Peshawar, la paura di tornare a scuola

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Dolore, cordoglio ma anche richieste di maggiore sicurezza: nella scuola di Peshawar si teme una nuova ondata di violenza, dopo l’attentato che il 16 dicembre ha scosso il Pakistan

di Elisa Di Benedetto

Un momento di raccoglimento in onore delle giovani vittime dell'attentato di Peshawar

Un momento di raccoglimento in onore delle giovani vittime dell’attentato di Peshawar (fonte: Indiatoday)

“Perché non mettiamo al sicuro le nostre vite e quelle dei nostri insegnanti, prima di diventare il prossimo bersaglio dei terroristi?”. Se lo chiedono gli studenti pakistani, dopo l’attacco talebano alla scuola di Peshawar del 16 dicembre scorso.  Nei giorni immediatamente successivi, hanno affidato ai social media messaggi di cordoglio e di denuncia per esprimere la propria vicinanza alle oltre 140 vittime e alle loro famiglie; tali manifestazioni di empatia sono state accompagnate da un appello per una maggiore sicurezza nelle scuole.

“Perché non creiamo dei passaggi sotterranei con accessi nascosti, che conducano direttamente alla strada?”, chiede una giovane studentessa di Islamabad. Attraverso Facebook ha condiviso un elenco di idee per rendere più sicura la scuola che frequenta: “allarmi che ci mettano immediatamente in contatto con le altre scuole e con le guardie; poliziotti con armi cariche ed equipaggiati con tutto ciò di cui hanno bisogno; telecamere nelle zone della scuola che sono meno frequentate”.

La sicurezza degli istituti scolastici è diventata una priorità, tanto da spingere il governo a prolungare la chiusura delle scuole per il periodo invernale, in gran parte del Paese. L’inizio del periodo di vacanza, che di solito si svolgeva dal 24 al 31 gennaio, è stato anticipato al 19 dicembre e la chiusura posticipata al 3 gennaio, per poi essere estesa al 12 gennaio. Un provvedimento necessario non solo per il timore di reazioni e ulteriori attentati in seguito alla decisione del governo di revocare la moratoria sulle esecuzioni dei condannati per terrorismo, ma anche per dare il tempo a scuole, college e università di dotarsi delle misure di sicurezza adeguate.

Come riportano i media pakistani, non sono mancate le polemiche, con proteste da parte delle scuole private, che chiedono al governo di provvedere alla sicurezza e criticano la chiusura prolungata delle scuole, considerata una penalizzazione per gli studenti che si stanno preparando agli esami.

Con oltre 130 bambini uccisi, l’attentato di Peshawar ha riportato l’attenzione su una delle questioni più discusse: la riforma delle scuole religiose, o madrasse, e il loro ruolo nell’educazione dei giovani. La riforma, diventata un delicato tema di confronto dopo l’11 settembre, rientra tra i venti punti dell’Action Plan predisposto dal Governo per bloccare i finanziamenti ai gruppi terroristici e impedire la propaganda dell’estremismo e dell’intolleranza da parte dei mezzi di informazione. Tra le proposte nell’ambito dell’istruzione, vi sono la registrazione delle scuole religiose, il monitoraggio dei programmi formativi e l’introduzione delle materie studiate nelle madrasse come percorso di studio specifico solo dopo 16 anni di formazione.

Mentre continuano il dibattito e il confronto a livello politico e istituzionale, tra i bambini e i giovani studenti di Peshawar è palpabile la paura di tornare a scuola.

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