End Impunity: giustizia per i giornalisti
Sono oltre mille i giornalisti uccisi negli ultimi 20 anni. La maggior parte di essi ha perso la vita in tempo di pace e solo nel 10% dei casi sono state condotte le indagini per punire i responsabili. Le ONG chiedono ai governi di impegnarsi per difendere la libertà di espressione e la sicurezza dei giornalisti
Le immagini dell’esecuzione del giornalista americano James Foley barbaramente ucciso dai jihadisti di ISIS hanno scosso il mondo, così come la morte di Anna Politkovskaja, Maria Grazia Cutuli e degli oltre mille giornalisti che hanno perso la vita negli ultimi vent’anni, svolgendo il proprio lavoro. Secondo l’organizzazione internazionale Committee to Protect Journalists (CPJ), impegnata nella promozione e difesa della libertà di espressione, sono 1081 i giornalisti morti dal 1992. Dall’inizio dell’anno a oggi, 101 tra giornalisti e operatori dell’informazione hanno perso la vita, come ricorda il contatore nel sito di International Federation of Journalists (IFJ).
Almeno 300 sono morti in Iraq dal 2003, in 150 hanno perso la vita nelle Filippine, 120 in Russia, oltre 60 in Pakistan. Il bilancio delle vittime continua in Messico e in Somalia. Sono vittime di minacce, che si trasformano in intimidazioni, torture, aggressioni, sequestri, omicidi. Crimini che nella maggior parte dei casi restano impuniti, come emerge da un rapporto del CPJ, secondo il quale solo il 10% dei responsabili viene punito.
I giornalisti uccisi e feriti sono stati ricordati mercoledì 19 novembre, nell’International Journalists Martyrs Day, promosso dall’organizzazione Journey of Journalism, fondata nel 2001 dalla fotogiornalista pakistana Sadia Haidari insieme ai figli Aleena e Ammad, dopo la morte del marito Aziz Ullah Haidari – giornalista e fotografo per Reuters, ucciso da un attacco talebano a Kabul, il 19 novembre 2001, insieme al collega australiano Harry Burton, a Julio Fuentes, inviato per El Mundo, e alla giornalista italiana Maria Grazia Cutuli.
Come Sadia aveva raccontato a Ghigliottina.it lo scorso giugno, l’organizzazione è attiva in 20 Paesi e ha lo scopo di “dare voce ai giornalisti e alle loro famiglie, per proteggere i giornalisti da rapimenti, attacchi, torture, e difendere i loro diritti e le loro vite, ma anche per sostenere le famiglie dei giornalisti uccisi o gravemente feriti in servizio”. Celebrata per la prima volta nel 2010, la giornata internazionale in ricordo dei giornalisti è accompagnata da seminari e manifestazioni organizzati in tutto il Pakistan, in collaborazione con PFUJ-Pakistan Federal Union of Journalists e IFJ.
L’iniziativa non è solo una commemorazione: è anche una denuncia nei confronti dei governi che falliscono nel garantire giustizia, favorendo così il ripetersi delle violenze e facendo dell’impunità una delle minacce più pericolose. Non solo non permette al mondo di conoscere realtà come il fenomeno del narcotraffico in Messico, la corruzione in Russia, la violenza in Siria, ma limitano la libertà di espressione e il lavoro dei giornalisti, che spesso non hanno altra soluzione se non l’esilio o l’autocensura.
Un passo avanti è stato fatto a dicembre 2013, quando l’ONU ha adottato una risoluzione per la sicurezza dei giornalisti e dichiarato il 2 novembre International Day to End Impunity for Crimes against Journalists – Giornata internazionale per porre fine all’impunità per crimini contro i giornalisti. Ma non basta e sono tante le manifestazioni nate per sensibilizzare i governi nel mondo verso il dovere di indagare sugli attacchi ai giornalisti e punire i responsabili.
È l’obiettivo della campagna End Impunity promossa da IFJ, che ha scelto il 2 novembre per dare il via alla serie di iniziative di informazione e sensibilizzazione che si sono chiuse ieri, nel giorno del quinto anniversario del massacro di Maguindanao, nelle Filippine, dove il 23 novembre 2009 persero la vita 58 persone, compresi 32 fra giornalisti e operatori dell’informazione. Dal 2011, il 23 novembre è l’International Day Against Impunity per IFEX, che ha chiuso ieri la campagna #endimpunity per porre fine alla cultura dell’impunità, ritenuta uno fra i maggiori ostacoli alla libertà di espressione.