Sci, Stefano Gross e la rivincita degli “uomini al palo”

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Prima e prestigiosa vittoria in Coppa del Mondo di Stefano Gross. Il 28enne trentino ha vinto lo slalom di Adelboden riportando l’Italia al successo dopo più di un anno e a meno di un mese dai Mondiali

di Paolo Pappagallo

Stefano Gross esulta per il primo successo in Coppa del Mondo (fonte immagine: raisport.rai.it)

Stefano Gross esulta per il primo successo in Coppa del Mondo (fonte immagine: raisport.rai.it)

Eh no mamma, questa volta voglio fare anch’io l’uomo-jet. Pochi istanti, la mascherina che si abbassa a preservare il colpo d’occhio sulla pista, il segnale puntiglioso del countdown, il cancelletto di partenza che si scosta e la mitica Chuenisbärgli che diventa – di nuovo – realtà sotto sci e scarponcini. Chissà se uno degli ultimi pensieri di Stefano Gross, prima di pennellare la seconda manche più bella della sua carriera sul tracciato di Adelboden – uno dei più tecnici, difficili e affascinanti dell’intero circuito mondiale – è volato rapido oltre l’arrivo, verso la tribuna nella quale ad attenderlo e tifarlo c’erano papà Gino e mamma Paola arrivati apposta da Pozza di Fassa.

Lo slalom speciale non è certo la specialità da incubo di una genitrice alle prese con un figlio innamorato di un paio di lamine che cesellano curve sulla coltre bianca, ma per realizzare l’impresa in uno dei templi dello sci contro i mostri sacri della specialità ci voleva qualcosa in più del classico mood di uno slalomista, abituato a destreggiarsi tra i paletti snodati senza quella pericolosa e quasi cieca perdizione adrenalinica da feticista della velocità, da sempre nemica giurata di tutte le mamme del mondo.

PER UN PUGNO DI CENTESIMI – Stefano non si è certamente risparmiato nel “dare gas” alle sciancrature come e più del solito, descrivendo curve che i Fab Four che lo precedevano nella prima manche non sono riusciti ad emulare. Non certo il francese Jean-Baptiste Grange, al traguardo indietro di oltre mezzo secondo, neppure il dominatore di coppa Marcel Hirscher, beffato per tre centesimi, neanche (purtroppo) il collega azzurro Patrick Thaler, scivolato mentre era comunque abbondantemente in ritardo. Per arrivare al dolcissimo rien ne va plus del tedesco Fritz Dopfer, leader della prima manche e partito praticamente con un secondo di vantaggio, per poi giungere al traguardo alle spalle del trentino per due centesimi, dopo essere stato in testa sino all’ultimo intermedio. Battiti di ciglia, sospiri tra le curve, dettagli decisivi del cronometro. E poi l’esplosione di gioia quasi animalesca, la liberazione, il trionfo. Le fondamenta di un successo si costruiscono anche e soprattutto così, quando si tratta della prima vittoria in carriera e quando con l’orologio hai una parcella molto importante da riscuotere.

Il podio di Adelboden (fonte immagine: trentinocorrierealpi.gelocal.it)

Il podio di Adelboden (fonte immagine: trentinocorrierealpi.gelocal.it)

A Sochi, lo scorso febbraio, Stefano Gross aveva concluso lo slalom olimpico appoggiandosi ad una transenna della zona di arrivo con lo sguardo terreo. La medaglia di bronzo che sentiva già sua era diventata in un amen legno da ardere, per colpa di una curva un po’ più larga sull’ultimo dossetto prima dell’arrivo. Quarto a cinque centesimi dal gradino più basso del podio occupato dal norvegese classe ’94 Kristoffersen. A fargli compagnia ex aequo proprio il tedesco Dopfer. Una botta feroce da digerire per il classe ’86 fassano, uno che pochi anni prima veniva indicato dal responsabile degli azzurri impegnati nelle discipline tecniche, il francese Jacques Theolier, come “il più forte del mondo sul ghiaccio e in condizioni di pista e tracciato difficili”.

Il 2012, con il primo podio della carriera – terzo posto proprio ad Adelboden – e altri due piazzamenti tra i top a Schladming, secondo, e a Bansko, terzo, sembravano il preludio ad un crescendo rossiniano di vittorie nel circuito mondiale. Invece nulla era più girato per il verso giusto. Il mal di schiena ricorrente, i problemi in famiglia, la crisi dell’intera squadra di slalom. Zero piazzamenti di rilievo nel 2013 e la mazzata di Sochi. Gross sembrava perduto e con lui buona parte delle speranze azzurre tra i paletti, rimasti troppo annodati dopo il ritiro di Giorgio Rocca.

SCUSI, CHI HA FATTO PALO? – Il successo di Adelboden è la prima vittoria azzurra in stagione, più di un anno dopo l’ultimo successo in Coppa del Mondo con Dominik Paris nella libera di Lake Louise – era il 30 novembre 2013 – e a due anni dall’ultimo trionfo in slalom con Cristian Deville a Kitzbühel nel gennaio 2012. E non significa solo la riscoperta della classe cristallina di un atleta di livello mondiale, che può trascinare il tricolore anche sul podio mondiale nelle valli del Colorado, con i Mondiali di Vail e Beaver Creek al via il prossimo 2 febbraio. È un toccasana che ridona morale all’intero gruppo azzurro, soprattutto quello delle discipline tecniche, quasi oscurato – involontariamente, ça va sans dire – dagli ottimi risultati degli uomini della velocità, in particolare con i podi di Dominik Paris e le medaglie olimpiche di Christof Innerhofer. Uomini Jet “contro” Uomini 4×4, velocità contro trazione integrale, adrenalina contro freddezza. Due metà della stessa mela ghiacciata che ora non sembrano più agli antipodi nell’orbita dell’imminente appuntamento mondiale dalle parti del pianerottolo di Ted Ligety.

Patrick Thaler, Giuliano Razzoli e Stefano Gross (fonte immagine: ladigetto.it)

Patrick Thaler, Giuliano Razzoli e Stefano Gross (fonte immagine: ladigetto.it)

RAZZO, TALLY E MANNY – Anche perché non di solo Gross vive il mondo dello slalom azzurro d’èlite. Se con Stefano sono tornati a splendere i riflessi dorati dal gradino più alto del podio, la prova di Adelboden è anche lo specchio della ritrovata salute di gran parte del movimento slalomistico quest’anno in tutta rossa. Il quarto posto di Giuliano Razzoli, a mezzo secondo dal podio e per la prima volta in Top 10 dopo due anni, è un segnale quasi insperato dal campione olimpico di Vancouver 2010 reduce da anni al limite dell’oblio. Accanto a lui Patrick Thaler, “Nonno Tally” per il gruppo, e il recuperato Manfred “Manny” Moelgg – il primo, come detto, uscito nella seconda manche dopo il 2° posto della prima; il secondo, discreto 17° al rientro dall’infortunio – scalpitano incoraggiati dalla voglia di tutto il gruppo di dimostrare che non di solo turbo vive il cuore che pulsa sugli sci del gruppo azzurro.

E nel weekend è in arrivo l’appuntamento su un’altra pista mitica, sempre nel Canton Berna e a poca distanza da Adelboden: la Lauberhorn, a Wengen. La più lunga del mondo, nella parte di tracciato dedicata alla discesa libera. Tra le più impegnative, nella sezione preposta per gli slalomisti. Qui, il 15 gennaio 2006, Giorgio Rocca vinse la sua ultima gara in carriera in Coppa del Mondo. E una settimana prima aveva trionfato anche ad Adelboden. Gross è stato il primo azzurro a vincere sulla Chuenisbärgli dopo il Campione di Livigno… Ci siamo capiti, vero?

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