Presepe negato a scuola: come dividere anziché unire
La vicenda della scuola elementare di Bergamo non deve prestarsi a facili strumentalizzazioni politiche. È altresì necessaria una riflessione su ciò che voglia davvero dire integrazione, dialogo, convivenza tra culture diverse
di Marco Assab
L’episodio che nei giorni scorsi tanta eco ha avuto sui media, riguardante il presepe negato nella scuola elementare “De Amicis” di Bergamo, ha due versioni. La prima: il preside avrebbe vietato nella sua scuola l’allestimento del presepe in quanto, trattandosi di un istituto multietnico con una presenza di alunni stranieri che varia dal 30 al 50% nelle singole classi, esso può rappresentare un elemento discriminatorio, insomma offensivo della sensibilità dei bambini non cristiani. La seconda, ossia quella che circola nelle ultime ore, riferisce che il preside in realtà non avrebbe vietato nulla, ma altresì concesso piena libertà decisionale ai maestri in base alla loro specifica realtà scolastica, classe per classe insomma. Comunque si siano svolti i fatti è scoppiato un putiferio, una polemica che si poteva benissimo evitare perché ancora una volta il tema dell’integrazione viene affrontato da una prospettiva totalmente errata.
L’onnipresente Matteo Salvini si è subito precipitato fuori dalla scuola portandocelo lui il presepe, producendosi nell’ennesima strumentalizzazione a metà tra il folkloristico e il pacchiano. Insomma il preside, senza volerlo, ha fornito un assist eccezionale ad un partito (la Lega) che ultimamente sembra essere particolarmente attento a tutte quelle vicissitudini dove si evidenzia la difficile convivenza tra culture diverse. Ma questo atteggiamento da “crociati”, questo voler dipingere il quadro sociale come un “Noi” contro un “Loro”, è assolutamente deleterio e distruttivo.
A nostro avviso in questa vicenda sbagliano tutti, a partire dal preside. Convivenza tra culture diverse non significa azzeramento delle stesse. Non è vietando l’allestimento del presepe che si evita di “offendere” la sensibilità dei non cristiani. Se questa fosse una soluzione, bisognerebbe dunque vietare anche altri simboli religiosi, il velo musulmano ad esempio. In una scuola multietnica il velo potrebbe urtare la sensibilità di un cristiano, così come il presepe quella di un musulmano… Dunque andrebbe vietato tutto! Ma che sciocchezza è mai questa? Non è riducendo al silenzio le varie culture che si crea integrazione. E a dirla tutta la libertà di espressione, da sola, non basta a creare integrazione, manca un ingrediente fondamentale: il dialogo.
Viene da domandarsi poi come questo preside non abbia pensato che una decisione del genere avrebbe potuto offendere la sensibilità dei credenti cristiani, scatenando vivissime proteste. L’Italia è un paese cristiano per cultura e tradizione, particolarmente poi il Natale è una festività molto sentita e partecipata: perché dunque perder tempo in simili sciocchezze che hanno tanto il sapore di una vera e propria provocazione politica? Il presepe non offende proprio nessuno, lo si lasci lì dov’è nell’insieme dei simboli che denotano la nostra cultura, consentendo altresì anche alle altre culture di esprimersi liberamente e senza condizionamenti.
Ma spostandoci su un ulteriore livello di analisi possiamo dire che questo dirigente scolastico, pur senza volerlo, con questa decisione ha ottenuto l’effetto opposto di ciò che auspicava! Negare o limitare l’allestimento in una scuola del presepe anziché garantire “pari opportunità” diventa paradossalmente un elemento di divisione, di scontro, una decisione che acuisce le differenze perché scontenta proprio i cristiani.
Sbaglia poi la politica: le strumentalizzazioni poste in essere da alcuni partiti in merito a questa vicenda risultano quanto mai fastidiose. Si rifugge dal cercare vere soluzioni al problema dell’integrazione, il quale è forte nel nostro Paese. La multiculturalità è una realtà ormai percepibilissima, è sufficiente salire su un autobus nell’ora di punta in una grande città italiana… Ma il luogo dove si può realizzare quella grande conquista che è l’integrazione è proprio la scuola, ecco perché tutto si deve fare tranne che acuire lo scontro interculturale all’interno di un istituto scolastico.
Ma attenzione: cosa vuol dire integrazione? E’ un termine che racchiude in se molteplici significati. Diritti, pari opportunità, lavoro, rispetto delle altrui credenze, libertà di culto. Ma in questo specifico frangente ci riferiamo ad essa come alla possibilità di mettere in dialogo culture differenti. Ecco, la scuola potrebbe permettere a bambini e giovani di iniziare presto un cammino di condivisione, di conoscenza, di ascolto, con chi è culturalmente diverso. La politica in tutto questo può e deve fare di più. Perché ad esempio non trasformare l’ora di religione in una “ora delle religioni”? A parere di chi scrive è inammissibile che durante l’ora di religione cattolica i ragazzi di altre fedi si alzino ed escano dalla classe per andare a fare altro. No, non è così che si crea integrazione. Questa sorta di “apartheid” è inammissibile. Sarebbe estremamente prezioso se in quell’ora i ragazzi, a prescindere dal loro credo, rimanessero tutti insieme in classe, dando vita ad un momento di studio, approfondimento, dialogo, confronto tra religioni diverse.
Cos’è che fa paura? Fa paura ciò che non si conosce, il cristiano non conosce il musulmano e viceversa, e questa non conoscenza genera sospetto, timore. Togliamo dunque ogni velo divisorio che impedisce la piena conoscenza l’uno dell’altro, in un ambiente neutro (la scuola) dove è possibile far fiorire il seme del dialogo e dell’amicizia.
Un’ultima tiratina d’orecchie, se ci è concesso: sbagliano anche i media. Essi ancora una volta hanno privilegiato l’aspetto dello scontro, della contrapposizione tra culture, ma non si sono però presi la briga di andare a chiedere ad un genitore musulmano cosa ne pensasse di questa situazione. Sarebbe stato il colmo se il musulmano avesse risposto “a noi il presepe non arreca alcun disturbo”, avrebbero fatto tutti, ma proprio tutti, una gran figuraccia.
(fonte immagine: http://www.meteoweb.eu)