Vertice Iberoamericano: niente politica e nessuno si fa male
In Messico il Vertice Iberoamericano 2014 si è distinto per le numerose defezioni ed un target low profile, volutamente definito dai suoi partecipanti
di Sara Gullace
Lunedì 8 e Martedì 9 Dicembre si è riunita a Veracruz in Messico, la 24^ Cumbre, il Vertice Iberoamericano che coinvolge America Latina, Spagna, Portogallo e Andorra, con l’obiettivo di programmare strategie di sviluppo politico-economico comuni. Ma proprio questi due temi, politica ed economia, sono stati solo breve comparse al tavolo di discussione: consapevoli delle forti differenze che caratterizzano, ormai da anni, i Paesi sudamericani ed europei, gli stati membri hanno deciso di puntare su argomenti di secondo piano ma che potessero raccogliere il consenso comune, mettere tutti d’accordo. Emblematica l’uscita iniziale di re Felipe di Spagna: “Arriveremo fin dove potremo“. Una presa di coscienza sulle difficoltà di definire, attualmente, piani di intervento e di riforma che soddisfino tutte le parti.
Il Vertice non è stato molto sentito in America del Sud: Cuba, Brasile, Argentina, Venezuela, Nicaragua, El Salvador e Bolivia hanno fatto registrare la mancata presenza adducendo ragioni varie: da problematiche logistiche a questioni di salute. Assenze anche di un certo “peso”, se consideriamo che il loro Pil totale supera il 50% dell’area latino-americana. E al di là dei pretesti, sono assenze che fanno riflettere sull’importanza di questo appuntamento agli occhi dei suoi stessi componenti nonché sull’interesse all’incontro ed allo scambio dei partecipanti.
Con priorità tanto distinte, modelli economici fortemente differenti così come gli interessi finanziari, commerciali e politici, il Vertice ha dato prova ancora una volta di non riuscire a coinvolgere in pieno i Paesi chiamati all’appello che, invece, sembrano interagire meglio all’interno di alleanze più circoscritte e selettive.
Concentrati, quindi, su intenzioni pragmatiche e di interesse comune, l’attenzione è stata focalizzata su innovazione, cultura ed educazione: tematiche tutt’altro che di poca importanza, comunque, e che hanno evitato scontri ideologici e prese di posizione su negoziati e politiche economiche.
Protagonista di questa due giorni di dibattiti è stato il Pogramma Paulo Freire, l’Erasmus iberoamericano: un piano che coinvolge non solo studenti ma anche professori e ricercatori nell’interscambio accademico. Oltre mille le università, l’intenzione è garantire esperienze internazionali per 200mila persone entro il 2020. A partire dal prossimo anno.
Il programma era stato presentato lo scorso Luglio durante la Conferenza Internazionale dei Rettori e presuppone un investimento stimato di 90 milioni di euro, cui si farà fronte con impegno statale e privato. Tutti d’accordo, chiaramente, sull’importanza dell’internazionalizzazione delle esperienze e sulla necessità di investire per il “futuro” dei Paesi.
Appoggio anche per l’Agenda Culturale Digitale, programma di nove punti per sensibilizzare la cultura territoriale, largamente intesa: dalle tradizioni popolari, alle arti visuali, passando per la gastronomia. Il progetto punta allo sviluppo dell’industria culturale nonché alla programmazione mirata di interventi di ripresa e tutela del patrimonio artistico in caso di calamità naturali.
In tema di innovazione, il Presidente colombiano Juan Manuel Santos è stato il primo a rimarcare il ritardo dell’America Latina nel settore, sostenendo la necessità di compenetrare la tecnologia allo studio scientifico. Particolare risalto dovrebbe essere dato, secondo lui, all’incontro tra biotecnologie e biodiversità sfruttando un patrimonio di cui il continente “è estremamente ricco“.
A fronte di queste idee, l’anfitrione, il presidente messicano Enrique Peña Nieto ha chiesto “risultati tangibili“, soprattutto per quanto riguarda la mobilità universitaria, che sembra essere un progetto già ben avviato e pronto per la partenza.
Di crescita economica, quindi, meglio non parlarne: anche perché i dati presentati dal Fondo Monetario Internazionale non sono entusiasmanti, sia quelli trascorsi che i futuri. Il PIL dell’America del Sud non supererà il 3% anche nel 2015, mentre Spagna e Portogallo continueranno a fronteggiare l’incubo disoccupazione, tutt’oggi a livelli da primato.
Per riprendersi, i Paesi membri sceglieranno strategie e indirizzi in modo autonomo. L’obiettivo sarà presentarsi con uno stato di saluto migliore al prossimo appuntamento, nel 2016 in Colombia.