Il Partito Democratico e il manuale dell’autolesionismo
Altra grana per Matteo Renzi a pochi giorni dall’elezione del Presidente della Repubblica: Cofferati lascia il Partito Democratico in polemica con lo svolgimento delle primarie in Liguria
di Marco Assab
L’autolesionismo senza confini del Partito Demoratico non poteva non partorire una nuova creatura a meno di 10 giorni dall’elezione del Presidente della Repubblica. Il caso Cofferati è altra benzina sul fuoco dello scontro, oramai palese, tra la minoranza PD e la segreteria a guida Renzi. Non si tratta più di fisiologica dialettica interna, si ha altresì l’impressione che coesistano due partiti nel PD, uno di maggioranza l’altro di opposizione, ed il secondo non fa sconti al primo perfino nei voti in parlamento, nella presentazione di emendamenti e in altre simili iniziative ostruzionistiche.
Il tema sono le primarie in Liguria: vince la renziana Raffaella Paita, ma infuriano le polemiche. Sergio Cofferati, come ha spiegato a Repubblica, da tempo avrebbe informato la Serracchiani e Guerini (i vice di Renzi) circa i rischi che si correvano e le irregolarità che si sarebbero potute verificare. Cofferati parla di voto inquinato, di partecipazione alle urne di elettori del centrodestra, di personaggi definiti “fascistoni non pentiti”, ma anche di persone in odor di mafia. L’ex leader della CGIL lamenta anche la presenza ai seggi di stranieri, fatti appositamente convogliare in cambio di una manciata di euro, per votare in modo pressoché inconsapevole. In ultimo Cofferati sostiene di non aver mai ricevuto una risposta dai vertici del partito. Decide dunque il 17 Gennaio di lasciare la formazione politica che lui stesso aveva contribuito a creare.
Sul fronte segreteria invece la risposta all’uscita di Cofferati dal PD si può individuare nelle parole che la Serracchiani ha rilasciato a Repubblica Tv: “Sono personalmente dispiaciuta, devo però sottolineare che è stato fatto un lavoro serio e attento, da parte della commissione di garanzia, che ricordo è presieduta da un ex giudice costituzionale. Sappiamo che sono stati esaminati tutti i voti e ne sono stati annullati 4000, sia alla Paita che a Cofferati”. Poi l’affondo: “Io credo che non si possa far parte di una comunità politica dicendo se vinco resto, se perdo me ne vado”.
La minoranza democratica, già recalcitrante sul tema riforme e poco incline ad assecondare incondizionatamente le scelte del segretario sull’elezione del PDR, si è subito schierata in difesa di Sergio Cofferati e non ha esitato a tirare in ballo proprio l’imminente elezione presidenziale. Fassina a Rainews 24 ha affermato che il modo sbrigativo e offensivo, per la dignità di Cofferati, con il quale la sua scelta è stata trattata, peserà sul quirinale.
Ora, si può certamente osservare l’inopportunità della scelta di Cofferati (peraltro anche parlamentare europeo) in un momento così delicato per il suo Partito. Come avevamo già evidenziato in questa sede, l’elezione del Presidente della Repubblica è un passaggio importantissimo per Renzi e il PD, che si intreccia inevitabilmente con il difficile percorso delle riforme. In un quadro così incerto e complesso, autoinfliggersi altre “ferite”, causarsi da soli altri problemi, è qualcosa che proprio gli elettori non comprendono e biasimano fortemente.
Non è però corretto dire che Cofferati lascia il PD solo perché ha perso le primarie in Liguria. La figura del candidato che non accetta la sconfitta, strepita come un bambino e se ne va non regge. Sergio Cofferati ha evidenziato problemi oramai ben noti in casa PD, o si può forse affermare con certezza assoluta che tutte le primarie del PD si svolgono sempre nel modo più preciso, limpido e chiaro possibile? Si può dire che va tutto bene?
Sono state rispettate le regole? Nessuno lo mette in dubbio, per carità, ciò non toglie però che le norme possano essere sbagliate. La regola per la quale anche i non iscritti al PD possono partecipare alle primarie, che consente dunque a tutti indistintamente di recarsi presso un circolo del partito e votare, in nome di una più ampia partecipazione, in nome della democrazia, si scontra poi con la realtà politica e culturale del nostro Paese. Ecco dunque verificarsi ad ogni consultazione situazioni piuttosto particolari: elettori di altri partiti che votano per scegliere il candidato PD, stranieri che non sanno nemmeno cosa sia il PD ma che però, mossi da una improvvisa presa di coscienza politica, vanno a gruppi nei circoli e votano…
Per eleggere poi le cariche interne al partito ci sono le cosiddette “primarie chiuse”, ossia quelle aperte ai soli iscritti PD, ed anche qui la situazione è tutt’altro che rosea, con tesseramenti che si moltiplicano poco tempo prima dalle consultazioni ed altre simili stranezze…
Il caso Cofferati non può essere trattato e liquidato celermente come l’ennesimo capitolo dello scontro tra Renzi e la minoranza. Se la segreteria democratica vuole davvero preservare la credibilità dello strumento delle primarie, sarà necessaria una profonda revisione delle regole e delle procedure.
Quanto allo scontro tra segreteria e minoranza, è evidente come la strada imboccata sia quella del non ritorno. Benché negli ultimi mesi si sia cercato di spegnere sistematicamente i vari focolai, asserendo in più occasioni che non sussiste il rischio di una scissione, è ormai chiaro come queste due anime non possano coesistere nella medesima formazione. Parliamoci chiaro: democristiani e comunisti non sono mai andati d’accordo, con buona pace del mirabile e lodevole compromesso storico.
La suggestione accennata poi da Landini (segretario della Fiom) di Cofferati nuovo Tsipras italiano, è a nostro avviso quanto mai irritante ed inopportuna. Questa mania del “me ne vado e fondo un altro partito”, questo “supermercato dei partiti”, anzi questo “marketing politico”, davvero cozza con l’essenza stessa di un partito, che dovrebbe fondarsi sugli ideali e non sulle persone. Per fortuna però ci ha pensato lo stesso Cofferati a smentire qualsiasi possibilità in questo senso, affermando che non ha nessuna intenzione di fondare un nuovo soggetto politico.
Concludiamo con una riflessione: destinatario finale delle decisioni prese in seno ad un partito è sempre il cittadino. Di fronte a questa cagnara interna al PD, ancora una volta, l’elettore rimane perplesso ed una domanda si fa largo prepotentemente: perché la sinistra non riesce mai ad essere vera forza di governo? Perché riesce sempre ad aggiungere capitoli al “manuale dell’autolesionismo”?