Italiano, non riescono a fornire delle risposte concrete da anni. Storie di ordinario degrado insomma. I residenti si sentono abbandonati, insicuri, e quando la rabbia esplode non c’è bisogno di aver studiato sociologia per capire che travolge tutto. Si ha l’impressione che i migranti ospitati nel centro d’accoglienza siano diventati una sorta di capro espiatorio.
È notizia di questi giorni che il sindaco Marino riceverà in campidoglio alcune rappresentanze del quartiere, al fine di studiare insieme un progetto di riqualificazione per la zona. Ora la domanda è: perché in questo Paese i cittadini per essere ascoltati devono prima fare i pazzi furiosi e poi, forse, essere presi in considerazione? La necessità di porre in essere dei piani di riqualificazione per far fronte al degrado della periferia est della capitale, quindi non solamente l’area di Tor Sapienza, è nota a tutti da anni, era dunque necessario che si scatenasse in modo così evidente la rabbia dei cittadini per assumere delle iniziative in questo senso? Ancora una volta sembra di vedere all’opera una politica ipovedente, dormiente, incapace di prevedere, che poi si ritrova a dover rimediare ai danni, quando ormai è già tardi. Volendo fare un parallelismo è lo stesso lassismo che si manifesta anche per il problema del rischio idrogeologico: per anni i cittadini chiedono interventi che mettano in sicurezza fiumi, strade, torrenti, ma no! Finché non crepa qualcuno la politica non apre gli occhi, non si sveglia dal suo inaccettabile torpore.
Come raccontato nei giorni scorsi da Bruno Cecchini, segretario del circolo Pd di Tor Sapienza, in un’intervista pubblicata sul giornale online “Il Monitore Romano”, “siamo in una periferia dove il degrado è percepibile, dentro e fuori i palazzoni tremendamente grigi che si vedono. I cittadini lamentano difficoltà di ogni tipo, persino che gli piove in casa. I luoghi sono poco illuminati, il verde non ha la giusta manutenzione, e poi siamo nella zona della prostituzione di strada, dove fin dall’imbrunire i rapporti sessuali vengono consumati, se va bene, dietro un filo d’erba. Su internet girano immagini che confermano quanto dico. Ci troviamo poi in uno dei luoghi di Roma dove è più forte il problema dell’abbandono scolastico… Se poi a questo aggiungiamo anche la disoccupazione, la difficoltà a pagare le bollette, si dipinge un quadro molto chiaro“.
A questo quadro chiaro, anzi chiarissimo, va aggiunta la geniale idea di aggiungere un’ulteriore pennellata: la creazione di strutture di accoglienza per migranti. Vorremmo adesso lanciare una provocazione: perché non farlo nel quartiere Prati un centro d’accoglienza? Oppure perché non farlo alla Camilluccia?
Cecchini, da anni impegnato in un’opera di denuncia e sensibilizzazione, che mira ad evidenziare quelle situazioni di degrado che rendono invivibile il quartiere, ha osservato: “In un territorio dove già è forte il problema dei nomadi, ma non per loro in sé, quanto per le condizioni in cui è lasciato il campo nomadi di Via Salviati, in un luogo dove c’è una forte concentrazione di disagio delle famiglie, se inizi a mettere un centro d’accoglienza per minori, poi un centro per rifugiati politici, poi quello per coloro che attendono lo status di rifugiati politici, è evidente anche agli occhi di chi poco si intende di politiche urbanistiche che hanno sbagliato la redistribuzione. Se Roma è tanto grande tutto questo è, urbanisticamente, sbagliato“.
Quella che si è consumata nei giorni scorsi è l’ennesima guerra tra poveri: cittadini disillusi e stanchi che si scagliano contro i poveracci dei barconi, il tutto condito dalle manganellate della polizia, anch’essa composta da operatori mal pagati e presi a bottigliate per la sola colpa di indossare la tanto odiata divisa. Attenzione: ieri è successo a Tor Sapienza, domani potrebbe accadere in una delle tantissime periferie italiane dove si vivono le stesse storie di degrado ed abbandono.
Eppure le soluzioni ci sarebbero. Prendiamo ad esempio il problema della prostituzione di strada: avete mai sentito parlare dello “zoning”? Cecchini spiega che “Zoning significa utilizzare d’uopo uno spazio che in quel momento alla città non serve. Lo “zoning”, nell’ambito della prostituzione di strada, non è un “parco dell’amore”, non è una zona a luci rosse, ma un tentativo di spostare la prostituzione in aree a minor impatto abitativo, garantendo i servizi sociali per le prostitute, facendo sì che le forze dell’ordine continuino il contrasto al racket perché è evidente come la prima vittima di queste dinamiche sia la prostituta”.
I media nazionali in tutto questo possono svolgere un ruolo determinante: hanno la possibilità di illuminare quelle zone d’ombra che racchiudono spaccati di vita ignorati, evidenziare il disagio, renderlo non solo intellegibile all’opinione pubblica ma soprattutto ben presente a chi ha il dovere politico e morale di intervenire. I media possono veicolare idee, proposte, soluzioni. Le telecamere non vanno puntate sul Borghezio di turno che accorre per strumentalizzare in modo pacchiano gli eventi, ma sul cittadino che tanto ha da dire, da raccontare, e che deve essere ascoltato. Ascoltare, ascoltare, ascoltare sempre.