Pizzarotti chiama alla rivolta i dissidenti M5S
Espulsioni di massa e una gestione centralistica accendono i riflettori su un movimento in crisi di consensi
Cambiare per far sì che tutto rimanga com’è, o meglio come era prima. Prima delle espulsioni, prima del nuovo Direttorio, ma soprattutto, prima della debácle subita alle ultime regionali. In altre parole, un ritorno alle origini, come lo ha definito lo stesso Pizzarotti, a quell’innocenza politica che molti temono di perdere. Eccola, quindi, la ragion d’essere dell’Open Day organizzato a Parma domenica 7 dicembre. Una rimpatriata tra vecchi amici, voluta fortemente dal Sindaco pentastellato, con l’obiettivo di ridare slancio ad un movimento in crisi di consensi, che sembra aver smarrito il cammino e che si sta allontanando sempre di più dalla sua base.
All’Hotel Villa Ducale c’erano un po’ tutti: delusi, espulsi e dissidenti, ma mancavano loro, i deus ex machina del M5S. Grillo e Casaleggio, padri fondatori di un movimento che aveva riportato alle urne milioni di cittadini offesi e disaffezionati ad una politica che da anni pensa solo alle poltrone e ai privilegi della casta. Una “rivoluzione dal basso”, così la avevano chiamata, che si opponeva alle logiche partitiche e che proprio ai cittadini voleva ridare voce. Oggi, a cinque anni dalla convention tenutasi al Teatro Smeralda, coloro che dovevano portare una boccata d’aria fresca nella politica italiana sembrano ostaggio di quella stessa crisi interna che ha fiaccato i vecchi partiti.
La proprietà commutativa della politica nostrana – Perché, anche se cambiano nome e orientamento politico, la questione di fondo rimane sempre la stessa, quella che passa per leader “schiavi” di un’autorità a cui non sanno rinunciare. Poco importa, poi, se ci si riempie la bocca di parole altisonanti, come democrazia dal basso e partecipazione, il risultato non cambia. Così, può accadere che tocchi ad un “semplice” sindaco farsi portavoce del malessere dilagante. Lo stesso sindaco che, rischiando di essere cacciato, si è deciso a tirare fuori da sotto al tappeto anni di gestione centralistica e tutt’altro che partecipativa. Una mala gestione, quindi, colpevole di aver fatto disinnamorare molti attivisti, iniziata con le espulsioni, lesive del “sacro” diritto ad esprimere opinioni politiche e conclusasi con la nomina del Direttorio, figlio della volontà della leadership.
Ma ‘ndo vai se la televisione non ce l’hai – Così, mentre ci si strugge al ricordo di quel che fu, ecco affiorare una nuova problematica. Una questione che, fino ad oggi, era stata sottovalutata, ma che adesso si ripropone con forza, strettamente connessa con il calo dei consensi: le apparizioni nei talk show degli attivisti pentastellati. Fin dall’inizio, infatti, il “duopolio” Grillo-Casaleggio aveva rigorosamente vietato ogni forma di partecipazione televisiva. I motivi sono noti a tutti: proteggere dai “famelici” giornalisti gli sprovveduti grillini e la convinzione che solo la rete possa offrire garanzia di democraticità. Niente di più sbagliato, a quanto pare, visto che senza il potere comunicativo del tubo catodico il M5S perde sempre più terreno rispetto ai suoi avversari politici.
Da movimento a partito politico – Così, ecco spuntare dal nulla una soluzione: il Direttorio dei “5 scudieri”, come lo definisce Tommaso Ciriaco. Una squadra di fedelissimi voluta dalla coppia Grillo-Casaleggio per riappropriarsi del territorio, grazie al coordinamento tra i vari soggetti istituzionali, ma soprattutto capace di fungere da antidoto al dissenso crescente. Una sorta di M5S 2.0, sempre più simile ad un partito politico, anche se dallo stesso direttorio ci tengono a stroncare sul nascere questo “impuro” accostamento. Peccato, però, che nella foga di ribadire il valore movimentista del nuovo soggetto politico si dimentichino, proprio, di coloro che dei movimento sociali e politici sono l’anima: gli elettori, completamente estromessi del loro ruolo originario. In altre parole, se uno vale uno, il direttorio rischia di valere tutti.
“Il clan degli scissionisti” – Un pericolo, quello della mancata rappresentatività, che andrebbe assolutamente scongiurato, soprattutto nell’attuale momento politico. Una fase in cui le fronde di dissidenti sembrano aver “infettato” un po’ tutti i partiti politici e il M5S, suo malgrado, non fa eccezione. A poco, quindi, sembra essere valso il terrore di “robespieriana” memoria, perché, nonostante le dichiarazioni di Pizzarotti, la miccia della “rivolta” è stata accesa. Prova ne sono i consiglieri toscani eletti con il M5S, ma da tempo in rotta con la direzione centrale del movimento e pronti a unirsi alla corrente del sindaco di Parma. Un drappello di dissidenti ai quali potrebbero aggiungersi una ventina di parlamentari, i quali starebbero meditando di lasciare la casa del padre per unirsi ai “figli delle stelle”.
La deriva “partitica” che sta assumendo il M5S, purtroppo, era già nell’aria. Infatti, con un po’ di attenzione, se ne poteva respirare l’odore già da tempo. Una deriva figlia un’organizzazione politica che, mentre predicava bene, razzolava male. Un soggetto politico che non voleva essere un partito, ma che come tale ha imposto la sua linea politica. Con questo tipo di premesse, non si sarebbe dovuto attendere molto prima di vedere il giocattolo pentastellato andare in frantumi. Perché, se c’è una cosa che un movimento politico non può e non deve assolutamente fare, è smettere di ascoltare tutte le varie voci che compongono il coro. Lo sanno bene Pablo Iglesias e gli attivisti di Podemos, che hanno scelto l’“isolamento” solo perché obbligati dall’attuale contesto politico, non vedendo i mass media come la longa manus di un regime tirannico ma, anzi, sfruttandoli a loro vantaggio. Soprattutto non hanno fatto di internet l’unico e solo baluardo a tutela della democrazia, per poi finire a trasformarlo in uno strumento privato nelle mani del Capo.
Le cose nel M5S, pero’, sembra stiano per cambiare, a cominciare dall’eliminazione del nome del suo fondatore dal simbolo del movimento. Una scelta coraggiosa, ma indispensabile per recuperare la “verginità” politica.
(fonte immagine: http://www.ilmessaggero.it/)