L’arte di Norman Rockwell, cronista del ‘900 americano
Buonumore, ironia, impegno. Roma dedica una mostra a Norman Rockwell, illustratore del sogno americano
La retrospettiva su Norman Rockwell a Roma potrebbe essere presentata come la perfetta mostra del Natale. Una carrellata di opere allegre e piacevoli, un percorso affollato di persone spensierate, bambini pestiferi con fedeli cani al seguito e nonni che giocano con i nipotini. Eppure non c’è solo questo a Palazzo Sciarra. Per scoprirlo, bisogna arrivare all’ultima sala, dove sono esposte le opere più mature dell’“illustratore del sogno americano”. Quelle in cui affronta i temi più crudi della società a stelle e strisce, come il razzismo. È anche grazie alla visione di questo Rockwell più “profondo” che il resto della sua opera, quella gioiosa e piena di speranza, assume la forma di una scelta ragionata e non di un’inconsapevole leggerezza.
La mostra – visitabile fino all’8 febbraio 2015 – è organizzata dalla Fondazione Roma-Arte-Musei in collaborazione con il Norman Rockwell Museum ed è curata da Danilo Eccher e da Stephanie Plunkett. Si tratta della prima retrospettiva italiana dedicata all’illustratore americano. Un percorso – arricchito con filmati, fotografie e documenti – che permette non solo di entrare a pieno nel mondo dell’artista, ma anche di immergersi in una società che nel corso del Novecento si è data una propria fisionomia e ha consolidato la sua egemonia sullo scenario mondiale.
E che si tratti di una mostra destinata a incontrare l’apprezzamento generale è subito chiaro. Scorrendo le 323 copertine originali che Rockwell disegnò durante la sua decennale collaborazione con il Saturday Evening Post, non si possono non apprezzare quelle immagini che provocano tenerezza e infondono buonumore. Protagoniste le persone comuni: un campionario umano raccontato attraverso le lenti dell’ottimismo e della gioia di vivere. Rockwell sa restituire istantanee di vita quotidiana come nessun altro. Condensa un intero racconto in una singola immagine grazie agli infiniti dettagli, alla sua capacità di illustrare le caratteristiche “tipiche” e di immortalare il momento rubato, le espressioni buffe e spontanee. Non a caso i soggetti privilegiati sono i bambini: vivaci e pieni di salute. E a maggior ragione, è lodevole che nel programma della mostra siano previste tante attività proprio per i più piccoli. Perché in fondo l’arte non va solo imparata ma anche vissuta e sperimentata.
Conosciuto come “l’artista della gente”, Rockwell è riuscito a disegnare l’American Dream meglio di come gli americani potessero immaginarlo. Da una tribuna privilegiata, ha parlato al Paese più profondo, ritraendone le caratteristiche e plasmandone la fisionomia in una sorta di condizionamento reciproco. Il suo pubblico avrebbe potuto facilmente identificarsi in quei ritratti che rimandavano l’immagine di un sogno americano al quale tutti possono ambire. Un sogno a portata di mano, segnato dai valori di speranza, intraprendenza, democrazia e libertà.
L’ enorme popolarità non fu sempre accompagnata dal favore della critica. L’illustrazione era considerata un’arte minore e le sue opere – realizzate principalmente su commissione – erano ritenute commerciali e troppo edulcorate. Rockwell, in effetti, non propone un ritratto fedele della realtà. Ma la sua sembra una scelta consapevole: raffigurare l’altro lato della medaglia, il modello al quale tendere. Un mondo meno reale e più ideale. Ai detrattori, Rockwell riserva una dissacrante rappresentazione in dipinti come Critico d’arte.
Perché la sua abilità tecnica e la sua competenza artistica gli permettono di prendere la pittura e se stesso poco sul serio, consapevole che nel “gioco dell’arte” c’è spazio anche per ironia e illusione. Come quando si ritrae più giovane in Triplice Autoritratto o alle prese con un foglio bianco in cerca di ispirazione laddove, nella realtà, ogni sua immagine era sottoposta a uno studio meticoloso fatto di bozzetti e di un ampio uso della fotografia.
Negli ultimi anni la sua arte si fa espressione di messaggi di portata universale come la riproduzione in immagini delle libertà fondamentali proclamate da Roosevelt nel corso della seconda guerra mondiale. Interrotta la collaborazione col Saturday Evening Post, Rockwell comincia a lavorare per la rivista Look e si dedica a temi più sociali come i diritti civili e la discriminazione razziale. The problem we all live with e Murder in Mississippi rivelano la carica emotiva di cui era capace il suo lavoro e svelano definitivamente un occhio sensibile e attento. Nonostante le tematiche, in quelle immagini non c’è spazio per sentimenti negativi ma emergono fierezza, dignità e reazione all’ingiustizia. Perché il sogno americano non è solo ambire al meglio, ma anche affrontare con determinazione i tornanti più bui della storia.
American Chronicles: The Art of Norman Rockwell
Roma, Palazzo Sciarra
fino all’8 febbraio 2015
per info: www.mostrarockwellroma.it