Svezia, accordo salva governo
Un’estesa alleanza tra coalizione e centrodestra mette all’angolo il partito nazionalista
di Sara Gullace
Ha rischiato di essere il governo più breve della storia di Svezia, (appena 6 mesi) ma, grazie ad una nuova alleanza, avrà regolare vita fino al 2018.
Ad inizio dicembre il Primo Ministro Stefen Lofven, in carica dallo scorso settembre, aveva parlato di elezioni anticipate: il budget della coalizione social-democratici e verdi non aveva raggiunto l’approvazione, conquistando solo 153 voti a fronte dei 182 dell’opposizione. Ago della bilancia, ancora una volta, il partito nazionalista dei Democratici Svedesi, contrario agli investimenti su welfare, lavoro e alle politiche legislative sull’immigrazione proposti dal governo Lofven.
Dati alla mano, lo stesso primo ministro aveva capito la necessità di una svolta decisa: “Nel suo momento, è sembrata la scelta più corretta da fare”, avrebbe detto successivamente, a pericolo scampato. Era stata anche fissata la data: il prossimo 22 Marzo gli svedesi sarebbero tornati alle urne. Previsioni? La probabile, continua, avanzata dei Svedesi Democratici di Karlsson che a settembre erano stati la terza forza con il 13% .
Davanti alla minaccia di un’ascesa ultranazionalista, è stato fatto fronte comune: la coalizione al governo (social democratici e verdi) è scesa a patti con l’alleanza dei quattro partiti di destra (Moderati, Partito di Centro, Cristiani Democratici e Partito Liberale). Sinistra e destra insieme in quello che è stato definito l’Accordo di Dicembre, un messaggio politico forte ai nazionalisti locali ed ai movimenti xenofobi ed estremisti di tutta Europa.
Salvo il governo, le parti si sono legate a vicenda fino al 2022. Elemento chiave dell’Accordo, l’attuale ed i futuri esecutivi dovranno seguire le indicazioni di budget delle opposizioni. Lofven potrà rivedere il suo a primavera ma, dal prossimo dovrà sostenere quello dell’opposizione.
I due blocchi si sono accordati per coordinare le scelte di investimento su pensioni, difesa ed energia. Al tavolo delle discussioni, invece, non è comparso il tema immigrazione che sarebbe stato centrale nelle elezioni di marzo. Gli Svedesi Democratici, infatti, parlavano già di “un referendum sull’immigrazione”.
Al di là di Karlsson, sconfitto quando credeva di avere ormai vinto, le parti hanno accolto l’Accordo con pragmaticità. Secondo il leader dei Democratici Cristiani, Hagglund: “Ci si deve focalizzare sui contenuti politici, non sulle loro forme. Questa soluzione – ha spiegato – permette di farlo”.
Anche Anna Kingberg Batra, leader dei Moderati, ha dimostrato entusiasmo: “Questo patto rafforza la Svezia. Noi dell’Alleanza lo cercavamo da tempo”. E favorevole alle larghe intese, lo è anche il Partito di Centro che, con Annie Loof: “Dal 1970 abbiamo avuto governi di minoranza quasi sempre. Adesso abbiamo l’opportunità di dimostrare la necessità di governare il Paese a prescindere dai blocchi di partito.”
Chi è stato critico nei confronti dell’alleanza dell’ultim’ora, è Jonas Sjöstedt, leader della sinistra. Al centro della sua preoccupazione sono le sovvenzioni statali ai privati. “Se la coalizione non riuscirà a mantenere l’accordo di profitto in merito – ha reso chiaro – non avrà il nostro appoggio sul prossimo bilancio”.
La questione immigrazione dovrà essere comunque affrontata, perché il malcontento percepito è crescente e sempre più manifesto. Le manifestazioni pro-nazionalismo già nel 2013 erano state forti, nel 2014 sono state assaltate 12 moschee: le ultime tre, tra natale e capodanno.
La Svezia è uno dei Paesi europei con maggiore cultura e tradizione di accoglienza – nelle parole di Karlsson “con le politiche di immigrazione più estreme del continente”. Le crisi medio-orientali hanno accresciuto il numero delle richieste di asilo dell’anno scorso (74mila, dati Eurostat). La Svezia, sia chiaro, è tutt’altro che xenofoba: diverse sono state le manifestazioni anti razziste negli ultimi mesi. Eppure i Democratici-Svedesi acquistano consenso e, dopo Charlie, la moschea di Gotenborg è stata minacciata di un nuovo attacco bomba.