Amore e altri inconvenienti secondo Luca Bianchini
Una piacevole commedia all’italiana si srotola tra le pagine di “Io che amo solo te” di Luca Bianchini, che con leggerezza e ironia affronta il tema classico e sempre attuale della contrapposizione tra cuore e ragione
Meglio fare quello che gli altri si aspettano da noi, a prezzo di numerosi rimpianti, o è meglio seguire il cuore, a costo di sconvolgere tutti gli equilibri e gli armistizi su cui spesso si reggono rapporti di ogni ordine e grado emotivo e parentale?
Cosa succede se due innamorati che sono stati separati dalle vicissitudini della vita stanno per diventare consuoceri? Sono queste le domande sulle quali si regge la trama di Io che amo solo te di Luca Bianchini.
Siamo a Polignano a Mare, in Puglia, alla vigilia di un matrimonio-evento, quello tra Chiara e Damiano. La prima è figlia di Ninella, la più bella vedova del paese, lui è figlio di Don Mimì, il “re delle patate”, imprenditore di successo e grande amore di gioventù di Ninella.
Il matrimonio dei due ragazzi è un modo per i due vecchi innamorati di vivere per interposta persona un epilogo che hanno potuto soltanto sognare, ma che nella realtà hanno condiviso con altri partner: Ninella col “suo” ferroviere morto troppo presto, e don Mimì con Matilde, la “First Lady”, che sogna una vita patinata all’altezza di Vogue Maison, ma che poi si perde dietro collezioni di animaletti della Thun.
Ovunque, ma soprattutto in un piccolo centro, la vita sembra svolgersi perennemente su un palcoscenico e la gente diventa un pubblico da compiacere costantemente, esercizio che rende chiunque facile preda di paranoie e complottismi, per cui mai abbassare la guardia per essere spontanei, altrimenti chissà che cosa potrebbero pensare i vicini.
Quale occasione migliore di un matrimonio per sancire il proprio peso sociale, per ottenere l’assenso della comunità e sentirsi “giusti”? Un rito che impone di muoversi sullo scivoloso terreno di quello che è di classe, dove anche la più piccola scelta può far rotolare disastrosamente nel trash.
Ogni sceneggiatura, però, ha un buco e nonostante tutte le precauzioni prese per mettersi al riparo da errori, una serie di eventi scompiglierà assetti ed equilibri nel giorno più importante per un intero paese.
“Io che amo solo te” si articola in tre parti, il giorno che precede il matrimonio, il giorno della cerimonia e il giorno successivo.
È un racconto corale dove ogni personaggio aggiunge un tassello al mosaico della storia, in una trama fatta di risate, commozione, piccolezze, rimpianti, passioni, speranze.
Le vicende narrate ricordano Signore e signori di Pietro Germi, ma il libro è molto meno feroce del film nell’evidenziare l’ipocrisia di un certo vivere provinciale.
Il protagonista del romanzo è l’amore, fotografato da diverse angolazioni. “Ogni amore custodisce almeno un segreto e solo alcuni non ne hanno timore: gli adolescenti, gli anziani e i disperati. Per tutti gli altri, la vita mette sempre trappole in cui è possibile cadere, l’importante è che nessuno ti veda”.
C’è anzitutto l’amore spezzato, e dunque sprecato, tra Ninella e don Mimì, che la abbandonò su pressione della famiglia per evitare uno scandalo. Amore che non si è mai sopito, insieme al suo carico di rimpianti. Proprio come dice quella battuta di Clint Eastwood ne “I ponti di Madison County“, film tanto caro a don Mimì, “I vecchi sogni erano bei sogni…non si sono avverati… comunque li ho avuti”.
C’è l’amore inaspettato, quello che paradossalmente nasce tra i due sposi soltanto dopo il matrimonio. Eh già, perché “i sentimenti muoiono nel momento in cui si danno per scontati” e infatti sia Damiano che Chiara sembrano sposarsi più per abitudine che per desiderio di coronare il loro amore.
Damiano a 27 anni crede nel matrimonio ma non nell’amore e si sposa perchè il padre gli ha insegnato che è buona cosa sistemarsi, e non importa se la donna che gli starà vicino “fin che morte non vi separi” la conosce bene solo dal punto di vista sessuale.
Chiara, da ragazza diligente, ha deciso di sistemarsi con il primo e unico fidanzato avuto nei 25 anni da figlia perfetta, Damiano appunto, facendosi forza difronte ai disappunti con il consiglio di sua madre “L’amore è innanzitutto non rompere”. E di fronte alla paura del grande passo, e all’incertezza che l’accompagna, la ragazza si ripete le parole di suo zio Modesto: “La persona giusta non esiste. Esistono solo persone che sono più adatte”.
C’è l’amore fantasticato, che ha i toni sgargianti propri dell’adolescenza, quella di Nancy, sorella diciassettenne della sposa, che è convinta che perdere peso sia la sola via sicura per conquistare Tony e perdere finalmente la verginità, unica chiave per aprirle il cuore del ragazzo che desidera.
C’è l’amore negato, quello del fratello gay dello sposo, Orlando, impossibilitato a fare coming out, costretto a vivere le sue passioni come voglie proibite, un ragazzo che per amore della famiglia decide di presentarsi al matrimonio con una fidanzata di facciata, per mettere a tacere i pettegolezzi che da sempre lo accompagnano, ma sarà proprio tra gli invitati al ricevimento che ritroverà il suo amore segreto, l’Innominato, che si rivelerà un uomo sfuggente non perché misterioso, ma soltanto perché banalmente sposato.
C’è l’amore platonico, quello provato da Vito, il fotografo ingaggiato per il matrimonio, per Chiara.
C’è l’amore che non si rassegna, quella di Alessia, la ex di Damiano, che invita il futuro sposo a ripensarci.
C’è poi l’amore tra genitori e figli e quello tra fratelli e tutto il campionario di segreti e bugie e maschere che ci impediscono di vedere chi abbiamo di fianco e spesso di vedere anche noi stessi, in una nebbia che ci fa pasticciare con la bussola dei nostri desideri.
L’amore è come il maestrale, è una forza che scompiglia le vite, o forse le rimette in ordine, sgretolando quella patina di finzione che pesa più di un sudario sui sentimenti e gli slanci del cuore. “Certi amori sono così grandi che basterebbero a sfamare due persone, se solo l’altro se ne accorgesse”.
Molte situazioni sono da manuale: il matrimonio meridionale è “barocco” proprio come te lo immagini; i parenti sono sempre “serpenti”; i dolori e la vicenda di Orlando ricordano un po’ Mine vaganti e un po’ In & Out.
Luca Bianchini ci regala una lettura piacevole, che con semplicità suscita risate che addolciscono l’amara riflessione su quanto abbiamo perso o perdiamo in nome di un’immagine che ci hanno cucito addosso alla quale sentiamo di dover aderire, laddove sarebbe molto più appagante, anche se meno facile, mettersi in ascolto di quello che ci suggerisce il cuore.
Luca Bianchini
Io che amo solo te
Mondadori, 2014
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