LuxLeaks, una vergogna Europea
A un mese dal suo insediamento ufficiale, il Presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker ha dovuto affrontare la pesante accusa di aver favorito l’elusione fiscale di multinazionali e grandi imprese durante il suo mandato di governo del Lussemburgo
Povero Jean-Claude Juncker: a luglio ha dovuto passare una non facile selezione per essere il candidato alla Presidenza della Commissione europea per il PPE, a settembre e ottobre alcune dei candidati da lui scelti sono stati bocciati o si sono ritirati per evidenti incompatibilità. Ora questa tegola, non da poco, del LuxLeaks dopo poche settimane di incarico ufficiale. Ma per capire questa storia occorre fare un passo indietro e capire cosa c’entra il numero uno dell’Unione Europea.
LuxLeaks o Luxembourg Leaks
Si tratta di una mega inchiesta svolta da un team dell’ International Consortium of Investigative Journalists di 80 giornalisti di diverse nazioni, i cui risultati sono stati pubblicati su ben 40 media di 26 Paesi. Il nome deriva dal sito dove sono depositati i documenti relativi all’inchiesta: Wikileaks, il famosissimo sito di Juliane Assange.
Ma cosa ha di particolare questo tipo di lavoro per coinvolgere un numero così alto di giornalisti? L’inchiesta riguarda il particolare regime fiscale che il Lussemburgo ha applicato a Amazon, Pepsi, Ikea, FedEx e ad altre 340 multinazionali. Tra queste ci sarebbero anche 31 aziende italiane, tra le quali Intesa San Paolo, Unicredit, Banca Sella e Finmeccanica.
Questi colossi dell’economia avevano (e forse hanno ancora) un accordo con il Granducato di Lussemburgo per pagare meno tasse possibili: per 20 anni le big company hanno potuto spostare tutti i loro flussi monetari verso il piccolo stato europeo (circa 500mila abitanti).
In questo modo le predette multinazionali, pur operando in tutto il mondo, erano “ufficialmente residenti” in Lussemburgo e sono riuscite a pagare, in alcuni casi, meno dell’uno per cento dei propri profitti.
Miliardi di euro elusi
Cosa c’è però di strano in un accordo tra uno stato e i suoi contribuenti? Nulla, infatti dal punto di vista legale non sembrano esserci state violazioni della legge.
Tuttavia, a causa di questi accordi, gli altri paesi non solo europei ma in tutto il mondo, nei quali le suddette multinazionali hanno operato e prodotto ingenti fatturati, hanno visto poco o nulla dei miliardi di euro di entrate tributarie che spettavano loro.
E chi era il numero uno del Lussemburgo che, ovviamente, sapeva di questi accordi? Chi è stato il Primo Ministro dell’unico Gran Ducato del Mondo per ben 18 anni dal 1995 al 2013? Sì, lui, il “Giovanni Claudio europeo”, attualmente a capo della Commissione europea.
La risposta di Juncker
Ma Juncker non ha mollato in queste settimane e ha superato, a larghissima maggioranza, la mozione di censura presentata dal gruppo di destra “Europa della Libertà e della Democrazia Diretta” di Nigel Farage e dal gruppo dei non iscritti che chiedeva espressamente le sue dimissioni proprio a seguito dello scandalo LuxLeaks.
Tra i firmatari della mozione appartenenti al Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo e quattro eurodeputati della Lega Nord di Matteo Salvini. Al gruppo si è unita anche Marine Le Pen, leader del Front National, che in Aula ha chiamato Juncker “Al Capone”.
La posizione ufficiale dell’UE
Per la Commissaria per la concorrenza, Margrethe Vestager, sarà aperta un’indagine sulla questione che si qualifica come un tipico caso di aiuti di Stato. Il Lussemburgo avrebbe garantito vantaggi ad alcune aziende e non ad altre, alterando la normale concorrenza esistente nel mercato.
Diverso il punto di vista del Commissario UE agli Affari economici, Pierre Moscovici, per il quale non ci sono imbarazzi o vergogna per la questione LuxLeaks. Per Moscovici bisogna rendere la lotta all’evasione fiscale “una priorità per l’attuale Commissione Europea” e ha promesso di accelerare sulla riforma della trasparenza fiscale.
Un solo vincitore molte perplessità
La Commissione l’ha formata ed è stata eletta, l’equilibrio politico nella rosa dei Commissari lo ha trovato, la mozione di censura sul LuxLeaks è stata bocciata a larghissima maggioranza e il suo piano di investimenti è stato presentato e accolto.
Che dire? Per essere ufficialmente assunto da soli 28 giorni, Jean-Claude Juncker il suo lavoro finora l’ha fatto, anche bene direbbe qualcuno, e ha ricordato chi è comanda. Certo ne ha perso, e molto, in credibilità ma per ora resta lui al comando. Almeno fino al prossimo scandalo.
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Fonte immagine: rtbf.be