“A mano disarmata”: il giornalismo che combatte le mafie
L’Auditorium – Parco della Musica di Roma ha ospitato “A mano disarmata”, il primo Forum internazionale dell’Informazione contro le Mafie
“A mano disarmata” è il nome scelto per il primo Forum internazionale dell’Informazione contro le Mafie, che si è tenuto a Roma lo scorso 5 dicembre all’Auditorium – Parco della Musica.
L’evento, indirizzato prevalentemente agli studenti degli ultimi anni delle scuole superiori e ai giornalisti, è stato organizzato dall’Associazione Stampa Romana in collaborazione con la Fondazione Musica per Roma e con l’Alto Patrocinio della Presidenza del Senato.
Nella prospettiva degli ideatori, l’appuntamento del 2014 ha inaugurato un filone di incontri, dibattiti, proiezioni e interviste sul tema del crimine organizzato visto attraverso gli occhi di quei giornalisti che ogni giorno, in ogni parte del mondo, denunciano questa realtà a costo di grandi fatiche e serie minacce. Questo appuntamento si ripeterà dunque ogni anno, focalizzandosi di volta in volta sui problemi riguardanti le mafie sia in Italia che nel resto del mondo.
Il forum ha preso il via con un incontro tra Istituzioni e studenti, che hanno potuto dialogare direttamente con il presidente del Senato Pietro Grasso (ex capo della Direzione nazionale Antimafia).
Per questo primo anno, il tema scelto è stato il rapporto di connessione, uguaglianza e diversità delle due terre madri del narcotraffico mondiale: il Messico dei Cartelli dei Narcos e la Calabria delle ‘Ndrine, descritto dal reportage “Silencio” di Attilio Bolzoni e Massimo Cappello, proiettato in sala e commentato dallo stesso Bolzoni.
Nel pomeriggio, ad aprire la seconda parte del forum, quella rivolta ai giornalisti, è stata la proiezione del documentario animato “Reality 2.0” del filmmaker messicano trapiantato in Germania Victor Orozco.
Il documentario, visionabile integralmente sul sito dell’artista, è un racconto per immagini della violenza esplosa in Messico negli ultimi anni a causa degli scontri tra i cartelli della droga e delle strategie comunicative che applicano per intimidire gli avversari e la popolazione tutta. Aanche loro, come l’Isis, filmano punizioni, scontri, torture, mutilazioni ed esecuzioni e le caricano su YouTube per poi condividerle sui social network.
A illustrare a giornalisti e studenti la realtà messicana del crimine organizzato, oltre a Victor Orozco, era presente anche Anabel Hernández, giornalista di fama internazionale e autrice di “Narcoland: the mexican drug lords and their godfathers”, che mostra il rapporto strettissimo malato tra autorità e narcotrafficanti. La Hernández è sotto protezione proprio per le sue inchieste scomode e nel 2012 è stata premiata con il Golden Pen of Freedom Award.
Assieme a lei Diego Osorno, giornalista e documentarista definito da molti il “Saviano messicano”, autore di “Z: La guerra dei Narcos” (leggi la nostra intervista del 2013) e di numerosi altri libri, documentari e inchieste sul tema.
Con loro, come “controparte” italiana, Francesco La Licata, giornalista siciliano da sempre impegnato a svelare le azioni mafiose sulla sua terra e in tutta l’Italia e Lirio Abbate, giornalista sotto scorta che su L’Espresso già nel 2012 tracciava il profilo dei “Quattro Re di Roma” che si erano spartiti la città.In rappresentanza delle Istituzioni, Maurizio De Lucia, sostituto Procuratore Nazionale Antimafia presso la Direzione Nazionale Antimafia.
Coordinati da Paolo Butturini, segretario dell’Associazione Stampa Romana, questi grandi e coraggiosi giornalisti hanno mostrato come si debba indagare in profondità quando ci si accorge che qualcosa di illegale, ingiusto o non democratico diventa nella percezione comune qualcosa di quotidiano e inevitabile. Il buon lavoro giornalistico quindi accompagna la Procura e i magistrati nelle indagini, trova spesso fonti a loro precluse e,soprattutto, si immerge nella quotidianità dei cittadini con occhi e orecchie aperte, domandandosi il perché delle cose.
Facendo un confronto tra Messico e Italia, è stato chiesto agli ospiti internazionali quali fossero le differenze tra quello italiano e il sistema mafioso dei Cartelli dei narcotrafficanti e, soprattutto, la differenza di reazione della società civile a questi sistemi illeciti.
Hernandez, Osorno e Orozco hanno ripercorso la storia della nascita di questi cartelli, che negli anni ’70 stipularono un vero e proprio patto diretto con il governo che consentiva loro di avere sul territorio piantagioni di marijuana e oppio, a condizione che non la vendessero nel Paese, pagassero una dazio e non provocassero scontri o atti di violenza.
Negli anni ’80 i traffici di questi cartelli aumentarono, soprattutto quello della cocaina colombiana, e il business si fece ancora più grande. A scatenare gli scontri interni di vera guerriglia tra i cartelli fu poi la decisione nel 2008 del governo Calderòn di dare protezione al solo Cartello di Sinaloa.
Dopo l’excursus storico, i tre giornalisti hanno spiegato che in Messico – ad oggi – è impossibile una forte opposizione dei cittadini onesti a questa situazione, non perché i cartelli portino ricchezza (falsa supposizione che nega la realtà di miseria dei villaggi dove sono presenti le piantagioni di droga) ma perché i cittadini sono terrorizzati e sanno di non potersi fidare delle Istituzioni, colluse in maniera evidente e persino dichiarata, anche ad altissimi livelli, con questi narcotrafficanti.
Puntando i riflettori su realtà che appaiono lontane, il primo Forum dell’Informazione contro le mafie ha tutta l’intenzione di mostrare che lontane non sono più, in questo mondo sempre più interconnesso.