“E le stelle non stanno a guardare” di Loredana Limone
Dopo il successo di “Borgo Propizio” Loredana Limone torna in libreria con un nuovo ed avvolgente romanzo, “E le stelle non stanno a guardare”
Come fa uno scrittore a depositare su un foglio bianco l’energia dei suoi personaggi, a modellarli al punto tale che sembrano veri, persino somiglianti a qualche nostro vicino di casa, cugino, zio?
E come fa a delineare così bene i profili dei luoghi, delle case, delle strade, di un paese magari immaginario?
In pratica, come fa a portare la vita dentro un libro e a far sì che ognuno di noi si riconosca in una piccola (o grande) parte di essa? Fa esattamente come ha fatto Loredana Limone in E le stelle non stanno a guardare, popolando Borgo Propizio di tante scoppiettanti anime.
La gioia di vivere che ammicca ad ogni pagina la Limone la cuce addosso a tutti i personaggi del suo corposo romanzo, all’interno del quale si muovono, con inaspettata leggiadria, storie ed emozioni che si intrecciano fino a formare un avvolgente e luminoso vissuto.
Ogni personaggio, tratteggiato con cura e attenzione ai minimi dettagli, sembra avere un corrispettivo, una figura che funga da contraltare e che ne evidenzi le parti mancanti, esaltandone i pregi e fors’anche i difetti.
Per una Ornella indaffarata e creativa, alle prese con un lavoro che le dona più soddisfazioni che ricompense mensili e con una madre – Elvira – che si nutre dei pettegolezzi del borgo senza tralasciare di far sentire sua figlia ancora una bambina, c’è una Antonia melanconica e triste, assorta nei mille pensieri che non la conducono mai da nessuna parte.
Antonia è reduce da un “matrimonio silente e perfetto, esemplare nella sua nullità”, dentro il quale ha perduto se stessa ed ha insabbiato la propria identità, salvo poi, una volta riacquistata, farne nuovamente dono all’uomo sbagliato, l’amante perfetto che, come tutti gli amanti perfetti, prima o dopo se ne va.
Antonia ha assaggiato il gusto del fallimento ed ora vorrebbe cancellare l’amaro che ha in bocca con un sapore più delicato ma avviluppante, e quale miglior antidoto se non un bel bicchiere di latte vanigliato offerto da Letizia e Belinda, le proprietarie di “Fatti mandare dalla mamma”?
“Ziaccia” e “Nipotaccia”, Letizia e Belinda sono forse le due presenze più scintillanti di tutto il romanzo, poiché incarnano alla perfezione i difetti e i pregi di due generazioni molto diverse (Letizia ha 70 anni e Belinda ne ha 30) ma al contempo risultano quasi complementari: la zia Letizia, sebbene non più giovanissima, di tanto in tanto – molto tanto, forse – arriva esattamente dove Belinda non immagina neanche, viaggiando con la fantasia, sì, ma anche con l’astuzia e con quel tocco di sana malizia di chi la storia la sa lunga e la sa pure raccontare.
Belinda, seduta sulla sponda della maturità e della razionalità, non appena sfiora con la punta delle dita la possibilità di essere felice con il suo Francesco, si lascia trascinare dall’incertezza e dalla paura, insicura così com’è di non essere mai abbastanza.
E poi Ruggero e Mariolina, la coppia “in” del borgo, lei con i suoi quasi dieci anni in più del marito, con un vissuto importante alle spalle e con una gelosia sfrenata per quel geometra senza titolo ufficiale, che scambia i congiuntivi con i condizionali, ma è così sfacciatamente bello, giovane e ricco. E, neanche a dirlo, innamoratissimo della sua “bambolina”.
E Marietta? Oh, Marietta, la sorella di Mariolina, eternamente e dannatamente – ma non fateglielo capire, altrimenti ci rimane male – single, che con quel brutto carattere e qualche chilo in più a farle da scudo, rinuncia a partecipare ad un programma per cuori solitari quando vede affacciarsi la possibilità di diventare la mogl….no, la compagn…., no, forse no, diciamo l’amica intima del sindaco di Borgo Propizio, Felice Rondinella.
Felice Rondinella? Ma non era gay? Oh, che importa! Le malelingue sparlino pure!
In attesa di dare il via al festival “Sotto stelle propizie”, Ornella, Antonia, Belinda, Letizia, Ruggero, Mariolina, Marietta, Tranquillo Conforti, Claudia, Cesare, e anche Rocco Rubino – il celebre scrittore di gialli che tanto darà filo da torcere a quella povera Antonia – e l’illustre maresciallo Saltalamacchia – Bartolo per gli amici – , si riuniscono tutti sotto il cielo limpido e stellato del borgo.
Le vicende che li accompagnano e che contribuiscono a tratteggiarne i lineamenti emotivi e caratteriali, regalano energia ad un testo dal forte sapore familiare, una sorta di caleidoscopio di personaggi, fatti, amori, rancori, sofferenze e gioie, che ammalia il lettore e lo conduce per mano, immergendolo nell’armonia di Borgo Propizio, perfetto nelle sue imperfezioni quotidiane.
Loredana Limone gioca con le parole con la stessa leggerezza con cui ci presenta i suoi personaggi, macchiette perfette e continuamente messe alla prova.
È un romanzo che, se non contenesse quegli elementi chiave che riportano il lettore al confronto con la realtà di tutti i giorni e con la propria vita, potrebbe quasi essere annoverato al confine con la fiaba, garbato e soffice come una nuvola, vibrante come un fuoco che scoppietta nel camino. Sorprendente e coinvolgente.
Da amare.
E le stelle non stanno a guardare
Loredana Limone
Salani Editore, 2014
pp. 387