Corruzione, al via l’Anac di Raffaele Cantone
L’Italia “maglia nera” in corruzione: riuscirà la struttura diretta da Raffaele Cantone a porre un freno al malaffare?
Stando all’ultimo Corruption perception index pubblicato da Transparency International sul finire del 2014, l’Italia è il paese più corrotto d’Europa. Siamo al 69esimo posto, lo stesso occupato nel 2013, solo che Bulgaria e Grecia hanno migliorato la propria posizione raggiugendoci; quindi, dietro di noi non c’è nessuno tra i paesi dell’Ue. Stessa situazione tra i membri del G7. Ultimi. In posizione appena superiore alla nostra Sudafrica e Kuwait, di poco sotto Montenegro e Sao Tomè. Tra i paesi del G20 fanno meglio di noi Usa e Canada ma anche Arabia Saudita e Turchia.
Gli osservatori internazionali – che stilano la classifica in base a 12 differenti fonti di dati provenienti da 11 diverse istituzioni internazionali che registrano la percezione della corruzione nel settore pubblico negli ultimi due anni – hanno assegnato all’Italia 43 punti. Il massimo è di 100 punti. Il nostro paese, in pratica, non raggiunge la sufficienza.
I recenti scandali relativi a “grandi opere” come Expo 2015 e Mose hanno indirizzato pesantemente la pessima performance italiana. Tuttavia, è stata evitata la caduta libera in classifica, rilevano in molti, grazie al varo della Legge Severino e alla decisione del governo Renzi di concedere maggiori competenze all’Autorità Nazionale Anticorruzione (Anac) diretta da Raffaele Cantone. La struttura, primo tentativo vero e proprio di combattere il malaffare nel nostro paese, è entrata ufficialmente in funzione poco meno di una settimana fa.
L’Anac avrà a disposizione 305 uomini e donne divisi in due sezioni: una deputata alla prevenzione del fenomeno, l’altra al controllo degli appalti. Fino a 9 mesi fa ne contava appena 25: l’incremento di organico è stato realizzato incorporando l’Autorità di Vigilanza sui contratti pubblici (Avpc) – un “carrozzone” costato 58 milioni di euro nel 2014, con un organico di 336 unità e diviso in 3 sedi – soppresso dalla legge n. 114/2014.
Cantone ha dovuto constatare l’inefficienza dei “piani alti” dell’Avpc. Il rapporto dirigente-dipendenti spesso era di 1 a 5, in alcuni casi addirittura solo 2-3 sottoposti per una singola “poltrona”. Il problema non era tanto l’ingente mole di personale con conseguente “appesantimento della gestione” dovuto alla “duplicazione di competenze”, scrive Cantone in un documento di 59 pagine in cui presenta il lavoro dell’Anac, ma semplicemente che l’attività del suddetto personale si è rivelata “poco incisiva ma soprattutto caratterizzata da un eccesso di burocratizzazione e di formalismi”.
A lunghe istruttorie corrispondevano provvedimenti che si limitavano a segnalare l’illegittimità della concessione o della conduzione di un appalto. In pratica, le sanzioni erano multe irrisorie. Niente che potesse incidere come deterrente, o quantomeno assomigliare a una “moral suasion”, nell’ambito di un business da milioni e milioni di euro come quello degli appalti pubblici.
“Valorizzare e riorganizzare le risorse umane e tecnologiche già a disposizione” questo è il punto di partenza di Raffaele Cantone. Sfoltite le voci di spesa (si prevede di tagliare 15 milioni nel corso del 2015) il numero di dirigenti e quello delle sedi, il magistrato napoletano ha chiesto a dipendenti e quadri rimasti di credere in una “nuova visione” del proprio lavoro. Previsto anche un nuovo schema di retribuzione basato sul “profitto” che potrebbe vincere le resistenze dei più restii al cambiamento.
Dopo aver consolidato la “struttura” bisognerà, in primo luogo, promuovere la trasparenza della pubblica amministrazione attraverso la pubblicazione online di spese e compensi (compresi quelli delle società miste). Alle infrazioni bisognerà rispondere solo in extrema ratio con le sanzioni economiche: da testare l’opera di convincimento seguita alla “pubblicità negativa” delle inefficienze.
Tra gli obiettivi prioritari dell’Anac anche quello di rendere i piani anticorruzione, obbligatori per gli enti, dei sistemi concreti e non più delle formalità burocratiche. In questo senso il baricentro dell’Anticorruzione si sposterà sull’attività ispettiva grazie a un ufficio formato da 10 dirigenti pronto a controllare i “grandi appalti” sul campo e che potrà avvalersi – per finalità amministrative – della collaborazione della Guardia di Finanza.
La sfida di Cantone non finisce qui. Il magistrato ha anche dichiarato di volersi avvalere della legislazione sui “whistleblower”. La materia degli “informatori”, ovvero dei “dipendenti pubblici che segnalano illeciti”, è regolamentata in Italia, seppur ancora in modo lacunoso, dall’articolo 54-bis del decreto legislativo del 30 Marzo 2001, n.165.