Sanità, la mediocrità italiana
Secondo un autorevole rapporto sulla sanità pubblica, l’Italia è solo 21esima in Europa. “Pensare a un miglioramento sarebbe come prendersi in giro”, dicono gli autori
L’Euro Health Consumer Index (EHCI), realizzato dal think tank svedese Health Consumer Powerhouse (HCP), sin dal 2005 stila una classifica annuale dei paesi europei in cui si viene curati meglio. Il rapporto è tra le fonti in materia più apprezzate dalle autorità europee. Non a caso l’ultima edizione (2014) è stata presentata a Bruxelles, alla presenza del Commissario europeo per la salute Vytenis Andriukaities, che non ha esitato a definirlo “lo strumento di confronto più preciso e affidabile“.
Nelle classifiche su spesa e performance il dato italiano risulta tutto sommato aderente allo standard europeo (per Bloomberg il nostro servizio sanitario nazionale è, addirittura, il terzo più efficiente al mondo, superato solo da Hong Kong e Singapore). Le cose vanno male per il nostro paese quando i ricercatori prendono in esame il punto di vista dei consumatori (la graduatoria viene redatta combinando i risultati di statistiche pubbliche, sondaggi tra i pazienti e ricerche indipendenti).
Infatti, tra i 37 paesi considerati dall’EHCI (Scozia e Regno Unito sono stati considerati separatamente in virtù dei differenti sistemi sanitari), l’Italia si è classificata al 21esimo posto (648 punti su 1000); una posizione in meno rispetto all’anno scorso, 6 rispetto al miglior risultato ottenuto nel 2008. Primi in classifica risultano, invece, i Paesi Bassi, con un punteggio di 898 su 1000, seguiti da Svizzera, Norvegia, Finlandia e Danimarca.
Lo studio analizza 47 indicatori divisi in 6 macro-aree: Diritti dei pazienti e informazioni (12 indicatori: diritto alla seconda opinione, prenotazione online, ricetta per mail etc.); Accessibilità e tempi di attesa (5 indicatori: accesso entro la giornata dal medico di famiglia, liste di attesa etc.); Outcome (7 indicatori: morti infantili, aborto, cura della depressione etc.); Range e servizi (8 indicatori: equità del sistema sanitario, trapianto di reni per milione di abitanti, cure pubbliche dei denti, parti cesarei etc.); Prevenzione (8 indicatori: vaccinazioni neonatali e dell’Hpv, prevenzione fumo, assunzione media di zuccheri, diabetici non diagnosticati etc); Farmaceutica (7 indicatori: introduzione di nuovi farmaci anticancro, uso o abuso di antibiotici, accesso ai farmaci di ultima generazione etc.)
L’Italia non va oltre quota 11 giudizi positivi e incassa 24 giudizi mediocri e ben 13 insufficienze, vedendosi così superata da Slovenia, Slovacchia, Spagna, Estonia, Macedonia, Scozia, Repubblica Ceca solo per fare alcuni nomi – mentre i Paesi Bassi hanno 38 giudizi positivi su 48 e solo 3 insufficienze.
“Nonostante molti paesi registrino un lieve calo della spesa sanitaria, le prestazioni complessive nell’ambito della sanità continuano a migliorare”, così ha commentato i risultati del rapporto Arne Bjornberg, presidente dell’HCP. Nel 2006, il primo indice assegnava un punteggio superiore a 800 a un solo paese, mentre nel 2014 la stessa soglia è stata superata da ben nove sistemi sanitari, tutti caratterizzati da ottime prestazioni.
L’Italia è, al contrario, “uno dei pochi paesi europei a non avere migliorato il suo punteggio in base all’indice”. D’altra parte “la performance del sistema sanitario italiano continua a scivolare verso il basso, proseguendo nel suo malaugurato cammino in discesa iniziato fin dai primi rilevamenti dell’EHCI”. Gli autori dello studio a tal proposito rilevano che “la sanità pubblica rientra fra i tanti e importanti sistemi del Paese che hanno disperatamente bisogno di riforme, ma nel clima di paralisi in politica imperante non vengono attuate misure in grado di porre rimedio alla scarsità di questi risultati”. In breve, come sottolinea Bjornberg, “attendersi grandi riforme, che appaiono estremamente incerte, significherebbe prendersi in giro“, in sostanza, “non sembra esservi alcuna volontà politica di attuare azioni risolutive”.