L’odore digitale dei libri
E-book, self-publishing, e-commerce sono tra le tematiche più sentite nel mondo dell’editoria. Per un popolo di non-lettori, il regime fiscale del libro elettronico non aiuta
Il profumo delle storie o, più semplicemente, delle emozioni raccolte nei libri. Così mi ha accolto “Più libri più liberi”, la Fiera della Piccola e Media Editoria di Roma giunta alla sua tredicesima edizione. Nel Palazzo dei Congressi dell’Eur si è realizzata la magia: miliardi di pagine che convergono verso l‘Italia della cultura, mostrando il lato più bello, ma, ahimè, spesso nascosto del nostro Paese.
Il digitale, sinonimo di ambiente e di nuovo prodotto culturale, è stato uno dei tanti protagonisti della Fiera: nell’epoca del “selfie”, anche la pubblicazione risente dell’autonomia della quotidianità.
L’auto-pubblicazione, nonché la crescente confidenza con l’e-book, mi hanno spinto, così, a riflettere sull’effettiva concretezza dell’universo italiano dei libri 2.0. Un mondo diviso, forse troppo, tra i sostenitori della tradizione e chi vede, nella tecnologia, l’unica forma di progresso sociale.
In un Paese che legge pochissimo, cresce, però, il numero degli autori che aggira l’intermediazione delle case editrici. Una proporzionalità inversa, un fenomeno paradossale che attinge la sua essenza in quella zona grigia tra la voglia di celebrità (la cosiddetta vanity press), e una creatività e mentalità sempre più digitalizzata, anche in Italia.
Nel gap tra acquisti e vendite, la battaglia per l’IVA sugli e-book, poi, delinea un quadro poco felice. Il regime fiscale europeo ha, da subito, suscitato malumori e perplessità: la tassazione di un libro elettronico con un’aliquota IVA pari al 22%, a differenza di quella al 4% per il cartaceo, ha inutilmente discriminato due beni che, nella natura, sono identici: l’e-book è, infatti, un libro, il quale si arricchisce delle potenzialità offerte dal linguaggio informatico.
Uguaglianza che si è tradotta nella proposta del ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini di equiparare i due regimi fiscali, ben accolta dalla Commissione Bilancio e trasposta in un emendamento alla legge di stabilità per il 2015.
Una scelta, questa, che rischia di esporre l’Italia ad una procedura di infrazione da parte di Bruxelles: questo perché l’Europa identifica il libro elettronico come un servizio digitale e, quindi, il taglio operato dall’Italia delineerebbe un aiuto di stato in tal settore, contrario alle norme sovranazionali.
Un dibattito inserito nell’Agenda Ecofin di qualche giorno fa ed oggetto, ieri, dell’interrogazione parlamentare a Franceschini, il quale ha dichiarato di voler proseguire il supporto italiano al digitale, con la speranza che l’emendamento riceva il “Sì” anche dal Senato.
Lungi da voler attribuire colpe di vario genere, ciò dimostra che quando si parla di progresso tecnologico, ci si muove sempre su un terreno altamente instabile, che rende di fatto difficoltoso l’allineamento su scala globale della cultura delle Rete.
Il modello digitale, non è il modello vincente o, per lo meno, è presto per dirlo. Ma è un’alternativa che deve essere presa in considerazione con tutte le conseguenze del caso. Soprattutto quelle di “dinamiche della collettività”.
Un esempio? La necessità di un filtro culturale e cognitivo, stante l’impossibilità per il lettore/utente di vagliare le innumerevoli proposte letterarie offerte dalla Rete, realizza una trasmigrazione delle funzioni di mediatore, tipiche dell’editore, sull’aggregato sociale cibernetico. La democrazia di Internet, che vota a colpi di “like”, diventa comunità garantista della qualità di un’opera.
A fare da cornice nel mondo rappresentato da 0 e 1, c’è il mercato che parla in linguaggio binario: l’e-commerce, il grande punto interrogativo soprattutto per la piccola e media editoria. Guardando l’obiettivo dello scambio, il commercio elettronico non può che essere un rimedio: rende viva la domanda di libri.
Viene, di fatto, a crearsi una sinergia che spinge sue due fronti: su quello editoriale, in termini di diffusione capillare, di vetrina sul territorio globale del relativo catalogo; sul versante del distributore virtuale, in termini di accrescimento del potere di mercato per l’offerta di libri difficilmente reperibili fisicamente.
La funzione dei colossi dell’e-commerce, come Amazon, è quella di rendere disponibile le diverse proposte letterarie. La selezione del prodotto, poi, è rimessa al lettore, che in virtù delle nuove dinamiche sociali del Web, a cui accennavamo poco fa, ne diventa censore o, specularmente, promotore.
E così, anche il fattore digitale può avere un suo odore. Quello delle idee nuove. L’e-book, all’interno di un sistema mediatico centrato sulla lettura, è l’evoluzione, è il nuovo modo dell’essere libro, è insieme di condivisioni e versatilità culturale.
“È tempo di leggere”.