Abbiamo ancora bisogno della scuola pubblica?
La verità oltre i dibattiti: mentre il governo continua a finanziare i privati, la scuola pubblica è sempre più a corto di risorse
L’articolo 33 terzo comma della Costituzione stabilisce che “Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole e istituti di educazione, senza oneri per lo stato”. Lecito porsi una domanda, dunque: è incostituzionale il finanziamento pubblico delle scuole private?
Non esattamente. “La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità – si specifica nell’articolo – deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali”.
Oltre le interpretazioni sofistiche della legge, l’argomento dei finanziamenti pubblici alle scuole private fa discutere, soprattutto di questi tempi. Secondo Michele Sasso de L’Espresso: le scuole paritarie ricevono da Stato e Regioni un totale di quasi 700 milioni di euro l’anno (rispettivamente 473 e 200 milioni).
Quindi, da una parte ci sono le scuole pubbliche (oltre 41mila) dei 250mila precari, degli edifici che cadono a pezzi, delle poche ore di sostegno per i portatori di handicap, del gap digitale; dall’altra gli istituti privati (meno di 14mila) che ricevono un “fiume di denaro pubblico” senza che alle sovvenzioni “corrisponda un controllo sulla qualità”.
Non sono mancati quelli che hanno ridimensionato lo “scoop” rilevando che agli studenti delle scuole paritarie (12% degli alunni italiani) è destinato solo l’1% dei 50 miliardi totali gestiti dal MIUR (se vi aggiungiamo le risorse disponibili per l’istruzione terziaria, diventa lo 0,56%).
E gli altri 200 milioni di euro che, secondo la Cgil, versano Governatori e Sindaci? Finanziamenti frutto di convenzioni locali stipulate con gestori privati esclusivamente per la scuola paritaria dell’infanzia e per il sostegno dell’handicap.
Citando un’elaborazione dell’Agesc (Associazione genitori scuole cattoliche), i sostenitori del “privato” affermano che la presenza delle scuole non pubbliche, oltre a pesare solo microscopicamente sull’erario, comporta un risparmio per lo Stato di 6 miliardi e 334 milioni l’anno – altri dati evidenziano che le scuole pubbliche spendono per ogni alunno 8mila euro all’anno, le paritarie solo 450.
L’11 Febbraio del 1950, al terzo incontro dell’Associazione a difesa della scuola nazionale, l’illustre padre costituente Piero Calamandrei definì la scuola pubblica “un organo costituzionale”, “un organo vitale della democrazia come noi la concepiamo” paragonabile a “quegli organi che nell’organismo umano hanno la funzione di creare il sangue”.
La scuola pubblica viene prima della scuola privata in una democrazia – avvertiva Calamandrei – “prima di esaltare la scuola privata, bisogna parlare della scuola pubblica. La scuola pubblica è il prius, quella privata è il posterius. Per aversi una scuola privata buona, bisogna che quella dello Stato sia ottima”.
Lo Stato, insomma, deve garantire alle scuole private di concorrere alla pari con le scuole pubbliche. Le istituzioni, infatti, hanno il compito di garantire il diritto di scegliere istituti “che corrispondano alle preferenze politiche, religiose, culturali” ma pur sempre “a proprie spese”. A sua volta, lo Stato deve far in modo di essere stimolato a fare di più e meglio dalla gara tra scuole pubbliche e private, ma “stimolo” non deve significare “abdicazione”.
Tuttavia l’Italia, tra i 34 Paesi Ocse, è l’unico che registra una diminuzione della spesa pubblica per le istituzioni scolastiche tra il 2000 e il 2011 (-3%, la media Ocse registra +38%). Sempre secondo l’Ocse, tra il 1995 e il 2011, la spesa per studente nella scuola primaria, secondaria e post secondaria non terziaria è diminuita del 4%.