Emergenza abitativa: l’Italia senza casa
Inquilini in difficoltà: nessuna proroga al blocco degli sfratti nel 2015. Sta per esplodere una “bomba sociale”?
Emergenza abitativa: il 2015 inizia all’insegna della questione case. Infatti, il decreto “Milleproroghe” per il nuovo anno (D.l. 192/2014), pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 31 dicembre scorso, non ha previsto lo slittamento (sarebbe stato il 31esimo) dei termini dello sfratto per gli inquilini che non riescono a pagare il canone di locazione. Un diritto riconosciuto ai nuclei familiari con determinati limiti di reddito (27mila euro lordi l’anno) e con a carico persone malate, minori o anziani.
Il governo ha comunque predisposto l’istituzione del Fondo nazionale per il sostegno all’accesso alle abitazioni in locazione (stanziati 100 milioni di euro per il 2014, ancora non erogati, altrettanti per il 2015) e quello per la morosità incolpevole (266 milioni da qui al 2020, 40 milioni per il 2015). Le risorse del Fondo per il sostegno all’accesso alle abitazioni in locazione vengono ripartite alle varie regioni, poi spetta ai comuni indicare i criteri, i tempi e le modalità per essere ammessi alle garanzie, attraverso la pubblicazione di apposito bando
Nel 2013, lo Stato ha distribuito 100 milioni di euro per il Fondo affitti ma solo 5 regioni su 20 hanno distribuito a loro volta ai comuni i fondi che lo Stato aveva stanziato per risolvere le emergenze, ha detto ultimamente il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi davanti alla Commissione Ambiente del Senato.
Viste le problematiche legate alla burocrazia e l’esiguità delle cifre in ballo a fronte di 400mila famiglie “aventi diritto”, il problema resta comunque e si fa sentire soprattutto nelle grandi città. Almeno così la pensano gli assessori alle politiche abitative delle tre maggiori città italiane, Roma, Milano e Napoli, Francesca Danese, Daniela Benelli e Alessandro Fucito che hanno formalmente chiesto al governo di fare marcia indietro sul “blocco” e scongiurare l’esplosione di una vera e propria “bomba sociale”.
Dall’inizio della crisi – anche se il Viminale riferisce di non avere dati certi – Roma ha registrato oltre 10.000 sentenze per fine locazione, 4.500 a Napoli, 4.000 le sentenze di sfratto a Milano tra il 2008 al 2013. Il 70% di queste famiglie avrebbe i requisiti di reddito e sociali (anziani, minori, disabili) previsti dalla legge per la proroga. Delle oltre 70 mila sentenze di sfratto emesse in Italia nel 2014 ne sono state eseguite 30mila, il 90% delle quali per morosità incolpevole.
È il Codacons a tenere sotto controllo l’entità della problematica “sfratti”: “Nel 2013 sono stati 31.399, con un incremento del 7,7 per cento rispetto all’anno precedente. Negli ultimi 5 anni il totale ha raggiunto quota 332.169, di cui 288.934 per morosità. E nel 2014 il ritmo è proseguito a circa 150 sfratti al giorno”.
Una sentenza di sfratto colpisce una famiglia ogni 335; tuttavia, escludendo coloro che hanno una casa di proprietà e gli assegnatari di alloggi pubblici, questo dato implica che ogni anno una famiglia su quattro si vede costretta ad affrontare una sentenza di sfratto – da ribadire: spesso per morosità incolpevole. Secondo i sindacati degli inquilini, dalle 30 alle 50mila famiglie corrono il rischio di essere letteralmente “gettate in mezzo a una strada”.
Come siamo arrivati a questo punto? A questa domanda ha risposto più volte Guido Piran, segretario del Sicet-Cisl, che rappresenta 130mila famiglie in affitto: “È dagli anni Novanta che manca una vera e propria politica abitativa. Non c’è una visione, non c’è un pensiero. E le norme basate sull’emergenza non servono”. La gravità attuale – sostiene Piran – “nasce dal fatto che gli affitti privati sono troppo alti e la locazione concordata non esiste più. Puntare sul taglio delle tasse a carico del locatore, la famosa cedolare secca (articolo 3 del decreto legislativo 23/2011, Ndr), è stato un errore. Quella misura non ha funzionato, non ha prodotto una riduzione degli affitti“.
L’emergenza attuale si risolve solo rilanciando l’edilizia pubblica e ristrutturando in primis il patrimonio esistente. Per Piran è essenziale “ridefinire la norma di alloggio sociale: oggi è equivoca. Serve una legge quadro sull’edilizia pubblica che chiarisca chi ha diritto ad usufruirne e in base a quali criteri: ora ogni Regione va per proprio conto, decide da sola anche i limiti di reddito e le iniquità sono evidenti“. E soprattutto servono più risorse: “Vanno coinvolti i privati, va studiata una politica fiscale d’appoggio, ma le cifre di cui parla il governo arrivano tardi e coprono più anni. In Europa si fa molto di più, il solo Regno Unito spende 2 miliardi di sterline l’anno“.