“Bail Bond”, l’altro lato della giustizia americana
Alle Officine Fotografiche Roma “Bail Bond”, la mostra fotografica di Clara Vannucci su bondsmen e cacciatori di taglie
L’espressione americana bail bond viene comunemente tradotta in italiano con il semplice termine “cauzione”. Eppure questo termine racchiude al suo interno molto più di questo. È la chiave che la fotogiornalista Clara Vannucci utilizza per introdurci in uno degli angoli più bui ed ignoti della giustizia americana: “Bail bond” è infatti il titolo della mostra da lei inaugurata lo scorso 9 gennaio alle Officine Fotografiche Roma, e che resterà aperta al pubblico fino al 30.
Le immagini conquistano prepotentemente l’occhio del visitatore nella grande sala bianca, i volti di uomini e donne, stanchi ma forti, si mostrano con tranquillità dalle loro foto segnaletiche; appena sotto uno dei tanti volti, poche righe: “drug detention, 1.500$”.
La realtà delle prigioni non è nuova per l’autrice, che ha seguito e fotografato un progetto teatrale nel carcere di Volterra e, trasferitasi in America, ha curato un progetto legato alle donne maltrattate a Rikers Island: “Ho iniziato ad informarmi su come funzionassero le agenzie di bondsmen, non ho trovato molto che chiarisse i miei dubbi – ci racconta Clara –, finché una sera ho incontrato Bobby in un bar, che ha finalmente risposto ad ogni domanda e mi ha proposto di scrivere i testi per le mie foto”.
Il fratello di Bobby è un garante (bondsman); il suo compito è quello di assicurare la cauzione a chi viene arrestato, ma non può pagarsela (il defendant). L’imputato torna a vivere da uomo libero grazie alle assicurazioni del garante, a patto che si presenti il giorno prescritto per l’udienza. Qualora il defendant facesse perdere le sue tracce, il garante ha il diritto di inviare cacciatori di taglie (bounty hunters) alla sua ricerca, per riarrestarlo o costringerlo a presentarsi. Il bondsman è un intermediario tra il crimine e la giustizia, il braccio buio della legge, la coscienza dell’imputato. Alcuni sostengono sia il vero segreto del funzionamento del sistema americano.
Negli scatti, il garante è nel suo ufficio, circondato da scartoffie, mazzette di dollari e foto in bianco e nero. Sono gli imputati, aiutati e sorvegliati costantemente. Uno di loro, con un completo rosso, sorride in un altro scatto, accanto a suo figlio prima dell’udienza. Le foto sembrano letteralmente finestre, dalle quali spiare come da un pertugio, le mille vite che compongono quest’altra New York. Chi guarda piomba in un eterno presente, in cui tutto continuamente sta accadendo davanti ai suoi occhi: ogni sguardo tradisce rapidità e sconcerto.
I cacciatori di taglie: pantaloni corti e fisici prestanti, cappellino sulle ventitré e tatuaggi, si arrampicano su cornicioni, vegliano in isolati parcheggi, improvvisano appostamenti ed arrestano con la stessa naturalezza. I volti degli imputati sono forti, limpidi e senza paura: chiedo se qualcuno di loro ha mostrato reticenze nel farsi fotografare: “Tutti i soggetti, anche appena ammanettati, mi hanno firmato la liberatoria – risponde la Vannucci – e appena spiegavo loro il mio desiderio di portare questo universo sconosciuto in Italia, si sentivano parte di qualcosa e con la loro esperienza volevano semplicemente esserci”.
Su una foto in particolare lo sguardo di ognuno si piega rapito. È un poster appeso in casa di un imputato: una Bibbia su cui poggiano una pistola e dei dollari spiegazzati, ai lati della cornice due foto dei suoi figli piccoli, la scritta in fondo recita “choices”. Un promemoria autoimposto, un controsenso poetico ed uno scatto assolutamente d’effetto.
“Io non ho una preparazione canonica, non ho fatto scuole di preparazione. Ma ho avuto una mentore, Donna Ferrato, cui ho fatto da assistente per due anni, che mi ha insegnato a parlare con i miei soggetti fotografici, a permettere loro di fidarsi di me ed è un privilegio di cui le sarò sempre debitrice”. Clara Vannucci ha molte nuove idee in tasca, resterà nelle carceri, ma tornerà in Italia. In attesa di suoi nuovi lavori, si può restare aggiornati grazie al sito claravannucci.com e godersi fino al 30 gennaio il suo racconto visivo alle Officine Fotografiche. Guardare qui non è solo scoprire, è essenzialmente vivere.
“Bail Bond”, di Clara Vannucci
Dal 9 al 30 gennaio 2015
Officine Fotografiche Roma
www.officinefotografiche.org