La realtà “dipinta” di Franco Fontana
A Roma Palazzo incontro ospita “Full Color”, la più grande retrospettiva mai dedicata al maestro modenese. L’esposizione sarà aperta fino all’11 gennaio 2015
Può la realtà visiva essere usata come i colori della tavolozza di un pittore? Per Franco Fontana sì. Il fotografo modenese – le cui opere sono esposte a Palazzo Incontro fino all’11 gennaio 2015 – riesce a creare fotografie che prendono le sembianze di veri e propri dipinti. Nei quali, però, la pennellata è data dall’artista con il click del suo obiettivo.
Che si tratti di nuvole, campi di grano o palazzi, i colori delle cose assumono consistenza e danno forma agli spazi. Spazi che perdono profondità e prospettiva. Curve, linee e forme geometriche si susseguono e si intrecciano per dar vita a immagini che sembrano astratte. Cielo e terra si confondono e ci si ritrova a domandarsi se quello che si sta osservando sia mare, neve, sabbia o terreno.
Fontana ha una sorta di riverenza nei confronti dei colori, ne fa una vera e propria scelta estetica. Negli anni ‘60 la foto artistica era prevalentemente in bianco e nero. Lui, invece, decide di fare dell’uso del colore parte essenziale della sua arte. E si cimenta così in un’opera ambiziosa: rendere la “normalissima” realtà a colori un qualcosa di speciale, poetico ed emozionante.
Un percorso, quello del maestro modenese, raccontato dalle 130 fotografie in esposizione. Si tratta della più grande retrospettiva a Roma mai dedicata a Franco Fontana, curata da Denis Curti, promossa dalla Regione Lazio nell’ambito del Progetto ABC Arte Bellezza Cultura e organizzata da Civita.
Si parte dai paesaggi degli esordi: luoghi quasi irreali che permettono di entrare nella foto e sentire il vento, il fruscio delle foglie, il freddo, il silenzio e il tepore di un tramonto in campagna. Queste immagini provocano rimandi emotivi che agiscono senza il bisogno di essere codificati. Una dimensione di pace e di spazi sconfinati di cui l’uomo non fa parte ma è invitato a viverne le sensazioni. E forse proprio per la loro caratteristica di essere paesaggi reali eppure no, questi luoghi dell’immaginario permettono più facilmente di accedervi con la mente, vagare al loro interno perché sono in sintonia con il nostro mondo interiore.
Lontano da un approccio documentaristico, Fontana vive la fotografia come un modo per interpretare la realtà e offrire il proprio punto di vista: protagonista delle sue opere è la forma che le cose assumono all’occhio di chi le osserva. La foto diventa oggetto d’arte, costruzione di un’immagine che rimanda al bello, a una sensazione e non vuole necessariamente testimoniare qualcosa.
Peccato per “Baia delle Zagare”, foto che divenne immagine di una campagna del Ministero della Cultura Francese, poco illuminata e in una posizione che non ne facilita la visibilità.
Dai paesaggi naturalistici si passa alla serie degli asfalti. Lontani anni luce dagli spazi sconfinati degli esordi, ci si ritrova in una sala stretta, attorniati da fotografie che ristringono il campo dell’immagine e immergono in un contesto prettamente metropolitano: strisce pedonali, tombini colorati di rosso, frecce segnaletiche dipinte sulla strada. In questi ritratti l’uomo c’è pure non essendoci. Non viene immortalato ma il suo segno è quanto mai evidente.
E la presenza/assenza dell’uomo è un tema ricorrente nell’opera di Fontana. Talvolta la sua figura si affaccia nella fotografia, benché possa apparire come un elemento estraneo, un corpo che riempie quello spazio, come un branco di pesci all’interno di un acquario in un fermo immagine tra le vie della città. In altre foto, appare solo di spalle o sotto forma di ombre. Ombre silenziosamente allungate sull’asfalto o sullo sfondo, rivolte a osservare l’orizzonte. Anche in questo caso Fontana riesce a trascinare l’osservatore all’interno della fotografia. Quell’ombra nel ritratto potrebbe essere proprio quella di chi sta ammirando l’opera.
Altre volte ancora la presenza dell’uomo è dovuta alla sua attività: le case, i palazzi, i muri. E anche il tessuto urbano, come la natura, viene utilizzato da Fontana come il pittore usa le tempere, restituendoci scene cristallizzate e silenziosamente sospese come in un quadro di Hopper.
Il percorso si conclude nel segno dell’acqua. Ci sono i mari, distese sempre uguali e sempre diverse, apparentemente inanimate ma capaci di esprimere una forza superiore. E le piscine, dove corpi perfetti e sinuosi nuotano in spazi sospesi strizzando l’occhio a un edonismo che era proprio del periodo in cui sono state scattate le foto, non a caso gli anni ’80.
Franco Fontana Full Color
Roma, Palazzo Incontro
fino al 11 gennaio 2015
per info: http://www.fandangoincontro.it